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Dibattito: quale futuro per il GSF?

pallanimred.gif (323 byte) Casarini: "Si rischia
la deriva armata"

ll leader delle tute bianche: "Rivendico le barricate, volevano
ucciderci e ci siamo difesi. No a militarizzare il movimento"


di Giuseppe D'Avanzo e Anais Ginori

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Roma - "Rivendico di aver fatto le barricate a Genova. Era legittima protezione. C'è stato un momento in cui abbiamo dovuto salvaguardare la nostra vita. Le forze dell'ordine volevano ucciderci". Luca Casarini racconta la sua verità sul weekend di paura che ha sconvolto l'Italia. "Sì, è vero ammette . Le Tute bianche hanno partecipato alla guerriglia che si è scatenata nel pomeriggio di venerdì 20 luglio, quando è stato ucciso Carlo Giuliani, uno dei nostri fratelli. E sabato non erano più soltanto i black bloc a tirare i sassi, ma migliaia persone".

Il portavoce dei centri sociali del Nord Est e leader delle Tute bianche, 34 anni, ammette dunque violenze scatenate dallo stesso movimento e avverte: "Dopo Genova, nulla sarà più come prima: c'è il rischio di una militarizzazione del movimento, gruppi o individui possono mettersi in testa la cazzata di affrontare i prossimi appuntamenti del movimento armati".

Iniziamo dai black bloc: secondo testimonianze raccolte da Repubblica ci sono state trattative tra le Tute bianche e i gruppi più violenti.
"Io non metto in discussione che qualcuno all'interno del movimento abbia raccontato questa storia. Ma non ho incontrato black bloc a Genova, anche perché black bloc non è un'organizzazione, non ha né gerarchie né capi. Black bloc è un comportamento individuale scelto dai singoli, in Italia come in Europa".

In un vostro documento si sollecita un dialogo con i black bloc in vista di Genova.
"Abbiamo fatto questa proposta dopo le manifestazioni di Quebec City. Non c'è nulla di segreto, è sul nostro sito. Abbiamo chiesto che a Genova ci fosse un unica grande protesta, senza blocchi suddivisi in colori come era accaduto a Praga. Volevamo scendere in piazza tutti insieme, dai cattolici ai black bloc".

Non è pericoloso legittimare questi comportamenti violenti?
"Io non legittimo niente. Prendo atto che questi comportamenti esistono da almeno dieci anni. Penso che la strada imboccata dai black bloc sia cieca e perdente, ma non si possono ignorare. Sono una realtà storica, il sintomo di un forte disagio sociale. All'estero questo dialogo esiste, soltanto in Italia non ci siamo riusciti".

E' una critica al Genoa Social Forum?
"C'è stato un peccato di presunzione: pensavamo che il Genoa Social Forum potesse rappresentare tutta la protesta. Forse siamo stati anche un po' ingenui. Abbiamo perso troppo tempo parlando degli strumenti da portare in piazza e non abbastanza degli altri gruppi estranei al Gsf".

E' vero che il corteo delle Tute bianche è stato lo "spogliatoio" di molti black bloc?

"Non lo so, non credo. Certo siamo stati una salvezza per tanti manifestanti isolati".

Avete innalzato barricate e aggredito le forze dell'ordine.
"Siamo stati aggrediti a freddo, quando il nostro corteo era assolutamente pacifico. Ci hanno caricato prima con i lacrimogeni e poi con i blindati, senza lasciarci vie di fuga. Venerdì pomeriggio, è scoppiato l'inferno e la gente ha avuto paura di morire. Noi, allora, rivendichiamo di aver fatto le barricate".

Avevate promesso una simbolica disobbedienza civile.
"Fino a che abbiamo potuto, abbiamo resistito. Ma quando sono iniziati i caroselli dei blindati, quando si sono sentiti i primi spari, abbiamo reagito proteggendoci dietro ai cassonetti, lanciando sassi".

Anche molotov?
"No, le molotov no".

Carlo Giuliani stava assaltando una jeep dei carabinieri.
"Carlo e i suoi amici hanno reagito con rabbia perché si sentivano in trappola, in quella piazza non c'erano vie di fuga".

Sabato la vostra guerriglia si è ripetuta.
"Sì, perché l'aggressione della polizia è continuata. Voglio precisare che non è mai successo nella storia di questo paese che dopo che un manifestante sia stato ucciso in piazza, che le forze dell'ordine invece di ritirarsi alzino il livello della violenza. Per noi è stata legittima difesa, anzi legittima protezione: evitiamo i termini degli Anni Settanta".

Ecco: si rischia di tornare ai cortei autodifesi, come allora?
"Lo temo molto. Ci sono individui e piccoli gruppi che potrebbero essere tentati di trasformarsi in avanguardie armate. E' questo che il paese, intendo le istituzioni e la società civile, devono comprendere. E' questo il baratro che possiamo avere davanti nei prossimi mesi, se non cambiamo subito strada. Dobbiamo evitarlo a tutti i costi. La nostra storia ci insegna che lungo quella strada perderemo tutti. Migliaia di giovani a Genova hanno avuto paura di essere uccisi dalla polizia e adesso hanno di fronte due alternative: o rinunciare a scendere in piazza o andarci armati. Non so che cosa abbia capito di tutto questo l'onorevole D'Alema. So che quando parla di un'Italia simile al Cile spinge la mia generazione verso la seconda ipotesi. Io sono convinto che c'è una terza scelta".

E quale sarebbe?
"Dopo Genova, nulla sarà come prima. Noi dobbiamo sapere se bruciare un campo transgenico della Monsanto può costarci la vita o soltanto un giusto processo. La risposta a questo interrogativo decide il percorso del movimento. Violante pensa che questa può essere una questione da affrontare soltanto con il codice penale. Io dico che soltanto la politica disarma chi oggi vuole armarsi. L'altra strada che ci viene offerta è quella del confronto militare che ha lanciato Fini".

C'è invece una terza via?
"Sì, che per noi rimane la disobbedienza sociale. Ma non vedete che a Genova c'è stato uno straordinario risveglio dell'etica della responsabilità? Centinaia di avvocati si sono mobilitati non perché sono comunisti ma perché credono nello stato di diritto. Centinaia di medici ci hanno soccorso, decine di giornalisti hanno cominciato controinchieste ancor prima della magistratura. Ognuno ha disobbedito all'interno della propria categoria. Speriamo che continui".

Che ruolo svolge la politica in questo percorso?
"Credo che il Parlamento debba accettare come interlocutori i movimenti civili, che sono la grande novità di questi anni".

E le forze dell'ordine?
"Non credo che basti tagliare qualche testa ai vertici della polizia. Anche perché il nostro corteo è stato massacrato dai carabinieri, e ripeto: dai carabinieri, che non sono oggetto di alcuna verifica. Il problema non è tra chi dirige ma tra chi esegue. Bisogna spiegare agli agenti nelle caserme che chi spacca una vetrina non merita la pena di morte e chi è fermato in uno scontro di piazza deve essere processato in un tribunale. Se queste regole non valgono più, irresponsabilmente si consegna un'altra generazione allo scontro armato".

(la Repubblica, 3 agosto 2001)

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