home |
|
I No Global
Dibattito: quale futuro per il GSF?
Don Vinicio
Albanesi, dopo-Genova: «Ricominciamo da dove siamo partiti: i poveri»
di Gabriella Meroni
Con il suo Cnca aveva aderito al GSF ma oggi è critico con chi sta
puntando tutto sulla politica interna. Il futuro? «Se non c'è accordo, i cristiani da
soli» |
 |
|
 |
Don
Vinicio Albanesi parla con la voce arrochita dal fuso orario di Quito, Ecuador. Là sono
appena le otto del mattino ma lui è già riuscito a farsi fare, dall'Italia, una lettura
veloce dei quotidiani per essere sempre aggiornato sugli sviluppi del post G8. Un tema che
lo appassiona per molti motivi: tra i pochi cattolici che hanno aderito al Genoa Social
Forum, oggi don Albanesi è critico su almeno i due terzi del 'movimento'. Sogna un futuro
in cui i cristiani facciano sentire più chiaramente la loro voce in difesa dei poveri. E
non rinuncia a togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
Vita: Don Vinicio, il dibattito sulla posizione dei cattolici e della Chiesa sugli
anti global continua. Lei è pentito di essere stato un anti-G8 della prima ora?
Vinicio Albanesi: No. Per la prima volta in occasione del G8 il mondo cattolico ha
espresso le sue idee sulla sostanza dei problemi in discussione, che sono la povertà e le
ingiustizie, e ha fatto bene. Bisognava mettere il dito nella piaga, mostrare al mondo le
contraddizioni della nostra civiltà, e sono stato felice di averlo fatto, insieme ad
altri, davanti agli uomini più potenti del mondo.
Vita: Qualche compagno di viaggio, però, forse l'ha delusa...
Albanesi: I compagni di viaggio sono stati tanti, e non erano tutti uguali. Noi
cattolici, per esempio, abbiamo tenuto lo sguardo fisso sulla sostanza dei problemi, cioè
sui Paesi poveri. Altri invece, già all'indomani dei gravi fatti di Genova, hanno
preferito spostare la barra del timone su altre questioni: il governo, il potere, gli
equilibri politici occidentali. Che secondo me non c'entrano nulla.
Vita: Quindi secondo lei c'è chi sta cavalcando la tigre per i propri fini?
Albanesi: Bisogna stare attenti. Un conto è sfruttare l'occasione per dettare
politiche interne del mondo occidentale, un conto è guardare al mondo, al di là dei
governi e dei confini. Noi ci assumiamo la responsabilità di questa visione universale,
che mi sembra in linea con il pensiero del Papa e della gerarchia cattolica più
sensibile. E ci guardiamo bene dal contestare i governi tout court, semmai continuiamo a
chiedere ai governi, compreso quello italiano, di rimettere i debiti ai poveri.
Vita: Nella sua lettura 'telefonica' dei quotidiani italiani, che impressione
ricava delle discussioni di questi giorni?
Albanesi: Mi ha colpito l'articolo di fondo di Angelo Panebianco sul Corriere della
Sera di lunedì 30 luglio, in cui rimproverava ai cattolici anti-global cattocomunismo e
terzomondismo. Vorrei dirgli che non mi stupisco di ciò che scrive: visto che appartiene
al mondo dei ricchi e del potere, è evidente che immagini l'azione dei cattolici nei
Paesi poveri solo come la vecchia elemosina. No, signor Panebianco, qui non parliamo di
elemosina ma di politiche economiche più eque. In Ecuador c'è la dollarizzazione che fa
fallire le banche, le banche si mangiano i depositi della povera gente, e i poveri
aumentano. Di fronte a questi fenomeni l'elemosina non serve.
Vita: Non teme di essere accusato di furore anti-occidentale?
Albanesi: Non sono affatto anti-occidentale. Anzi, sono cresciuto e vivo
nell'Occidente, ma mi rendo conto che la terra è una sola e se la squilibriamo ne
risentiamo tutti. A pochi chilometri da qui, in Brasile, stanno tagliando selvaggiamente
la foresta amazzonica, e non si rendono conto che fanno del male a se stessi ma anche al
mondo. Anche all'Italia.
Vita: Il movimento anti-globalizzazione nei giorni di Genova ha raccolto
un'incredibile quantità di persone, sigle, associazioni. Ora che il G8 è lontano, chi
darà voce a quest'ansia di rappresentanza?
Albanesi: È difficile che si possa raggiungere una rappresentanza univoca, perché
i soggetti sono troppo diversi. Ci sono i cattolici, che si richiamano alla fede in Cristo
e alla concezione del Creato; i 'politici', che ragionano in termini di poteri e diritti
di rappresentanza; e gli ambientalisti. Ma non tutte queste tre anime sono ugualmente
attente ai problemi dei poveri. La componente politica e gli ambientalisti sono
sicuramente più preoccupati dei propri problemi. Rischiano di rimanere nei Paesi
occidentali per contestare solo quelli, anche se in realtà ci stanno benissimo, e di
dimenticarsi dei poveri. Non che i problemi in Italia non ci siano. Ma un conto è non
avere diritti in Italia, un conto in Ecuador.
Vita: E il Genoa Social Forum? È un'esperienza conclusa, secondo lei?
Albanesi: In mancanza di un accordo tra queste componenti, sono convinto che i
cristiani debbano assumersi la responsabilità di procedere per conto proprio.
Vita: Una realtà come il Forum del Terzo settore, di cui anche il suo Cnca fa
parte, potrebbe essere la futura casa di chi ha a cuore i problemi dei poveri?
Albanesi: Sì, a patto che non esageri nella dimensione politica, che ne ha viziato
l'origine e alcune azioni successive. Per fortuna al suo interno non mancano persone, come
Edo Patriarca, che hanno una visione più complessiva e universale. È un problema di
equilibri interni. Da cui mi auguro che la componente più universale possa prevalere. |
 |
 |
|
Esprimi la tua opinione a questa e-mail
torna a Speciale G8 
|