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Dibattito: quale futuro per il GSF?

pallanimred.gif (323 byte) "Noglobal, tentazione lotta armata"
Ecco la preoccupazione di Scajola

Gli investigatori ridimensionano, ma dopo Genova lo scontro si radicalizza

di Liana Milella

ROMA - È corso un brivido - ieri, sette minuti dopo le 13 - quando l'agenzia "Ansa" ha battuto una notizia di poche righe. Diceva che, nei volantini siglati BrPcc e ritrovati alla stazione Fs del Gemelli, c'era un attacco diretto al capo della polizia minacciato da un secco slogan: «De Gennaro sei morto» accanto a uno che rievocava vecchi terrori degli anni più bui del terrorismo: «Per i compagni uccisi non basta il lutto, pagherete caro, pagherete tutto». La preoccupazione nasceva da un'annotazione successiva che suonava così: «Secondo gli esperti dell'antiterrorismo del Viminale i volantini "meritano attenzione"».
C'è voluta qualche mezz'ora per capire che invece quel fascio di fogli non era attribuibile alle Brigate rosse ma, probabilmente, alla rete dei contestatori antiglobalizzazione più duri e decisi a non lasciar correre sul comportamento violento delle forze di polizia a Genova e soprattutto sulla morte di Carlo Giuliani, ucciso da un carabiniere in via Tolemaide. Le analisi, sia degli investigatori del Ros che della Digos della polizia, sono state convergenti: niente Bierre, un tipo di scrittura rozzo e anomalo, troppi nomi di poliziotti (praticamente tutti quelli usciti sui giornali), ma comunque un linguaggio minaccioso e una forte voglia di vendetta.
E dunque, a tre settimane dai gravissimi scontri di Genova, torna un forte timore di cui, più volte, si è fatto portavoce il ministro dell'Interno Claudio Scajola: la radicalizzazione delle frange più contestatrici del movimento. È la stessa preoccupazione che ha spinto Silvio Berlusconi a chiedere di spostare il vertice Fao. In realtà, soprattutto tra gli esperti antiterrorismo del Viminale, c'è la convinzione che a Genova sia entrata in azione una sorta di «internazionale anarcoinsurrezionalista» che, da un paese all'altro, vorrebbe seminare il panico. Gli stessi investigatori, in linea con le analisi del Sisde, sono portati a vedere un dualismo: da una parte, un movimento antiglobal che sceglie forme più forti di protesta e quindi copre gli spaccavetrine, dall'altra la protesta estrema delle Bierre.
È un'analisi che, ancora ieri, i militari del Ros non condividevano: loro sono più propensi a credere che, anche dopo il G8, il quadro della contestazione italiana, radicata nei centri sociali più estremisti, non sia mutato. Sarebbero loro i veri protagonisti degli scontri di Genova e non i fantomatici Black blocs. «Non si può trasformare un caso fallito di ordine pubblico - spiegavano ieri al Ros - in un fatto eversivo. Chi getta le pietre non è parente nemmeno lontano delle Brigate rosse». E, fedeli all'inchiesta su Iniziativa comunista, gli Ros sono addirittura convinti che pure le Bierre sarebbero ormai sotto controllo.
Ma al Viminale, tra vertici internazionali, autunno caldo di rinnovi di molti contratti e possibili nuovi casi di cassa integrazione, non sono tranquilli. Non sfugge la possibile saldatura, che in parte c'è già stata a Genova, tra l'estremismo sindacale e la protesta dei centri sociali. Questo, nello scorso fine settimana, faceva dire a Scajola: «Condivido le preoccupazioni di Berlusconi sulla Fao».
Che né il ministro dell'Interno, né tantomeno Franco Frattini che coordina l'intelligence, siano tranquilli è dimostrato dagli ultimi rapporti dei servizi che, com'è nel loro stile, lanciano l'allarme terrorismo alimentato proprio dagli scontri di Genova. Chi tiene i sensori all'interno dei centri sociali non ha mai avvertito, come negli ultimi giorni, l'accentuarsi della contestazione contro i poteri dello Stato. Del resto, tutti gli investigatori e gli 007 sapevano bene, dopo Genova, che la morte di Giuliani, i tanti filmati sugli scontri e sui duri pestaggi delle forze di polizia, gli episodi delle gratuite violenze alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto avrebbero provocato quello che oggi viene definito, nei documenti ufficiali, un «rischio di radicalizzazione del movimento». È la sindrome degli anni di piombo, della risposta armata a quelli che, nel mondo della contestazione (ma non solo), sono ritenuti «metodi di contrasto sleale».
È per questo motivo che Scajola e i suoi consiglieri vorrebbero chiudere al più presto la pagina Genova. Il ministro lo ripete di frequente alzando il tono della voce: «Saranno puniti tutti gli eccessi, quelli dei contestatori che, non dobbiamo dimenticarlo, hanno agito per primi, ma anche quelli delle forze dell'ordine che hanno passato il limite». È un equilibrio molto delicato. I volantini deliranti, le buste con i proiettili, i pacchibomba non aiutano di certo a far calare la tensione. Tutto questo accade mentre, in Parlamento, sfilano i capi delle polizie chiamati a "giustificarsi" e a spiegare che cosa veramente è accaduto al G8.

(la Repubblica, 8 agosto 2001)

 

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