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 "Alla Diaz nel caos e senza capi"guerra di verbali tra le polizie
 Non coincidono i racconti dei reparti che
        parteciparono al blitz nella scuola. Un magistrato: anarchici come i Black
 di Ferruccio Sansa
 GENOVA - «Diciamo che da quando arriva in massa alla scuola, la polizia
        assomiglia, in quanto a organizzazione, al Black Bloc. Tanti capi ma nessuno che comandi
        davvero, insomma l'anarchia». La battuta scappa ad uno dei magistrati incaricati di far
        luce sul pasticcio dell'irruzione alla Diaz. E la confusione gerarchica di quella notte -
        compreso il furioso litigio, quasi una rissa, alle 4 di domenica mattina nell'ufficio del
        questore tra "romani" e genovesi" - la si ritrova, ampliata, nei verbali di
        interrogatorio, nelle relazioni di servizio di funzionari e agenti che operarono in via
        Cesare Battisti.Ma allora dove sta la verità? E' quella dei genovesi, che raccontano di un Arnaldo La
        Barbera assetato di arresti e pubblicità, che chiede «trovatemi 200 uomini» e, prima di
        entrare nella volante, chiama il portavoce della polizia Roberto Sgalla e gli ordina di
        avvisare i giornalisti "amici" dell'operazione in corso? E' quella del rimosso
        capo dell'Ucigos che avrebbe tentato di bloccare il blitz quando si è accorto che era una
        bufala investigativa? O quella dei resoconti ufficiali che parlano di «attiva resistenza
        e violenze poste in essere dai facinorosi» che vengono vinte «solo grazie all'impiego di
        una forza di proporzione adeguata all'intensità dell'offesa»? E la "forza
        impiegata" è o non è quella degli uomini di Vincenzo Canterini, traballante
        comandante del Reparto Mobile di Roma, che afferma che i suoi non entrarono per primi
        nell'edificio, ma vennero preceduti da misteriosi agenti in borghese, i veri picchiatori?
 Di certo, per ora ci sono soltanto gli errori di un blitz raffazzonato e violento. Si
        parte dalla questura per una maxi retata, e a nessuno viene in mente di portarsi i
        cellulari per i fermati, tanto che 40 carabinieri resteranno appiedati; si deve entrare in
        un edificio di 4 piani e decine di stanze e scale, ma nessuno ha una piantina; si agirà
        probabilmente al buio ma si scordano in questura le fotoelettriche; c'è un cancello
        chiuso con una catena, ma nei bagagliai non c'è una tronchesina; si deve penetrare in un
        covo del "bloc" e si utilizza un reparto, la celere, super addestrata per i
        disordini di piazza, ma alla sua prima esperienza in materia di irruzioni.
 Tanti errori, quasi quanti sono i tentativi di raccontare la propria verità sulla notte
        maledetta. Nelle loro relazioni di servizio, i funzionari e gli agenti del Nucleo
        Sperimentale Antisommossa, diventano quelli che entrano per secondi, che soccorrono i
        manifestanti pestati dai colleghi in borghese, e addirittura, per tentare di difendere una
        ragazza «ricevo numerose manganellate sulla schiena» come spiega il sovrintendente
        Fabrizio Leodoti. Ma questa ricostruzione contrasta con quella di un altro ispettore della
        celere, Maurizio Panzieri che nel raccontare la coltellata inferta al collega Massimo
        Nucera dice: «Dopo essere penetrato all'interno dello stabile per eseguire operazioni di
        bonifica mi sono portato al secondo piano ove assieme facevamo irruzione in una stanza
        buia sfondando la relativa porta d'accesso».
 Ma l'accoltellatore sfugge alla cattura perché, tanto per cambiare, «a causa
        dell'estrema concitazione del momento, si confondeva con le altre decine di fermati,
        sfuggendo così ad una compiuta identificazione», spiega il verbale firmato da Spartaco
        Mortola e Nando Dominici, capi della Digos e della squadra mobile genovesi. E la versione
        di Vincenzo Canterini viene smontata pezzo per pezzo anche da un testimone oculare
        (Repubblica ne conosce l'identità): «Non ho dubbi, i primi a entrare sono stati gli
        uomini della celere. Hanno sfondato il cancello, la porta e alla fine si sono avventati
        come pazzi dentro l'edificio». E gli uomini con gli abiti civili e la pettorina di cui
        parla Canterini? «C'erano anche loro, con il manganello in mano, ma non sono entrati per
        primi. Lo dirò al magistrato».
 Insomma, c'erano un po' tutti: Reparto Mobile, Squadra Mobile, Digos e carabinieri. Questa
        sarebbe la convinzione dei magistrati. Che però aggiungono un dubbio: siamo sicuri che i
        ragazzi della Diaz abbiano davvero preso a sassate le auto della polizia due ore prima
        dell'irruzione? Di volanti danneggiate pare che non ce ne sia l'ombra.
 (la Repubblica, 4 agosto 2001)  
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