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Inchieste
 

L'inchiesta del Ministero dell'Interno

Lo sfogo del questore: ma quali responsabilità? Ha fatto tutto Roma
Colucci si difende: sono pronto a rispondere a qualsiasi accusa. «I poliziotti e gli ordini venivano dalla capitale». Quel dialogo prima del blitz notturno nella scuola

di Francesco Alberti

GENOVA - «E perché dovrei preoccuparmi? In quei giorni a Genova c’erano tutti i grandi capi: il vice della polizia Andreassi, il numero uno dell’Antiterrorismo La Barbera e poi Gratteri, capo dello Sco. Guidavano loro le danze... Sono tranquillo». Così si confidava fino ad una settimana fa Francesco Colucci, questore di Genova, con i suoi collaboratori più fidati. E intanto in Procura e sul Viminale montava la tempesta. «Tranquillo, tranquillissimo», andava ripetendo. Ben attento a non far trasparire la minima irritazione per aver dovuto interamente delegare ai «grandi capi» calati da Roma l’organizzazione e la gestione dell’ordine pubblico durante il G8.
Poi, ieri, la mazzata. Nella relazione degli ispettori del Viminale il nome del cinquantottenne Colucci è cerchiato in rosso, indicato come uno dei principali responsabili di quanto avvenuto durante quei drammatici tre giorni. Ora la sua poltrona vacilla, il suo destino professionale dipende dalle decisioni del ministro Scajola. Chissà se Colucci, fino a qualche giorno fa, era davvero tranquillo come diceva. Certo che ieri, inavvicinabile nell’ufficio della Questura che dirige ormai da quattro anni, così si è sfogato con gli amici di sempre: «Ma di che cosa mi accusano? Quali sarebbero i miei errori?».
Intanto da Roma rimbalzavano informalmente le prime accuse degli ispettori nei suoi confronti: «responsabilità oggettiva» per i fatti di Genova, «errori» nella scelta degli uomini mandati in strada, «carenze organizzative». E lui, quasi si trovasse al cospetto di un ideale tribunale, a replicare più per sé che per gli altri: «Ma quale responsabilità oggettiva? Che vuol dire? Gli uomini li hanno scelti loro, da Roma, come d’altra parte tutto il resto: questo è sotto gli occhi di tutti. E in ogni caso sono pronto a rispondere a qualsiasi contestazione».
Vacilla la poltrona di Colucci, un «veterano» della polizia in servizio dal ’68, per oltre vent’anni in prima linea a Milano nelle inchieste sulle prime grosse infiltrazioni malavitose (è stato dirigente della Criminalpol), poi questore a Bergamo, a Lecce, quindi lo sbarco a Genova. Attaccatissimo a Milano, grande amico di Achille Serra e dell’attuale prefetto Bruno Ferrante, Colucci, pur non potendo certo essere considerato un uomo con simpatie di sinistra, non ha mai avuto a Genova particolari problemi con le realtà dell’antagonismo. In una sola occasione, due anni fa, venne ai ferri corti con i centri sociali, dopo che la polizia aveva caricato alla stazione Principe un gruppo di giovani che tentava di salire sul treno senza biglietto. Per il resto, una linea morbida, dialogante.
Ora la sua poltrona vacilla. Forse non riuscirà a reggere l’onda d’urto del caso G8. Di certo la sua eventuale rimozione non sarà del tutto indolore. Quei tre giorni di battaglia nelle strade, per non parlare delle successive inchieste della magistratura, hanno infatti lasciato una scia di malumore in una parte della polizia genovese. Qualcuno è anche uscito allo scoperto: il giorno dopo la fine del summit, i sindacalisti della Uilps (Unione italiana dei lavoratori di pubblica sicurezza) denunciarono «il commissariamento di fatto degli uffici della questura di Genova da parte degli alti vertici romani», aggiungendo che «ciò aveva reso ulteriormente difficile la gestione della situazione, dato che la conoscenza del territorio è determinante in casi come questo». E invece, hanno raccontato alcuni agenti, «c’erano dirigenti venuti da Roma che giravano per la città con la cartina stradale».
Comunque siano andate le cose, che Colucci abbia tenuto un profilo basso durante tutta la preparazione del G8 lo avevano notato in diversi: «Alle riunioni della commissione speciale di studio per la sicurezza della città - riferiscono negli ambienti della Regione - il questore ha sempre avuto un ruolo sfumato, i suoi interventi erano rari». Un errore, secondo alcuni: «Avrebbe dovuto farsi sentire di più con quelli di Roma, dopotutto era lui il padrone di casa».
Ci sarebbe però stata un’occasione in cui la voce del questore l’hanno sentita in tanti. E’ stato la notte del sanguinoso blitz alla scuola «Diaz». Sono le 23. Arnaldo La Barbera, capo dell’Antiterrorismo, comunica che la decisione è presa: «La perquisizione si fa». E Colucci: «Mi raccomando, usate metodi urbani».

(Corriere della Sera,

 

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