bigg8.jpg (22059 byte)

 

home

   

      

Carlo Giuliani

Per il movimento un martire e un altare

Dove è caduto Giuliani deposte le «armi» dei contestatori

di Filippo Ceccarelli

16.jpg (17507 byte)

Carlo, il morto, il caduto, il martire... Carlo: e basta. Non sono nemmeno dodici ore e capiscono tutti di chi si parla. Il nome risuona ormai con un’intensità quasi familiare, in quel magma incandescente che sempre più è il movimento. «Il colpo che ha ammazzato Carlo», «la famiglia di Carlo» dice Agnoletto, con la fascia nera del lutto sul braccio; «l’omicidio di Carlo», «il corpo di Carlo» dice Casarini, come se lo avessero conosciuto.

E così Carlo Giuliani - quello che per i politici e i mezzi di comunicazione è «il giovane ucciso» - nelle strade e nei campeggi è ormai solo e semplicemente Carlo, presenza sacra per migliaia e migliaia di ragazzi che, come Casarini e Agnoletto, non l’hanno mai nemmeno incrociato, ma adesso che è morto ammazzato lo sentono «uno di noi». Anche se l’altroieri non si sono battuti come lui, e anzi sono contrari ad assaltare le camionette dei carabinieri. Ma quando scoppia la guerra, è appunto la guerra. E quella foto di spalle, quel passamontagna, quelle braccia che scaraventano l’estintore, quella pistola puntata, oltre a girare il mondo, resterà impressa nella memoria di questa nuova «generazione di piazza» che a Genova ha avuto il suo autentico «battesimo del fuoco».

E allora, per dire: quella foto, un hacker l’ha già spedita ad oscurare il sito internet della prefettura di Trapani, con la scritta sovrimpressa «Uno spiacevole inconveniente» (infelice frase berlusconiana). Mentre sui muri bruciacchiati di Genova si legge: «Cc assassini Carletto vive» e anche in spagnolo «Carlo te vengaremus». E il circolo sociale Askatasuna marciava sotto uno striscione: «G8 assassini forza sociale per vendicare Carlo». Carlo, e si alzano miriadi di mani durante il minuto di silenzio alla fine della manifestazione di ieri.

Ci sono anche altre foto, ancora più impressionanti, di Carlo Giuliani. Non sono foto di battaglia, ma di morte: le braccia e le gambe aperte, gli scarponcini, una pozza di sangue sull’asfalto, una tuta bianca con le sue goffe imbottiture chinata sul cadavere. E insomma, per la più crudele e ordinaria dinamica della guerra, dopo una vita breve e tutt’altro che semplice, da morto Giuliani non solo è diventato in poche ore un simbolo, ma l’emblema, il nome, il volto, il marchio a fuoco, il «martire», insomma, che mancava a questo movimento (cui sembrano mancare anche, per la verità, esperienza e buonsenso).

«Martire» è certo parola impegnativa, da commisurarsi a un universo complesso che nei movimenti collettivi si immagina non di rado governato da terribili scambi sacrificali o, per dirla più brutalmente, da sacrifici umani. Fatto sta che ieri la piazza dove è caduto Giuliani ha cambiato nome. Qualcuno è salito sul muro e al posto di Gaetano Alimonda, ha scritto con la spray rosso sulla targa di marmo: «Piazza Carlo Giuliani». E sotto: «ragazzo». A qualche metro di distanza, là dove questo ragazzo ha finito di vivere, è stato montato un inconsapevole altare, impressionante documento di sacralità neo-movimentistica. Sopra la segatura che ha raccolto il sangue tanti fiori rossi, anche presi dalle aiuole delle strade.

E poi le insegne, anche rosse, una sciarpa, una bandiera, la t-shirt con la scritta «Hanno ucciso un ragazzo nella piazza dove sono nato»; e le armi dei guerrieri di Genova: il casco di plastica, la corazza con la gommapiuma, la maschera antigas, un bastone e un candelotto lacrimogeno come candelabro. I segni eterni della morte in guerra, delimitati per un verso da un’incongrua transenna dei gelati Sammontana e per l’altro da un carrello mezzo rotto di supermercato, pieno di bottiglie di plastica, forse un’orrida composizione contro il consumismo. C’era anche un amico di Carletto sul posto, ieri mattina, la faccia stravolta e una maglietta nera con su scritto «Versace Couture», debitamente intervistato dai tg. Diceva quello che dicono gli amici degli amici morti. Ce l’aveva con i giornali per il modo in cui avevano presentato Carlo. Diceva: non era così, non era così.

Quasi mai i morti sono come li rappresentano i giornali. Ancora più irriconoscibili sono i morti in battaglia. I media tagliano le persone con l’accetta. Vai a sapere come era veramente Carlo Giuliani. Quali guai, quali passioni, quali libri, quanta tv, quale musica, quanti affetti. E’ un dubbio che vale per tutti i «martiri» schiantati a vent’anni negli anni non a caso detti di piombo: i Serantini, i Franceschi, Giorgiana Masi, ma anche Mikis Mantekas o i ragazzi della sezione missina di via Acca Larenzia. Certo, desta sospetto che a poche ore da quei colpi di pistola, a Giuliani fosse già stata affibbiata la più scomoda delle appartenenze, anzi la più ripugnante nella scala dell’apprezzabilità sociale: punkabbestia. Uno che vive in mezzo ai cani e chiede l’elemosina. I punkabbestia sembrano figure letterarie o artistiche e di politico in verità hanno poco o nulla.

La loro «auto-animalizzazione», più che antagonismo, esprime l’estremo rifiuto, il ribaltamento delle convenzioni. Ora viene fuori che questo figlio ribelle di un padre sindacalista, viveva di lavoretti precari, né aveva cani. Per cui la questione potrebbe essere più insidiosa: quale movimento potrebbe riconoscersi in un punkabbestia? E ancora: con che cuore si può stabilmente classificare come punkabbestia, o anarchico, o tuta bianca, o nera uno di 23 anni?

L’impressione, piuttosto, è che non Carlo vivo, ma Carlo morto in battaglia, Carlo in passamontagna, Carlo che non aveva documenti addosso e l’hanno identificato grazie al telefonino, rappresenta parte di quel mondo giovane, povero e contraddittorio che si è visto per la prima volta nella «guerra di Genova» con le sue magliette, le sue birre, i suoi tascapani a tracolla, le sue telecamere digitali, le sue pietre. E’ un mondo avido di simboli che nessuno rappresenta. Ed è questo il guaio. Beata la protesta che non ha bisogno di morti.

(la Stampa, 22 luglio 2001)

torna a Speciale G8 trangolino.gif (131 byte)

 

ricerca
anpi
scrivici
home
home         ricerca        

anpi

        

dibattito

        scrivici

 

.