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pallanimred.gif (323 byte) Il rapporto del capo del reparto mobile: hanno fatto resistenza

«Alla Diaz ci hanno accolto le spranghe»

di Guido Ruotolo

Forse l’episodio su cui più nitidamente sono emerse le responsabilità per quello che è successo, è la perquisizione alla scuola Diaz. Spiegavano, ieri mattina, in Procura: «Sappiamo per certo che il tempo intercorso tra il momento dell’irruzione e quello della perquisizione, si racchiude nell’arco di dieci, quindici minuti». In questi giorni di missione genovese, i tre direttori generali del Viminale hanno potuto raccogliere atti, ordinanze, relazioni. Hanno avuto la possibilità di produrre una «ricostruzione cronologica e logica» di quello che è accaduto alla Diaz, anche attraverso le testimonianze dei dirigenti e dei funzionari sentiti in questi giorni. Tra gli atti che hanno acquisito vi sono anche le cosiddette relazioni di servizio o i verbali di sequestro. Tra questi atti c’è anche la «difesa» del primo dirigente di Ps, Comandante del I reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini, che ha guidato l’irruzione all’interno della scuola.

Come si difende Canterini? «Il sottoscritto... comandato di recarsi in via Cesare Battisti per effettuare una perquisizione presso l’Istituto suddetto, unitamente a funzionari e personale delle locali Digos e Squadra Mobile, giungeva sul posto con 75 appartenenti al proprio reparto, seguiti da altro personale della questura e dei reparti di rinforzo». Secondo il comandante Canterini, le cose sarebbero andate così: «Giunti sul posto, alle 23,30 circa, evidentemente avvistati dagli occupanti, ci trovavamo di fronte a un cancello in ferro sbarrato. Procedevamo a rimuovere l’ostacolo, cosa che ha impegnato gli agenti operanti per alcuni minuti. Una volta entrati nel cortile incontravamo una ulteriore resistenza nei tre portoni di accesso, sbarrati anche quelli. Si provvedeva così a forzare la porta laterale sinistra mentre dall’alto piovevano oggetti contundenti e in particolar modo bottiglie di vetro».

I poliziotti riescono a entrare nella Diaz. Ecco quello che succede, secondo il comandante Canterini: «Una volta entrati, abbiamo incontrato una vigorosa resistenza da parte di alcuni degli occupanti i quali, evidentemente approfittando dei minuti occorsi per entrare, avevano provveduto a organizzarsi e ad armarsi rudimentalmente con spranghe, bastoni e quanto altro». «Vigorosa resistenza» da parte di «alcuni» manifestanti. Su 93 arrestati, 67 hanno dovuto farsi medicare o sono stati costretti a ricoverarsi in ospedale. Precisa Canterini: «Premettendo che nel frattempo gli occupanti evidentemente avevano a spegnere le luci, la colluttazione conseguente alla resistenza di cui sopra, risultava particolarmente cruenta e confusa». Prosegue il comandante del reparto mobile di Roma: «Coordinando l’operazione suddetta, il sottoscritto ha acceduto all’Istituto in una posizione retrostante rispetto ai propri uomini, ma ciò non ha impedito di notare il forte contrasto opposto dagli occupanti agli agenti operanti».

La versione offerta dal comandante Canterini, evidentemente, non è sufficiente a chiarire l’effettiva dinamica e le responsabilità di chi coordinava l’operazione. C’era lui, c’erano le autorità di pg, il capo della Digos di Genova, Spartaco Mortola, il suo vice. E in seconda battuta, per effettuare materialmente la perquisizione, sono entrati nella scuola gli uomini della Mobile e dello Sco, il questore Franco Gratteri. Dunque, l’irruzione alla Diaz avviene alle 23,30 circa. Avviene perché, precedentemente, c’era stato un episodio preciso. I tre ispettori del Viminale hanno acquisito la relazione di servizio del vicequestore aggiunto, Massimiliano Di Bernardini, in servizio alla Mobile di Roma e aggregato a Genova.

La sera della perquisizione, Di Bernardini, uomini della Digos di Genova, del reparto prevenzione crimine e del reparto mobile sono in azione di perlustrazione. «Alle ore 22,30 circa - relaziona Di Bernardini -, con l’unità operativa mi avvicinavo in via Trento transitando per via Battisti, ove nei pressi dell’Istituto scolastico "Diaz" eravamo costretti a rallentare notevolmente la marcia poiché la strada era impegnata da diverse autovetture che procedevano a passo d’uomo. Nella circostanza notavo che l’Istituto e i marciapiedi adiacenti erano occupati da un nutrito gruppo, circa 200 persone, molti dei quali indossanti capi di abbigliamento di color nero, simile a quello tipicamente usato dai gruppi definiti "Black bloc"».

A questo punto accade quanto segue, sempre secondo Di Bernardini: «A causa della ridotta ampiezza della carreggiata, le quattro vetture in dotazione, di cui le ultime due recanti i colori d’Istituto, si trovavano a stretto contatto con gli astanti che, accortisi del ridotto numero dei mezzi, iniziavano un folto lancio di oggetti e pietre contro il contingente, cercando di assaltare le autovetture. Nella circostanza si udiva chiaramente gridare: "Sono solo quattro, sono solo quattro". A tal punto, per altro inseguiti dalla folla, riuscivamo, azionando anche i segnali di emergenza, a guadagnare una via di fuga, sempre sotto il tiro di oggetti contundenti».

(la Stampa, 30 luglio 2001)

 

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