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pallanimred.gif (323 byte) Il video del blitz: per primi entrarono uomini della Celere

di Fabrizio Gatti

GENOVA - Il primo a entrare nella sede del Genoa Social Forum è un uomo del Nucleo sperimentale antisommossa. Anche il secondo, il terzo, il quarto e almeno i trenta successivi indossano i caschi e le tute scure del gruppo di élite del ministero dell’Interno. Quella è proprio la squadra comandata da Vincenzo Canterini, il dirigente del Reparto mobile di Roma. Un nuovo filmato, diffuso l’altra sera su Internet dalla rete antiG8 Indymedia, la inquadra in azione la sera tardi di sabato 21 luglio, quando il capo della polizia, Gianni De Gennaro, avallò la perquisizione nel centro di accoglienza del controvertice, allestito nella scuola Armando Diaz. L’operazione si concluse con 61 ragazzi feriti e 93 fermi, 68 dei quali non convalidati dai giudici perché illegittimi.

L’IRRUZIONE - Ecco il momento più importante, sul quale si sono contraddette le testimonianze dei tredici funzionari interrogati la scorsa settimana in procura. Lo zoom riesce ad avvicinare i dettagli. Non è molto che i poliziotti sono entrati nel giardino della scuola. Dallo sfondamento del cancello all’apertura del portone in legno della palazzina passano 45 secondi. I caschi in prima linea vengono illuminati dalle lampade del grande corridoio. Si possono contare almeno 34 teste, che ondeggiano e si spingono in quei pochi metri. Ma alle loro spalle gli agenti, invisibili perché fuori dal fascio di luce, sono molti di più. Non avanzano subito: il passaggio è ostacolato da una panca e forse da una scrivania. Dopo 13 secondi dall’apertura del portone, un poliziotto ci salta sopra per scavalcarle e il bagliore che arriva dall’interno mette in evidenza tutta la sua uniforme. Il modello del casco è tra i più recenti, con la robusta protezione sulla nuca. La tuta scura in tessuto ignifugo. Sotto, la sagoma del corpetto di plastica. Il cinturone è nero. Infilata nel cinturone, dietro a sinistra, la bomboletta spray di gas paralizzante. A destra, la giberna per contenere i filtri delle maschere antilacrimogeni e i lacci di plastica da stringere ai polsi dei fermati. È proprio l’uniforme del Nucleo sperimentale antisommossa creato all’interno del Reparto mobile di Roma, la vecchia Celere. Il primo poliziotto è ormai dentro. Lo seguono gli altri. L’operazione è cominciata da appena 58 secondi e non c’è un filo di resistenza da parte degli ospiti del Gsf. ADDESTRATI - I 70 agenti antisommossa quella sera non sono affatto stanchi. Il pomeriggio del sabato l’hanno trascorso nel quartier generale, alla Fiera del Mare. Sono uomini addestrati da mesi, selezionati dalle formazioni sportive della polizia quando, la scorsa primavera, il governo decise che per il G8 a Genova occorreva una squadra specializzata. Adesso stanno per diventare i principali testimoni dell’inchiesta. Perché, se non hanno partecipato ai pestaggi, hanno comunque visto. Scrive Vincenzo Compagnone, vicesovrintendente del nucleo, in una delle relazioni di servizio che Vincenzo Canterini ha consegnato ai magistrati e agli ispettori del ministero: «Giunto di corsa al terzo piano notavo operatori di polizia e altri accanirsi e picchiare come belve dei ragazzi».

GLI ALTRI - Gli agenti di Vincenzo Canterini non sono più i soli poliziotti dentro la scuola: 41 secondi dopo il loro ingresso, viene sfondata la porta laterale sinistra della palazzina. La videocamera, dal lato opposto della strada, continua a filmare. Le immagini sono un po’ confuse, la luce insufficiente. Si indovinano sagome di altri poliziotti con i caschi e le divise dei reparti mobili. Ma ecco unirsi a loro gli agenti in borghese, aggregati dalle Digos e dalle squadre mobili di tutta Italia. Sono riconoscibili perché sulla loro schiena compare un riflesso bianco, orizzontale: per qualche istante si riesce a leggere la scritta «Polizia» delle loro casacche. Dall’inizio dell’operazione sono trascorsi un minuto e 39 secondi. Poco prima, l’unico momento di tensione. Un uomo con la camicia bianca, forse un funzionario, corre verso il cancello. Lo segue un collega con giacca e pantaloni, un riflesso gli illumina la fronte stempiata. Scappano da qualcosa che cade dall’alto. Altri poliziotti davanti all’ingresso alzano gli scudi sopra i loro caschi. Ma nulla colpisce quella protezione di plastica, ben illuminata dalla luce del corridoio. L’irruzione è completata in un minuto e 47 secondi. Quello che accade dopo, là dentro, non è più visibile.

(Corriere della Sera, 6 agosto 2001)

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