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         | Documenti  Verbali di interrogatorio di manifestanti "pestati"
 
 Sul blitz notturno nelle scuole Lens Z., 24 anni di Amburgo (Germania), studentessa
        universitaria: «...Il sabato sera siamo andati per dormire nella scuola, siamo entrati
        circa tre minuti prima che arrivasse la polizia. Eravamo in due (io e il mio ragazzo, il
        mio ragazzo il giorno stesso aveva fatto ricorso alle cure mediche), ci siamo nascosti in
        un piccolo vano al quinto piano. Saranno passati tre minuti, poi si è aperta la porta,
        sono arrivati dieci o quindici poliziotti, ci hanno tirato fuori e hanno cominciato a
        colpirci con lo sfollagente. (...) Mi hanno preso per i capelli, io sono caduta, mi hanno
        dato un colpo nella nuca e a quel punto sono scivolata giù per le scale. Alla seconda
        rampa di scale mi ha preso un poliziotto, mi ha trascinato giù dalle scale, hanno
        continuato a picchiarmi in testa e sul lato destro della schiena. Sono arrivati dei
        poliziotti dal piano di sopra e ci hanno sputato in faccia». Ana M., 26 anni di Saragozza (Spagna), assistente
        sociale: «Siamo tornati nella scuola Diaz verso le 23, ci siamo preparati per la notte -
        io ero al piano terra - ho visto tanta gente spaventata, penso perché avevano visto la
        polizia, perché certe persone erano già state picchiate dalla polizia durante la
        manifestazione. (...) I poliziotti avevano i caschi ed il viso coperto da un fazzoletto,
        altri avevano abiti civili ma soltanto i poliziotti col volto coperto ci hanno aggrediti.
        Usavano manganelli neri. Pensavo che la polizia non potesse picchiare le persone
        indiscriminatamente, ero tranquilla. Dopo qualcuno ha detto basta', ed è iniziata
        la perquisizione». José Luis S., 42 anni, Buenos Aires (Argentina), impiegato
        postale. «...I poliziotti sono entrati rompendo la porta, noi ci siamo
        seduti per terra con le mani alzate e abbiamo detto che eravamo pacifisti. (...) Ho messo
        la testa in mezzo alle gambe proteggendomi con le mani, e loro mi colpivano con il
        manganello. Ho cominciato a sanguinare, hanno continuato a picchiarmi. Avevo paura. Poi
        hanno controllato i miei zaini, rovesciando tutto: non ho più nulla di quegli oggetti».  Sulla caserma di  Bolzaneto Interrogatorio di convalida del fermo di Massimo I., 23 anni di
        Lucca: «Dopo l'arresto ci hanno portato a Bolzaneto dove ci hanno lasciato senza
        mangiare e senza bere per parecchie ore... è stato un momento bruttissimo, sia
        fisicamente che psicologicamente. Ci hanno costretto a dire "Che Guevara bastardo,
        figlio di puttana"... mi hanno tirato manganellate sotto le piante dei piedi e
        sopra». «Si dà atto - recita il verbale firmato dal giudice - che l'indagato presenta
        lividi sotto la pianta del piede destro a caratteristica forma a rettangolo larga 1 cm e
        lunga 78 cm». «Mi hanno fatto sbattere la testa più volte contro il muro - continua
        Massimo - ... dicevano inoltre che il comunismo era finito e che tutto sarebbe cambiato». Interrogatorio di Nicola M. 24 anni: «Entrammo, c'era
        un corridoio con 40 o 50 poliziotti. Ci fecero abbassare la testa e ci picchiarono. Siamo
        stati 15 ore con le mani alzate. Ogni tanto ci picchiavano e ci offendevano. Ho mostrato
        le lesioni alla matricola, si cambiava da un ufficio all'altro e ci immatricolavano. Ho
        firmato dopo 10 ore che stavo in piedi e non so cosa ho firmato». Kirsten W.: «...In seguito fui condotta con altri
        arrestati in una caserma. In circa quaranta fra uomini e donne fummo messi al muro della
        cella. La maggior parte era in un modo o nell'altro ferita. Moltissimi avevano lesioni al
        capo e fratture al naso. Tutti stavamo faccia al muro, con le gambe divaricate e le mani
        sulla testa. Ripetutamente i poliziotti entravano nella cella e ci divaricavano le gambe a
        calci, e tiravano su le nostre braccia perché stessimo il più possibile scomodi. Anche
        quelli che avevano un braccio o una gamba rotta dovevano rimanere così. Di tanto in tanto
        alle donne veniva permesso di sedersi, agli uomini no. Ho visto con i miei occhi come in
        un'altra cella un uomo veniva colpito al ventre. Il poliziotto lo teneva su per una
        spalla, e con l'altra mano picchiava. (...) Fino al lunedì mattina fummo trattenuti in
        questo primo centro di raccolta prigionieri».
 Sebastian Juneman, 23 anni, tedesco, incensurato,
        studente di biologia e lavoratore per la chiesa evangelica, anche lui portato alla caserma
        di Bolzaneto: «Mentre il medico mi visitava un poliziotto ha preso il mio accendino e ha
        iniziato a bruciarmi i peli del petto. (...) Sono stato costretto a stare girato contro il
        muro con le mani alzate e mi hanno insultato. Cantavano canzoni ingiuriose e spruzzavano
        spray urticante». Massimo Spingi, di Roma: «Mezz'ora prima, nel lager,
        hanno cominciato a gridare arriva il ministro, arriva il ministro. Già ci facevano stare
        con la faccia al muro perchè avevano paura che li "fotografassimo", che ci
        ricordassimo i loro volti. Impossibile pensare di guardarlo. Dopo la visita sono tornati i
        poliziotti che ci hanno ammassati in cella per pestarci e insultarci, costringendoci a
        cantare canzoni fasciste». Maurizio Gagliastro, 27 anni da Salerno: «Ci hanno
        portato alla Fiera dove ci hanno picchiato, e poi a Bolzaneto, dove ci hanno ancora
        picchiato e dove è stato un inferno». 
 (da la Repubblica, 31 luglio, 1 agosto, 4 agosto,
        6 agosto 2001)    Le denunce dei manifestanti inglesi
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