Quelli che
negano la Storia
di Nicola
Tranfaglia
Il presidente si è riferito a quelli che si possono definire veri e
propri «negazionisti» della battaglia che uomini e donne del nostro paese intrapresero
contro loccupazione nazista e fascista nellItalia centrale e settentrionale.
Il negazionismo revisionista si è sviluppato con particolare virulenza nel nostro paese
subito dopo la creazione della democrazie repubblicana nel 1946 accanto allingresso
in parlamento degli eredi del fascismo di Salò che fondarono il Movimento Sociale
Italiano ma ha assunto una singolare accelerazione negli anni Ottanta e Novanta del
Novecento a mano a mano che altre forze di destra hanno identificato nel patto
costituzionale che condusse i grandi partiti popolari - il Pci, il Psi e la Dc a scrivere
la costituzione repubblicana vigente un ostacolo da rimuovere per sostituire al sistema
politico parlamentare un modello presidenziale e autoritario.
Di qui la richiesta di accantonare la disposizione transitoria della costituzione che
vieta la ricostruzione del partito fascista, linvito a una riconciliazione basata
sullequiparazione dei combattenti delluna e dellaltra parte durante il
43-45 e degli ideali per cui caddero, il giudizio negativo sulla resistenza in
quanto parteciparono con grande peso i comunisti e i loro alleati del Partito dazione.
O ancora il tentativo di dipingere la lotta di Liberazione come loperazione di pochi
fanatici antifascisti contro i tedeschi e i fascisti mentre lintera popolazione
italiana assisteva indifferente alla guerra sul territorio nazionale.
Di qui, infine, quella visione storica per cui non ci fu nei resistenti laspirazione
a un amor di patria nuovo, non più legato al nazionalismo e allimperialismo
fascista ma invece collegato al desiderio di fondare nel nostro paese una democrazia
rappresentativa e parlamentare in grado di evitare derive plebiscitarie.
Questo tipo di revisionismo che più correttamente dobbiamo definire, come ho già detto,
negazionismo o pura propaganda politica e ideologica ha molta fortuna nellItalia
governata da Silvio Berlusconi che non a caso ha ritenuto, il 25 aprile scorso, di non
partecipare a nessuna delle manifestazioni pubbliche indette per commemorare la Resistenza
e si è limitato a inviare un messaggio che ricorda un solo resistente, Edgardo Sogno, che
combattette valorosamente nei venti mesi di guerra sul nostro territorio ma che nel 1974,
come egli stesso ha testimoniato prima di morire, tentò un colpo di Stato contro la
costituzione e la legalità repubblicana.
Commise cioè un reato gravissimo per le nostre leggi che avrebbero potuto, se provato,
farlo condannare allergastolo dai nostri giudici.
Difficilmente un presidente del Consiglio avrebbe potuto dare un peggiore messaggio alle
vecchie generazioni che hanno vissuto o partecipato alla Resistenza e alle nuove che
attendono dai loro padri di sentire con quali lotte e quali sofferenze i partigiani e
tutti i loro alleati, le donne, il clero, i resistenti civili, contribuirono a sconfiggere
la barbarie nazista e fascista e a porre le basi per la repubblica democratica.
Ed evidente appare la differenza di giudizio tra il capo del governo, i suoi alleati
Casini e Fini e ancor più il Capo dello Stato. Tra chi ha ricordato limportanza
della Resistenza e dei valori politici e culturali che attraverso di essa si affermarono e
furono alla base del nuovo Stato democratico e chi nega tutto questo o si limita a lodare
un resistente che nella sua vita è giunto a progettare un colpo di stato contro la nostra
Costituzione, la differenza è assai grande.
In questo senso dobbiamo dire, con molto rammarico, che anche sul piano della memoria
storica questo governo e in particolare il suo capo che è anche il leader del maggior
partito della coalizione di centro-destra fa sempre lopposto di tutto quello che
potrebbe favorire laddio di un dialogo con lopposizione.
Nega il senso profondo dellavvenimento che è alla base della costituzione
democratica e dunque delle regole fondamentali per la convivenza tra gli italiani, approva
le tesi più deboli del negazionismo revisionista che nessuno tra gli storici abituati a
citare documenti e a scavare negli archivi si sentirebbe di sostenere, tende a
delegittimare le forze essenziali che animarono la lotta di Liberazione: dal cattolicesimo
democratico al repubblicanesimo, dal socialismo al movimento comunista italiano e che oggi
contrastano, con metodi democratici e pacifici, un governo che si esercita di continuo in
prove tecniche di regime.
Peccato.
Se queste sono le premesse di una fantomatica riconciliazione a spese della verità
storica e di tutte le sofferenze dei combattenti dellantifascismo che per ventanni
hanno riempito le galere fasciste, il confino e i campi di concentramento creati dalla
dittatura, dobbiamo concludere che non cè da farsi illusioni sulla possibilità di
un dialogo aperto e costruttivo tra gli italiani che il 25 aprile nelle strade e nelle
piazze hanno ricordato la Resistenza e i seguaci del negazionismo revisionista che
continuano a voler equiparare i seguaci di Hitler e di Mussolini con chi combatteva e
moriva per la libertà e la democrazia.