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Dibattito

Resistenza e revisionismo

"Il supermarket della storia. Un saggio 

di Giovanni De Luna sul neorevisionismo"

di Simonetta Fiori
 

Storici sull'orlo di una crisi di nervi. Non bastava il requiem di chi li
dava per spacciati (Fukujama), né la saturazione della memoria collettiva,
né il ruolo sempre più ancillare all'interno dell'accademia. Ad insidiare
gli studiosi dell'evo contemporaneo, già funestati da una serie di problemi,
ci si mette ora una figura dai tratti inediti, sconosciuta fino a un
decennio fa: è lo "storico della gente", il divulgatore ad alta audience,
evocato poco prima di morire da Renzo De Felice.
A questa nuova specie di maîtreápenser, assai potente, molto ossequiata da
quotidiani e Tv, dedica un convincente ritratto Giovanni De Luna nel suo
nuovo libro La passione e la ragione (titolo d'esordio d'una collana della
Nuova Italia dedicata ai Nuovi Orchi, pagg. 274, lire 39.000). Come
riconoscerlo? È l'intellettuale che attinge e riproduce il senso comune,
«insofferente alla necessità di rendere riconoscibile sul piano
storiografico le proprie tesi». Pronto ad infiammarsi al sacrosanto motto
"Non c'è ricerca senza revisione", è indifferente al sacrosanto richiamo
contrario: "Non c'è revisione senza ricerca". Fonti, note e bibliografia gli
sono d'impaccio. Se i percorsi più attendibili della storiografia conducono
da un'altra parte, non è affar suo. I suoi approdi sono sempre e
necessariamente innovativi, rivelazione d'una verità a lungo occultata dalla
cultura egemone (di sinistra, naturalmente). Che ora - anche se non più
egemone - continua a far danno, perché refrattaria ai suoi straordinari cont
ributi nel segno della libertà intellettuale.
Ogni evento della storia d'Italia - specie quelli relativi al fascismo, alla
Resistenza e al partito comunista - è presentato dallo "storico della gente"
come avvolto da un alone di tabù, da una sorta d'interdizione culturale:
finché non è arrivato lui, l'addetto alla revisione, a liberarci dalla
menzogna. La storia gli appare come un fornitissimo supermarket, a cui
attingere a seconda del bisogno. E i bisogni sono generalmente di carattere
politico. «La bontà del suo lavoro», aggiunge De Luna, «è misurata
esclusivamente sulla base di un criterio: la funzionalità a legittimare gli
assetti politici egemoni». Non a caso le sue tesi sono "fluide" e
"mutevoli", come le congiunture politiche che insegue.
Alla pedagogia autoritaria dei vecchi partiti politici si contrappone
"l'obiettivo esplicito di formare un nuovo senso comune". La "monumentalità imbalsamata" delle vulgate tradizionali si capovolge nel suo esatto contrario. Ricca e variegata la casistica raccolta in La passione e la
ragione, specie nel passaggio tra la cosiddetta prima e seconda Repubblica,
durante gli anni Novanta. Un coro polifonico che, pur diversificato "tra le
tonalità grottesche di Massimo Caprara" e "le posizioni più meditate di
Ernesto Galli della Loggia", mostra un'intonazione comune: l'anticomunismo
teso a sminuire la caratterizzazione democratica dei comunisti italiani, la
demolizione della Resistenza come processo storico fondativo dell'Italia
repubblicana, l'azzeramento della contrapposizione fascismo e antifascismo
(«svilita anche attraverso l'ossessiva riproposizione dei passaggi di campo
degli intellettuali italiani dall'uno all'altro schieramento»). Con quali
finalità? De Luna sposta la lente sulle scosse sismiche degli anni Novanta. Il nuovo ordine politico che va prendendo forma - il berlusconismo, lo sdoganamento fascista - ha bisogno di una sua legittimazione storica. E la ottiene attraverso una "lettura revisionata" del passato più recente. «Una lettura che mira esplicitamente alla delegittimazione degli uomini, dei partiti e
dei paradigmi identitari della prima Repubblica». La polemica contro
l'azionismo si iscrive in questo progetto. Così dietro l'insistente polemica
contro «la piovra gramsciazionista che ha installato i suo uomini nei posti
chiave dell'editoria, dei giornali, dell'università, dei media» si nasconde
«l'organico tentativo di riprodurre un assetto egemonico altrettanto
articolato».
 
 
 
 
 
 
 
 

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