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La Resistenza in Europa
La Resistenza in Albania
L'occupazione italiana (1939)
Il
ministro degli esteri Italiano Galeazzo Ciano visitò lAlbania per due volte
consecutive, negli anni 1937 e 1939. Tali visite erano di carattere amichevole. La seconda
volta fu invitato al matrimonio del re dAlbania Zogu e si rese conto grazie a questa
ulteriore permanenza in Albania, cosi vicina allItalia e al tempo stesso cosi ricca, che molti luoghi, dopo essere stati bonificati,
avrebbero potuto garantire lavoro a molte famiglie Italiane
e che la popolazione del Paese poteva essere aumentata di ben tre volte
rispetto a quel periodo. Prese allora la decisione, facendosi consigliere del Duce, di
invadere questa terra e di annetterla allItalia. Non doveva però sembrare
unoccupazione, ma ununione e, per poterlo fare, era necessario innanzi tutto
rendere più debole lesercito albanese, aumentare il numero di ufficiali Italiani e realizzare centri di carattere economico-politico gestiti da italiani. Il capo del governo Italiano,
Benito Mussolini, l8 gennaio del 1939 firmò il piano di Ciano di invasione e
centomila uomini furono trasportati nel Italia meridionale pronte allo sbarco. Il 25 Marzo
1939 fu presentato al re dAlbania una proposta di annessione allItalia, alla
quale il re Zogu non diede alcuna risposta. Il due di Aprile dello stesso anno la proposta
fu presentata di nuovo, ma questa volta sotto forma di ultimatum al quale dare risposta
entro il giorno sei dello stesso mese. Il 5 Aprile il governo Albanese rese nota la sua
opposizione e lo stesso fece il parlamento il
giorno seguente.Vi furono molte dimostrazioni in quasi tutte le città con le quali il
popolo chiedeva di essere armato per combattere il nemico che stava invadendo
lAlbania.
Il primo
attacco delle forze italiane avvenne via mare; esse cercarono di occupare per prime le
città portuali: Durazzo, Valona e Saranda. Lavvicinamento delle navi militari ai
porti albanesi avvenne intorno alle ore 04 del giorno 7 Aprile 1939. La colonna che
sbarcò nella città di Valona aveva come compito quello di occupare, oltre alla città,
anche i luoghi e le altre città vicine. La colonna era formata da un reggimento di
bersaglieri composto di due battaglioni, un gruppo di milizia fascista, più mezzi pesanti
e leggeri. Lattacco degli italiani fu
rapido e in poco tempo occuparono tutto il
paese. Le perdite sono ridotte (12 morti) e dovute più al confuso coordinamento
dei reparti che alla reazione locale. Allopinione pubblica italiana viene presentata
limmagine di unAlbania dalle gradi risorse, affascinante come un bazar, ma al
tempo stesso arretrata e selvaggia, bisognosa di un fratello maggiore che laiuti a
modernizzarsi. Il 9 Aprile 1939 gli Italiani
crearono il Comitato di amministrazione provvisoria e
due giorni dopo nominarono unAssemblea Costituente, che già il 12 aprile votò
lunione dellAlbania allItalia e nominò un governo albanese e decise di
donare al re dItalia, Vittorio Emanuele III, la corona di Re
dAlbania.
Nel paese si stabilirono circa centomila soldati
Italiani. Il 2 Giugno fu creato il partito fascista albanese, le cui scelte dipendevano
direttamente dagli ordini impartiti dallo stesso Mussolini. Il giorno seguente fu
promulgato un decreto secondo il quale tutti i dipendenti pubblici dovevano fare atto di
fedeltà di al re dItalia e ai suoi discendenti, pena la sospensione dal lavoro. Durante
il periodo della stabilizzazione del regime fascista, nel paese vi furono molte rivolte e
scioperi degli operai che lavoravano nelle aziende italiane sorte in Albania. Gli operai
richiedevano migliori salari, rivendicavano migliori condizioni di lavoro e una riduzione
delle tasse. In seguito, oltre ai soldati già arrivati nel Paese, furono portati molti
altri operai di varie specializzazioni, i
quali avevano un trattamento di favore da
parte delle autorità italiane, rispetto agli operai di nazionalità albanese. Soltanto
nel periodo che va dal luglio del 1939 ai primi mesi del 1940 arrivarono dallItalia
in Albania circa 50 o 60 mila uomini. Nella città di Valona oltre alle società che già
vi si trovavano prima dellinvasione vi si crearono molte altre società, il cui
scopo era di costruire aeroporti e porti, caserme e armerie. Loccupazione
italiana dellAlbania dura oltre quattro anni, fino al settembre 1943. Il fascismo,
quali che siano i suoi piani sul paese invaso, non ha che il tempo di abbozzarli. Le
vicende della guerra, il conflitto italo-greco, poi la resistenza armata albanese,
annullano ogni progetto di Roma sullAlbania. I propositi dellinizio sono
baldanzosi: fusione delleconomia albanese con quella "metropolitana";
italianizzazione del popolo albanese; fascistizzazione della società schipetara. Benché
sino al 1941 gli albanesi accettino passivamente liniziativa italiana, questa ha
scarsi esiti.
La mancata opposizione albanese nella prima
fase delloccupazione italiana si può spiegare con la sproporzione delle forze in
campo. E difficile ad un albanese immaginare di opporsi alla potenza italiana,
finché lAsse sembra avere nella guerra mondiale una schiacciante superiorità.
Inoltre leconomia albanese, nel primo anno dopo loccupazione, risente
positivamente dellafflusso improvviso di moneta e aziende italiane. Dispiace la
perdita dellindipendenza, ma non cè forte opposizione allItalia. La
creazione della Grande Albania, o Albania etnica, piace ovviamente agli
albanesi che manterranno, soprattutto in Kosovo e in Macedonia occidentale, duratura
gratitudine agli italiani per averli messi in grado di prevalere sugli slavi, loro storici
antagonisti. Nel 1941 gli italiani assisteranno passivamente alla pulizia etnica condotta
dagli albanesi contro serbi e montenegrini in Kosovo, in restituzione di analoghi
trattamenti subìti in precedenza, secondo le peggiori tradizioni balcaniche.
Nascita della Resistenza albanese (1941)
Latteggiamento albanese cambia con i primi
rovesci italiani nella campagna contro la Grecia e poi con lattacco tedesco
allUrss, che dà impulso allazione dei comunisti. Gli italiani non sono
riusciti a migliorare la situazione economica del paese. La ricchezza è aumentata ma
concentrandosi in poche mani. Il numero dei dipendenti statali albanesi viene triplicato
(da 6.000 a 18.000), così come in Italia il fascismo aveva fatto per aumentare consenso e
stabilità sociale, ma la miseria popolare cresce. Il governo italiano privilegia tra gli
albanesi i notabili feudali di sempre, i bey e i bajraktar.
Nel '41, dopo l'invasione nazista dell'URSS, si
uniscono tra loro alcuni piccoli gruppi armati di orientamento comunista, Enver
Hoxha ne assume la leadership immediatamente. In questo contesto l'8 novembre del
1941 nasce il Partito Laburista Albanese, strettamente collegato al partito
comunista jugoslavo: gli jugoslavi avevano bisogno di una resistenza antifascista in
Kosovo che non nascesse da gruppi partigiani Serbi (ben conoscendo lavversione degli
albanesi della regione nei confronti del dominio serbo), gli uomini di Tito erano
consapevoli che una lotta di liberazione non sarebbe stata popolare se non nella
prospettiva della conservazione dell'unità della "grande Albania". Nel programma del partito fu affermato che esso si
sarebbe impegnato per lunione di tutti gli albanesi, senza distinzione di religione,
di etnie e di idee, che avrebbe organizzato la rivolta armata contro linvasore
fascista e che avrebbe instaurato un governo democratico popolare. Il partito comunista si
avvalse dei legami con dei noti nazionalisti per presentare il suo programma e per
renderlo accetto a tutto il popolo. Organizzò, inoltre,
gruppi di combattimento che svolgevano azioni militari contro
loccupante.
La Conferenza di Peza e il
Fronte Nazionale di Liberazione (1942)
I successi raggiunti nella guerra comune del popolo
albanese contro il fascismo resero possibile la conferenza di Peza il 16
settembre 1942. Ad essa parteciparono rappresentanti delle diverse correnti politiche del
paese, ma prevalse il partito comunista guidato da Enver Hoxha. Lorganizzazione del
popolo prese il nome di Fronte Nazionale di liberazione. Questo fronte
sarebbe divenuto unorganizzazione pluralista e organi di esso, per la mobilitazione
del popolo in armi, sarebbero stati i consigli nazionali locali di liberazione. Questi
consigli furono accettati da tutti i partecipanti, ma essi non dovevano essere dominati da
un'unica forza politica. Le discussioni che furono fatte, durante la conferenza, per la
denominazione dei gruppi partigiani e per lapposizione della stella rossa sul
cappello portarono allo scontro di alcuni nazionalisti con il partito comunista. La
conferenza scelse lorgano dirigente del fronte, il consiglio comune nazionale,
composto da alcuni membri scelti dal PKSH. Le decisioni della prima conferenza furono ben
accolte dal popolo e seguirono alcune azioni militari, come quella nella città di
Scrapar, che portò alla liberazione di questo paese. Il 17 Settembre del 1942 nella
città di Tirana fu organizzata una protesta da parte delle donne.
Le divisioni tra partigiani nazionalisti e comunisti
I nazionalisti che accettarono le condizioni della
conferenza di Peze parteciparono attivamente nei combattimenti contro gli invasori.
Nonostante ciò, alcuni di loro vedevano che il PKSH tendeva a prendere la guida di tutte
le operazioni del fronte, dei consigli e dei gruppi combattenti, escludendo gli altri gruppi politici. A questo
punto, alcuni nazionalisti, non riconoscendo il Fronte nazionale di liberazione (Fronti
nacionalclirimtar), iniziarono ad organizzarsi in maniera autonoma, come unscelta
per unire tutti i ceti sociali, che non credevano nella soluzione comunista e nel novembre
1942 crearono un altro Fronte nazionale (Balli kombetar), con a capo
Mithat Frasheri. Questo fronte, nel suo programma, prevedeva una lotta per i diritti del
popolo albanese, per unAlbania libera, democratica con fondamenti sociali moderni,
per una società dove regnasse libertà di parola e di pensiero e la guerra contro gli
invasori. Questo programma fu apprezzato da gran parte della popolazione. Furono così
organizzati nuovi gruppi di combattimento a Valona, a Skrapar, a Kolonje e altrove. Si
crearono altrettanti consigli di questo nuovo fronte che, comunque, erano disponibili a
collaborare con le altre forze antifasciste, e a
creare, quindi, un organismo comune per la direzione della guerra. Questi consigli svolsero spesso delle riunioni con la presenza di
delegati del partito comunista.
La questione che separava queste forze politiche era la
posizione nei confronti delle etnie albanesi fuori dai confini dello stato (Kosovo,
Macedonia e Grecia), questione che i comunisti volevano rinviare a dopo la guerra. Una
parte della direzione del fronte nazionale non voleva combattere subito contro gli
italiani, laltra parte invece era pronta a combatterli e alcuni gruppi svolsero
azioni armate. Attraverso contatti con il partito comunista si arrivò, nel 1943 ad un
compromesso per la formazione di commissioni per
coordinare la lotta armata. Nel dicembre del 1942, valutando la lotta di liberazione del
popolo albanese, la Gran Bretagna, gli Usa e
la Russia riconobbero ufficialmente la Resistenza albanese. Questo rinforzò la fiducia
del popolo nella vittoria contro il fascismo. Nonostante ciò in quella dichiarazione
rimase imprecisata la questione dellintegrità
del territorio albanese.
La reazione delle
forze di occupazione italiana
Le forze
doccupazione italiane non stettero a guardare. Nel dicembre del 1942 appiccarono il
fuoco a centinaia di case ed effettuarono massacri contro la popolazione
del luogo, fecero altre operazioni di repressione. Il 30 dicembre il comando fascista
mandò in Mesapik più di due reggimenti militari. Aspri combattimenti si svolsero nella
cittadina di Gjorm il primo gennaio del 1943, ai quali presero parte molti partigiani
(comunisti) e ballisti (nazionalisti). I reparti italiani furono sconfitti e fu ucciso il
comandante dell'operazione, Clementis. Per rappresaglia i fascisti uccisero poi il prefetto della città di Valona.
Il 16 gennaio 1943 i partigiani della città di Korca attaccarono i fascisti a Voskopoja.
Altri combattimenti vi furono in altre parti dell'Albania nei quali persero la vita molti
militari Italiani, ma vi furono gravi perdite anche nei reggimenti partigiani Albanesi. Ci
furono molti combattimenti nella città di Valona, Selenice, Mallakaster, in Domje e altri
luoghi. Un importante e al tempo stesso molto duro combattimento vi fu a Tepelene, (la città dove lord Byron era stato
ospite di Alì Pascià, nei primi anni del 1800): anche qui persero la vita molti militari
del reggimento fascista dislocato a Valona. Il 4 luglio del 1943 il comitato del consiglio
di liberazione nazionale si posizionò nella città di Elbasan e formò qui l'organo
ufficiale dellUNCSH (esercito nazionale per la liberazione dellAlbania),
composto da 12 membri. Il 10 dello stesso mese fu creato ufficialmente l'esercito di
partigiani volontari per liberazione nazionale (UNCVP). L'esercito fu organizzato in
divisioni di reggimenti, battaglioni e gruppi di piccola portata. Vi furono in seguito a
tal evento molti attacchi contro gli invasori in molte città come ad esempio nella città
di Burrel, nel castello di Berat ed in molte altre zone del paese.
La caduta del fascismo e la rottura del fronte partigiano
In seguito alla caduta di Mussolini, nel luglio del 43,
in Albania aumentò il numero di attacchi contro gli invasori fascisti da parte di tutte
le forze politiche. Dapprima un membro del fronte di liberazione nazionale chiese
l'alleanza politica e militare con il fronte nazionale. Tale richiesta fu accordata il 9
luglio nella riunione di Mejka. Tale riunione aveva come scopo la
riunificazione delle due forze politiche albanesi per giungere a una soluzione del
problema base che preoccupava tutta la popolazione e cioè quello di combattere il nemico
invasore per giungere alla liberazione del paese. Per unirsi ambedue le parti fecero delle
concessioni l'una all'altra. Le decisioni prese furono: guerra comune ed immediata a
fianco ai grandi alleati (Inghilterra, USA e URSS) e agli altri popoli oppressi, guerra per unAlbania indipendente, libera e
democratica. La forma del governo sarebbe stata scelta dal popolo dopo la fine della
guerra. Inoltre si voleva creare un organo comune chiamato Comitato per la salvezza
dellAlbania, il quale avrebbe
guidato la guerra e il paese fino alla formazione di un governo regolare in seguito ad
elezioni generali, subito dopo la fine della guerra. La formazione di questo comitato
pluralistico con sei rappresentanti per parte fu
giudicata come la scelta più adeguata per lunione e lorganizzazione delle
forze politiche albanesi in guerra. Lentusiasmo di questaccordo storico però
svanì molto presto perché in agosto Enver
Hoxha, sotto linfluenza di emissari
jugoslavi, lo rifiutò denunciandolo come inaccettabile. I comunisti, in particolare, non
accolsero la proposta di Balli Kombetar di indire nel Kosovo, una volte deposte le
armi, un plebiscito sul futuro della regione. Da allora la presenza jugoslava in Albania
si fece ancor più consistente, mentre le divisioni scoppiate nel movimento Balli
Kombetar spinsero questa organizzazione in parte a fianco dei Tedeschi e in parte a
battersi, con l'aiuto dei clan Gheg del Nord, per il ritorno di re Zog. Al contrario, i
comunisti presero slancio, diventando presto la forza egemone nella lotta antinazista
La situazione dopo l'armistizio
italiano (8 settembre 1943)
Le
disfatte che subì lesercito italiano su tutti i fronti della guerra, soprattutto
dal momento dello sbarco delle forze anglo-americane in Sicilia, portarono lItalia verso la capitolazione che
fu annunciata l8 settembre del 1943. Secondo laccordo dellarmistizio la
IX Armata italiana, stanziata in Albania avrebbe dovuto cessare le azioni militari e
consegnare le armi alla Resistenza albanese, riconosciuta ufficialmente dagli Alleati. Il
comandante in capo, Renzo Dalmazo, residente a Tirana, non accettò e ordinò alle sue
truppe di arrendersi soltanto alle truppe tedesche. Quindici mila soldati, in maggioranza
della divisione Firenze, non accettarono ad arrendersi ai nazisti, 1500 di questi si aggregarono allesercito
per la liberazione nazionale albanese formando il battaglione Antonio Gramsci.
Gli altri si rifugiarono nelle zone liberate dove ricevettero unospitalità molto
calorosa da parte dei contadini albanesi. Il popolo albanese seppe fare la distinzione tra
i semplici soldati e i fascisti veri e propri.
La Resistenza degli
Italiani contro i tedeschi in Albania (1943)
La rottura con Tito, l'amicizia con Stalin (1946-1948)
Sconfitte le truppe di occupazione e portata a termine la lotta per liberazione,
alla guida della quale aveva prevalso il partito comunista, l11 gennaio 1946 nasce
la Repubblica Popolare Albanese sul modello di quella Sovietica. Koci Xoxe, uomo di Tito in Albania, si prepara a prendere il posto di
Hoxha, che è stato nominato capo del Governo. Il trattato di amicizia Jugoslavo-Albanese del luglio '46 sancisce in
modo inequivocabile la sudditanza albanese nei confronti dei potenti vicini: viene imposto
nelle scuole lo studio della lingua serba e si formano delle società miste controllate
dagli jugoslavi per lo sfruttamento delle materie prime albanesi. Il processo di
integrazione alla federazione jugoslava viene però interrotto nel '48 dalla rottura dei
rapporti tra Tito e Stalin. LAlbania, schierandosi con una URSS nemica di Tito,
riesce a riacquistare la sua autonomia rispetto alla Jugoslavia.
La dittatura comunista di Enver Hoxha si basò su di uneconomia
centralizzata a piani quinquennali, tipica dei Soviet e portò all'isolamento del
paese.
per approfondire:
Biografia Enver Hoxha
La Resistenza dei militari
italiani in Albania (anpi.it)
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