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La Resistenza in Europa

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pallanimred.gif (323 byte) Biografia di Tito

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Pseudonimo di Josip Broz (Kumrovec, Croazia 1892 - Lubiana 1980), uomo politico di origine croata, presidente della Iugoslavia. Nato in un villaggio croato ai confini con la Slovenia, da una famiglia contadina, fino all'età della chiamata alle armi si arrangia facendo molti mestieri, dal cameriere, al fabbro, per finire col meccanico.
Durante la prima guerra mondiale arruolato in un reggimento croato, nelle file dell'esercito austro-ungarico, si guadagna subito i gradi di sergente maggiore. La mattina di Pasqua del 1915 si trova in trincea nei Carpazi. Attaccato e ferito viene, paradossalmente, soccorso da militari russi, che lo trasportano nelle retrovie, nel governatorato del Kasan. Durante la lunga convalescenza, il giovane Josip apprende che a Pietrogrado è scoppiata la rivoluzione sovietica: è come la folgorazione sulla via di Damasco. Parte per Mosca, si arruola nelle guardie rosse e viene anche arrestato. In Russia rimane tre anni. Tornato in Croazia (divenuta parte del regno di Serbia, Croazia e Slovenia, in seguito regno di Iugoslavia, e governata da una monarchia, quella del Karadjordjevic, che instaura nel paese un vero e proprio clima di restaurazione), partecipa all'organizzazione clandestina del Partito comunista. Dopo aver scontato una condanna in carcere (1928-1934) e avere assunto lo pseudonimo di Tito, va a Mosca a lavorare per il Comintern, il futuro Cominform, e poi si trasferisce a Parigi.
Rimandato nel 1937 in Iugoslavia per epurare la locale Lega dei comunisti, Tito è in quel periodo fedele sostenitore della politica del Comintern e critica la dominazione serba sulle altre etnie iugoslave. Quando nel 1941 la Germania e l'Italia invadono i Balcani, crea una forza di resistenza partigiana interamente iugoslava, con un esercito di centocinquantamila uomini che si batte contro gli occupanti nazisti e i loro alleati fascisti della Croazia, gli ustascia di Ante Paveliç. Nel 1942 istituisce un governo provvisorio a maggioranza comunista, che lo porta a scontrarsi con i cetnici, un movimento di resistenza serba che lotta per la restaurazione della monarchia. Dopo alcuni vani tentativi per riconciliare i gruppi rivali, nel 1944 gli Alleati dannoo il proprio appoggio a Tito, che riesce a respingere le forze nemiche fino in Austria e a occupare l'Istria.
Finita la guerra, Tito si sbarazza della monarchia, reprime il nazionalismo croato, e si appropria dell'Istria italiana. Una vicenda dolorosa, quella della spartizione della penisola, con migliaia di profughi che devono lasciare le loro case, mentre quelli che restano sono spesso vittime di sanguinose faide (le "foibe"). Poi riunisce sotto il proprio governo tutto il paese (pur riconoscendo le etnie regionali), senza indire un referendum che scelga tra la restaurazione della monarchia o la costituzione della repubblica, instaurando così una dittatura fondata su un partito unico.
Agli inizi fedele seguace di Josif Stalin, quando il leader sovietico critica alcune sue decisioni Tito respinge qualsiasi ingerenza esterna nella sua linea politica. Come conseguenza, nel 1948, la Lega dei comunisti iugoslavi viene espulsa dal Cominform; Tito allora, invece di adeguarsi, sceglie la resistenza, propugnando una "via nazionale al socialismo" che si fonda su forme di autogestione nelle industrie, nuovi programmi economici più liberisti e un parziale decentramento del potere governativo (primo passo verso le spinte nazionalistiche che sarebbero in seguito emerse all'interno delle repubbliche). Negli anni Sessanta, Tito si unisce ad alcuni leader dell'Africa e dell'Asia per promuovere il concetto politico di "non allineamento", ossia una posizione di neutralità nei confronti dei due blocchi, quello sovietico del patto di Varsavia e quello nordamericano della NATO.
Una parziale riconciliazione con l'Unione Sovietica (1955) accresce ulteriormente il prestigio di Tito sia in patria sia all'estero. Egli appoggia la politica sovietica di distensione con l'Occidente, ma protesta contro l'invasione dell'Ungheria (1956) e della Cecoslovacchia (1968) e l'intervento in Afghanistan (1979). La sua linea politica e la parziale autonomia conservata nei confronti dell'URSS influenzano la sfida che, negli anni successivi, Cina, Albania e i paesi europei del blocco comunista lanciano all'Unione Sovietica.
Dopo la sua morte, le tendenze separatiste e nazionalistiche tra le repubbliche rivali, che il suo governo e il suo carisma personale erano sempre riusciti a contenere, si inaspriscono tragicamente e danno origine alla sanguinosa guerra civile (1991-1995) che determina il disfacimento della Federazione iugoslava.

(biografia tratta in gran parte da "Enciclopedia microsoft encarta 2001")


  

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