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La Resistenza in Germania
la Rosa Bianca (die weisse
rose)
Noi non
taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza; la Rosa Bianca non vi darà
pace. |
Nella
Resistenza tedesca, spicca la presa di coscienza culturale e morale di quel gruppo di
giovani bavaresi della "Weisse Rose", la Rosa Bianca, che nel
'42-'43, a Monaco, oppongono una straordinaria resistenza non violenta al nazismo, negli
anni della guerra, in condizioni difficilissime, in nome della libertà e per una Germania
federale in un'Europa federale, diffondendo volantini e svolgendo un'intensa attività
antinazista.
Quindici membri della Rosa Bianca saranno condannati a morte, altri trentotto incarcerati.
Guidano il gruppo due fratelli di vent'anni, Hans (24 anni) e Sophie
Scholl (21 anni): sorpresi a gettare volantini antinazisti all'università di
Monaco il 18 febbraio del '43, furono arrestati.
La notte dello stesso 18 febbraio fu arrestato anche un altro membro del
gruppo, Willi Graf (25 anni). Si racconta che fu lui stesso a
costituirsi. Imprigionarono anche la sorella. Anneliese. Il giorno dopo toccò ad un altro
studente del gruppo, Christoph Probst (23 anni, sposato, padre di tre
figli). Quattro giorni dopo, il 22 febbraio, Hans, Sophie e Christoph furono condannati a
morte per decapitazione. Furono ghigliottinati appena tre ore dopo la sentenza. Alexander
Schmorell (25 anni), chera riuscito a fuggire (aveva perfino tentato di
espatriare in Svizzera) e sulla cui testa fu posta una taglia con pubblicazione su un
giornale locale, fu arrestato dopo sei giorni: il 24 febbraio 1943.
Infine venerdì 26 febbraio fu arrestato anche il professor Kurt Huber,
cinquantenne, professore straordinario di filosofia e incaricato di psicologia
sperimentale e applicata, nonchè professore in scienza musicale e in canto popolare.
In un nuovo processo del 19 aprile 1943, furono processate una decina
di persone. Oltre a varie condanne a pene detentive, si ebbero altre tre condanne a morte
riguardanti Schmorell, Graf e il professor Huber. Schmorell e Huber furono ghigliottinati
il 13 luglio 1943. Graf tre mesi dopo, il 12 ottobre 1943.
«Noi affermavamo - dirà Franz Josef Müller, un membro della Rosa
Bianca scampato alla morte -che il nazionalismo e il centralismo tedeschi erano stati il
presupposto per il nazionalsocialismo e la sua guerra. Uno dei nostri convincimenti più
importanti era infatti quello che gli stati nazionali mettessero a rischio il futuro
dell'Europa se nazionalisti e militaristi. Bisognava trovare altre soluzioni». E la
soluzione la troveranno nel federalismo. A vent'anni avevano capito che solo una società
organizzata politicamente in stato federale, con più centri di potere diffusi sul
territorio, impedisce l'assolutismo totalitario e il militarismo. Avevano capito che
accentramento del potere e controllo dell'economia conducono inevitabilmente a soluzioni
autoritarie. Uno dei loro volantini diceva: «Ogni potere centralizzato, come quello che
lo stato prussiano ha cercato di instaurare in Germania e in Europa deve essere soffocato
sul nascere. La Germania futura potrà unicamente essere una federazione. Solo un sano
ordinamento federalista può oggi ancora riempire di nuova vita l'Europa indebolita». Lo
stesso Müller ricordato più sopra, qualche anno fa notava che la speranza federalista
dei giovani della Rosa Bianca si era realizzata: «La Germania ha molte regioni, oggi la
Germania ha quindici Länder, in parte autonomi: la Baviera, ad esempio, è autonoma a tal
punto da poter essere costituzionalmente autorizzata ad uscire dalla federazione
germanica. Questo federalismo è per noi tedeschi, ma io credo per tutta l'Europa, la più
importante garanzia che queste spaventose guerre e conflitti nazionalisti che ha avuto il
passato non si ripetano».
LA CITTÀ LIBERA DI ULM
Il regime nazista era d'altra parte nato in feroce contrapposizione a ogni autonomia
locale e rappresentava l'ultima fase dell'accentramento dello stato, iniziato con
l'unificazione tedesca. Era stata la deposizione illegale del democratico governo della
Prussia da parte del governo centrale nel 1932 che aveva spianato la strada ai nazisti.
Questi poi, raggiunto il potere, avevano immediatamente tolto ogni autonomia ai Länder,
prima imponendo un coordinamento, poi sopprimendoli del tutto. Il rifiuto del centralismo
dei ragazzi di Monaco era un rifiuto alla Prussia e a Berlino e forse - pensa lo stesso
Müller - è da ascriversi a quel centro di spiritualità libera e liberale che era Ulm,
dove gli Scholl avevano fatto gli studi classici e che ha ospitato gruppi di resistenza
fino al 1944. Ulm è stata città libera fino al 1806 e questo ricordo di libertà la
opponeva al centralismo prussiano e a Berlino. A Ulm tre sacerdoti cattolici, in una
città a prevalenza protestante, avevano cominciato a raccogliere attorno a sé un gruppo
di circa 20 studenti che si riuniva, la sera, di nascosto, a leggere Goethe, Schiller,
Hoelderling, Thomas Mann, Lessing, e le opere che il nazismo aveva proibito.
Al ginnasio gli studenti traducevano i dialoghi giovanili di Platone e condividevano la
tesi di Socrate: «Quello che avvantaggia lo stato non sempre è moralmente giusto».
L'esatto contrario di quanto sosteneva la propaganda nazista. L'esperienza nella
"Hitlerjugend", l'organizzazione giovanile nazista, sarà solo negativa e le
punizioni corporali inflitte ai ragazzi aumentano in loro l'ostilità verso il regime.
Soppressa, con la guerra, la Hitlerjugend il gruppo decide la resistenza organizzata al
nazismo.
«OGNUNO È COLPEVOLE»
L'opposizione al regime, in Germania, era estremamente difficile, ma c'è stata e
di dimensioni imponenti. I nazionalisti italiani lo negano per accreditare l'immagine
razzista di un popolo tedesco acquiescente di natura a qualunque dittatura, ma i
nazionalsocialisti ed i loro alleati uccisero più di 130.000 tedeschi, rinchiusero
centinaia di migliaia di persone nei campi di concentramento o nelle carceri. Sottoposero
ad interrogatori della Gestapo, la famigerata polizia segreta, più di un milione di
persone, sui 66 milioni di abitanti della Germania di allora. I ragazzi della Rosa Bianca
condividevano un nucleo di valori legati a un cristianesimo radicale e all'insopportabile
pretesa omologatoria del regime opponevano l'arte, la musica, l'amicizia, il dialogo.
All'università avevano cominciato a diffondere un piccolo foglio clandestino,
"Windlicht", la Lanterna, con saggi letterari e storici, in opposizione alla
cultura del regime. Passano poi ai volantini, ciclostilati in poche centinaia di copie,
che spediscono in buste bianche affrancate a indirizzi presi dall'elenco del telefono.
Inondano di scritte murali antinaziste i muri dell'università e della città vecchia.
Unico adulto del gruppo, il professor Huber, cinquantenne insegnante di filosofia e
musicologia, che condividerà fino alla morte la sorte degli studenti. Di fronte alla
violenza dello stato la Rosa Bianca invoca il ripristino della legalità, con un appello
non violento alla coscienza del popolo: «Ognuno vuol liberarsi di questa complicità, -
dice un volantino - ciascuno cerca di farlo ma poi ricade nel sonno con la più grande
tranquillità di coscienza. Ma non può scagionarsi: ciascuno è colpevole, colpevole,
colpevole!». Intendevano partire dal basso, riscoprire il valore della libertà partendo
dal basso: «Ogni individuo è stato chiuso in una prigione spirituale mediante una
violenza lenta, ingannatrice e sistematica; e soltanto quando si è trovato ridotto in
catene, si è accorto della propria sventura».
IL DIRITTO ALLA LIBERTÀ
Erano appelli alla resistenza passiva, resistenza in nome dei valori dell'Europa
cristiana: «Ogni singolo, cosciente della propria responsabilità come membro della
cultura cristiana ed occidentale, deve coscientemente difendersi con ogni sua forza,
opporsi in quest'ultima ora al flagello dell'umanità, al fascismo e ad ogni sistema
simile di stato assoluto. Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate». Erano
minoranza ma erano convinti che una minoranza assolutamente coerente con gli ideali che
professa può fare breccia nella maggioranza silenziosa e indifferente o allineata al
regime. Non era la purezza ideologica da tramandare ai posteri il loro obiettivo ma il
progetto di lotta. Per questo ricercavano collegamenti e intese con gli altri gruppi della
resistenza, anche lontani ideologicamente. Per questo non hanno esitato a cambiare nome:
gli ultimi volantini non sono più firmati col nome bello e romantico di Rosa Bianca ma
con quello di Movimento di Resistenza in Germania.
Respingevano gli ambigui ideali patriottici, volevano riaffermare il primato della
persona, il principio di responsabilità, il diritto inalienabile alla libertà. Il
"patriota" von Stauffemberg, l'attentatore di Hitler, è morto gridando
"Viva la Santa Germania". L'ultima parola di Hams Sholl, prima di essere
ghigliottinato, è stata "Freiheit", libertà.
(tratto in gran parte dal saggio "Quando
la libertà è una Rosa Bianca", di Giorgio Garbolino Boot, dal sito del prclongo)
per approfondire:
Il Seme della resistenza della Rosa Bianca (dal sito prclongo)
"La
Rosa Bianca" Sito dedicato all'omonimo movimento della resistenza
tedesca, a cura di Aldo Fiorenza |