La Resistenza all'Estero
La difesa di Lero
novembre 1943
La strenua resistenza di Cefalonia
favorì in qualche modo la difesa di Lero, un'isola del Dodecaneso che, a differenza di
Rodi, non aveva subito capitolato. A Lero nel
settembre dei 1943 c'erano 8000 soldati e 2000 marinai.
L'isola, conquistata nel 1912 nel
corso della guerra contro la Turchia, era italiana da circa trent'anni. Collocata in una importante posizione strategica,
rappresentava un potenziale pericolo per i tedeschi i quali, il 13 settembre, offrirono
«condizioni onorevoli» al suo comandante, ammiraglio Luigi Mascherpa. L'offerta fu respinta e gli italiani si
prepararono alla difesa. Intanto, lo stesso
giorno era giunta a Lero una missione inglese. Recava
un messaggio di Hemy Maitland Wilson, comandante in capo alleato per il Medio Oriente, nel
quale si informava l'ammiraglio Mascherpa che gli Alleati «contavano» sul presidio
italiano per la difesa dell'isola contro eventuali tentativi di sbarco tedeschi, e si
prometteva in aiuto l'invio di uomini e di mezzi.
Il 16, 17 e 20 settembre quasi un
migliaio di soldati inglesi erano sbarcati a Lero e avevano posto il loro comando ad
Alinda, nella zona centrale.
L'attacco decisivo ebbe inizio il 6
novembre. Il comando tedesco era convinto che
i difensori dell'isola fossero ormai allo stremo. Inoltre
aveva comunicato ai soldati italiani che se avessero continuato la resistenza sarebbero
stati considerati partigiani e passati per le armi una volta catturati.
Alle 12,30 del 15 novembre i tedeschi
offrirono a Mascherpa la vita dei superstiti «partigiani di Badoglio» se si fosse arreso
immediatamente. L'ammiraglio italiano
rifiutò. Ma cinque ore più tardi Tulmey si
arrendeva. I combattimenti di Lero cessarono
completamente soltanto la mattina del 17 novembre. Nonostante
l'intercessione di Tulmey, i tedeschi massacrarono decine di ufficiali e soldati italiani.
Per i superstiti italiani ci fu l'internamento nei campi di concentramento tedeschi. Diversa e più tragica fu invece la sorte
dell'ammiraglio Mascherpa e dell'ammiraglio Inigo Campioni, comandante superiore in Egeo.
Consegnati alla Repubblica sociale
italiana i due ufficiali saranno condannati a morte e fucilati a Parma il 24 maggio 1944.
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