La liberazione dei
prigionieri politici dalle carceri di S.Giovanni in Monte
Dodici gappisti divisi in tre gruppi: uno formato da quattro presunti " ribelli
prigionieri"; un altro formato da tre giovani in divisa tedesca: gli altri cinque in
divisa fascista giunsero nella piazzetta posta d'avanti alle carceri alle ore 22 del 9
agosto 1944, a bordo di due auto Fiat 1100. Quelli in divisa, con fare energico, fecero
scendere " i prigionieri " esibendo minacciosamente le armi e urlando ordini
secchi. Un partigiano in divisa da ufficiale tedesco e uno in divisa fascista imposero ai
custodi di aprire il portone e di associare i " prigionieri al carcere. Appena aperto
il portone i " prigionieri" furono sospinti all'interno e qui giunti tutti
insieme, con grande rapidità, i gappisti, immobilizzarono gli addetti al corpo di
guardia, li disarmarono, tagliarono i fili telefonici, poi si fecero consegnare le chiavi
delle sezioni e delle celle e non avendo, ovviamente, il tempo di selezionare i
prigionieri, aprirono tutte le celle creando una gran confusione funzionale ai fini
dell'operazione. I politici in parte rientrarono autonomamente alle loro basi e in parte
rientrarono assieme ai gappisti che avevano condotto l'operazione. In campo fascista,
seppure l'allarme fosse arrivato dal telefono della sezione femminile del carcere non
disattivato, tanto alla Questura che al comando delle brigate nere, nessuno si mosse prima
di due ore. Si disse che l'operazione era stata compiuta da più di 50 " ribelli
" .
I due attacchi all'Hotel Baglioni
La notte del 29 settembre 1944 si svolse il primo attacco, non
completamente riuscito, all'hotel Baglioni, luogo durante il periodo della Repubblica di
salò delle attività mondane delle massime autorità naziste. Il " commandos "
era composto da sei gappisti e il loro piano prevedeva l'eliminazione delle guardie
all'entrata dell'albergo, un attacco di sorpresa nelle sala delle feste e la deposizione
di una cassa di tritolo da fare esplodere al momento dell'uscita. Giunti al portone
d'ingresso due gappisti, in divisa tedesca, si fecero aprire il portone, sospinsero un
cameriere e il portiere all'esterno eliminarono le guardie mentre gli altri gappisti
deponevano l'esplosivo all'interno e poi tutti assieme aprirono un fuoco infernale con le
armi automatiche verso la sala dove era in corso una festa danzante in onore del
maresciallo delle SS Christian Knorr, uno dei " liberatori " di Mussolini al
Gran Sasso. Data la rapidità dell'operazione i tedeschi non ebbero il tempo di reagire. I
gappisti saliti su delle auto si avviarono verso la stazione aspettando il " botto
" che purtroppo non vi fu. Ritornare sul luogo per riaccendere la miccia sarebbe
stata una follia, ma appena rientrati alla base fu subito progettato un nuovo attacco che
verrà attuato la notte del 18 ottobre 1944.Infatti, attorno all'una di notte a bordo di
un auto militare, sei gappisti in divisa tedesca e fascista scesero a motore spento verso
il Baglioni e giunti nei pressi dell'albergo notarono nell'oscurità la presenza di una
ronda tedesca che si accingeva a svoltare in una via adiacente. Era il momento buono per
l'azione. Attesero un attimo e collocarono al posto giusto una cassa di tritolo e accesero
le micce poi via di corsa sull'auto dopo pochi secondi ci fu l'esplosione. La parte
centrale dell'edificio crollò e il commando tedesco cambiò residenza.
L'attacco alla Polveriera e Armeria di "Villa Contri"
Poco prima di mezzanotte del 20 settembre due gappisti si
presentarono al cancello d'ingresso della polveriera e armeria tentarono di disarmare i
militi di guardia ma questi reagirono e furono eliminati. Avendo quindi via libera verso
l'armeria caricarono in un camion armi, munizioni ed esplosivi, accesero una miccia
collegata a un deposito di esplosivi e si diressero all'esterno attendendo il botto che,
anche in questo caso non vi fu. Qualcosa si era inceppato e allora i due partigiani,
nonostante un notevole concentramento di forze nemiche accorse dopo la sparatoria,
approfittando della confusione, rientrarono nell'armeria ritrovarono la miccia l'accesero
e via di corsa. L'esplosione fu enorme tutto l'impianto saltò in aria illuminando a
giorno la zona e in parte della città e non fu un solo grande botto ma le esplosioni
continuarono per tutta la notte e anche il giorno seguente, fu anche dato il segnale di
all'arme aereo ritenendo che ci fosse un attacco aereo in corso.Il camion carico di
esplosivi e di armi era stato occultato nel parco alberato di una casa non molto lontana
dal luogo dell'azione. Il comandante del distaccamento in men che si dica con un
camioncino porto sul luogo una decina di gappisti che tra varie peripezie riuscirono a
recuperare il camion e alle due di notte il prezioso carico era a destinazione.
La Battaglia di Porta Lame (7 novembre 1944)
Siamo alle soglie dell'autunno 1944, gli alleati hanno già
sfondato la" linea gotica".In data 13 ottobre giungeva al CUMER (
Commando Unici Militare Emilia Romagna ) un rapporto in cui era scritto che: " La
5° Armata ha inviato una direttiva ai partigiani dell'area Bolognese di entrare in
città, e di aspettare con cautela fintanto che essi non ricevono un segnale di bloccare
tutti gli accessi al nemico dentro alla città. Il segnale per l'azione sarà dato da un
aereo in volo sopra alla città " Nel quadro di questa direttiva fatta propria da
CUMER i distaccamenti della 7° Gap si concentrarono, il grosso nei sotterranei
dell'ospedale maggiore distrutto dai bombardamenti alleati, e una parte in uno stabile
presso il vicolo del macello lontano alcune centinaia di metri dalla base dell'ospedale
maggiore.Alle 6,15 del 7 novembre scoperta la base di via del macello da parte dei
tedeschi cominciò la Battaglia di porta Lame..Localizzata " la base"
gappista, i tedeschi e fascisti furono da quel momento in grado di predisporre un piano di
attacco coordinato, spostando e restringendo il perimetro d'azione, piazzando armi a tiro
lungo, ( mortai, pezzi da 88 mm ecc )in più luoghi utili e protetti. Alle 17 la "
base non era ancora stata espugnata e prevedendo che l'ormai vicina oscurità avrebbe
favorito un tentativo di " sganciamento " dei partigiani fu fatto entrare in
azione un carro armata " tigre" fatto giungere dal non lontano fronte. Ma i
gappisti si erano già"sgangiati " portandosi a spalla i feriti ripiegarono
secondo un piano predisposto verso altre basi. Erano circa le 18 e dopo più di dieci ore
di combattimento il nemico occupava la base di via del macello trovandosi con un pugno di
mosche in mano. Fu proprio in quel momento che il comandante del CUMER chiamò in campo le
formazioni gappiste insediate tra le rovine dell'ospedale maggiore, aprendo quella che fu
la seconda fase della battaglia di Porta Lame. Seguendo le direttrici di un piano tattico
predisposto a questo fine i vari distaccamenti circondarono il grosso delle forze nemiche
che si erano concentrate attorno al cassero di Porta Lame. Il fattore sorpresa si aggiunse
come elemento determinante alla rapidità di un attacco simultaneo che non consentì
alcuna reazione ordinata. Fu proprio in quel luogo a Porta Lame dove le brigate nere, la
polizia d'assalto e i tedeschi subirono le perdite maggiori. L'importanza e il significato
della battaglia di Porta Lame, ritenuta una di quelle più significative tra quelle
combattute nell'interno di grandi centri urbani europei,non poteva sfuggire ai commandi
del risorto esercito Italiano e agli Alleati. Un vivo elogio fu espresso dallo Stato
maggiore Italiano e da quello alleato. Dopo porta Lame la lotta armata in città mutò
tecnica e indirizzi, ma non mutò di intensità, procedendo con azioni rapide e mirate su
precisi obbiettivi, compiute da gappisti ma molte " carte " con la mancata
insurrezione purtroppo erano state scoperte e le infiltrazioni di agenti di polizia e
alcune delazioni furono devastanti nei seguenti sei mesi di lotta e forti furono le
perdite nei reparti della 7° Gap. Le azione sopra descritte della 7° gap sono le più
significative ma non furono le sole, infatti centinaia di altre azioni furono eseguite dai
gappisti e molte pubblicazioni ne hanno riportato i vari momenti.