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La Resistenza nel Centro
Gianluca Spinola e la piccola banda di
Ariano
Gianluca Spinola, nato a Roma il 23 dicembre 1919, dal marchese Luigi e
dalla contessa Luisa Elia, apparteneva al ramo romano degli Spinola, una antica ed
illustre casata nobiliare di origine genovese e dal lato materno agli Elia, nobile e
facoltosa famiglia piemontese. Compiuti gli studi liceali fu arruolato nell'Arma di
Cavalleria, prima alla scuola di Pinerolo e poi nel Reggimento Guide, a Parma, con il
grado di tenente. Di carattere forte e generoso aborriva la mollezza e l'opportunismo e
nella tragedia della guerra scelse sempre di essere in prima linea, al pari del più umile
soldato. Impaziente di andare al fronte fece domanda per essere mandato in Africa: fu
arruolato negli Squadroni Spahis sulla frontiera tunisina e, dopo, combatté sul fronte
cirenaico negli squadroni corazzati. Rimpatriato a seguito di una grave malattia, fu
assegnato ai Reparti corazzati della scuola di Civitavecchia. La proclamazione
dell'Armistizio lo colse nei pressi di Firenze. Lo sfacelo dell'esercito e l'invasione
dell'Italia da parte delle forze armate tedesche provocarono in Gianluca una generosa
reazione. Egli si sentì moralmente impegnato a non restare passivo e, come estremo
sacrificio, a dare la sua giovane vita per "salvare l'onore della Patria".
Nell'anno 1949, in occasione della commemorazione del quinto anniversario della morte, il
professor Bartolomeo Dal Cerro, già insegnante di Gianluca al Liceo Tasso di Roma,
scrive:
...con la sua autoblinda si diede a percorrere le strade della bassa
Val di Sieve, tendendo imboscate ai tedeschi che transitavano per la via Aretina. Le sue
azioni ben presto si resero largamente note e il suo nome era sulla bocca di molti.
Data la vicinanza del teatro di guerra con l'abitazione ove si trovava
sfollata la sua giovane sposa, per non esporla a temute rappresaglie nazifasciste, decise
di trasferirsi presso Volterra, ad Ariano, nella villa che la famiglia Elia-Formigli vi
possedeva fin dalla fine degli anni Trenta, e che era al centro della vastissima tenuta
agricola Ariano-Casette, comprendente diciotto grandi poderi. Probabilmente lo accompagnò
suo cugino Franco Stucchi Prinetti e lo raggiunsero, in date successive, due ex militari
sardi, con i quali costituì, di fatto, una banda partigiana che
...seguitò a molestare e danneggiare il nemico, entrò in relazione
coi componenti il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) e vagò da un luogo
all'altro, portando viveri, munizioni, materiale recuperato dai lanci alleati, per
alimentare la Resistenza e la lotta anti-tedesca.
Gianluca venne a conoscenza che la sua presenza nel volterrano era
stata individuata dal nemico, ma, nonostante fosse diventato padre di una bambina che
adorava, e che sapesse di un'altra gravidanza della moglie Maria Concetta Giuntini, non
abbandonò, anzi intensificò la lotta, mettendosi in stretto contatto coi partigiani
delle Brigate Garibaldi "Spartaco Lavagnini" e "Guido Boscaglia",
operanti nella zona montuosa compresa tra Colle Val d'Elsa, Volterra e Pomarance,
dedicandosi a pericolosi atti di sabotaggio ai ponti della strada statale N. 68,
Volterra-Colle Val d'Elsa, ove transitavano ingenti truppe tedesche in ritirata. Alle ore
21 del 12 giugno 1944, insieme con altri partigiani della sua "banda": Vittorio
Vargiu e Francesco Piredda, rispettivamente ex attendente ed ex sottufficiale dello
Spinola, il cugino Franco Stucchi Prinetti, una guardia campestre della Tenuta di Ariano,
Bruno Cappelletti e Basilio Aruffo, uscì dalla fattoria avviandosi con un camioncino
sulla strada provinciale. Percorrendo il viale ombreggiato dai pini secolari Gianluca e i
suoi compagni avranno ammirato, ancora una volta, la dolcezza di quella immensa campagna e
di quei monti lontani segnati dalle bianche colonne di vapore dei soffioni di Larderello,
che si stagliavano nella luce del tramonto, non certo presaghi che proprio là, tra quei
monti, dopo poche ore, avrebbero trovato la morte. Lattacco ad una colonna
motorizzata tedesca causò ingenti perdite al nemico, ma quattro partigiani furono
intercettati, arrestati, torturati nel tetro carcere del "Mastio" di Volterra,
poi portati in incognito a Castelnuovo di Val di Cecina e, il 14 giugno 1944, il fatale
giorno della fucilazione dei 77 minatori di Niccioleta, fucilati e abbandonati
irriconoscibili sul terreno.
Per anni sulle loro tombe cè stato il semplice cartiglio
"Partigiano sconosciuto", poi lentamente la vicenda è venuta alla luce, ma
ancora oggi non tutti i particolari, sono stati chiariti. Notizie sulla vita e sulla
personalità di Gianluca Spinola e di suo cugino Franco Stucchi Prinetti ci sono fornite
da uneccezionale e intensa testimonianza del cognato, N.H. Francesco Giuntini
Antinori, della quale riportiamo alcuni brani:
...Mia sorella, Maria Concetta Giuntini, nata nel 1921, detta
affettuosamente Bebe, aveva sposato Gianluca Spinola. La famiglia di Luisa Elia, madre di
Gianluca Spinola, era azionista delle Officine Pignone SpA di Firenze, mentre gli Spinola
appartenevano alla antica nobiltà romana, ed erano i discendenti dell'omonima illustre
casata genovese. Gli Elia e gli Spinola possedevano a quei tempi una ricchezza
incredibile. Ad un certo punto vendettero le azioni del Pignone e investirono i capitali
soprattutto in tenute agricole e comprarono anche la fattoria di Ariano-Casette a Volterra
che apparteneva alla Società Immobiliare Cerere, ottenendo importanti premi per la
moderna conduzione aziendale...Mia sorella, pur essendo di grande intelligenza, non aveva
voglia di studiare e interruppe gli studi dopo la prima o seconda liceo! Quindi si
iscrisse al The British Institute per apprendere la lingua inglese... A quel momento
scoppiò la guerra mondiale e lei si arruolò come crocerossina all'Ospedale Militare di
San Gallo a Firenze. Durante una breve vacanza invernale a Cortina, conobbe Gianluca.
Ritornata a Firenze cominciò di nuovo a fare la crocerossina e lo Spinola veniva sempre
col treno a farle la corte, era un giovane molto esuberante, non c'è dubbio! Sposarono a
Firenze il 16 gennaio 1943 e dopo un breve soggiorno a Civitavecchia, dove trascorsero la
luna di miele, Gianluca partì con le truppe per l'Africa...Con la partenza del marito,
Maria Concetta venne a Firenze e si stabilì nella casa paterna dove, al rientro
dall'Africa, anche Gianluca la raggiunse. Era un ufficiale con molta libertà di
movimento. Dal 20 luglio 1943 prese la residenza nel Comune di Rufina, a Selvapiana, e
allo scioglimento dell'esercito lasciò la divisa militare e si trasferì in Val di Sieve
con un carro armato, o un mezzo blindato, che teneva vicino all'Arno. Un giorno mia madre
chiamò suo genero e gli disse: "Senti, Gianluca, non compiere queste azioni
pericolose, io sono vedova e molto malata, tua moglie è incinta, non ci esporre a
rappresaglie...", e così lui andò verso Ariano a Volterra. Aveva con se i suoi
fidati amici Basilio Aruffo (più tardi lo raggiunsero i commilitoni Vargiu e Piredda), il
nostro precettore, ed in particolare, suo cugino Franco Stucchi Prinetti, un bellissimo
giovane, figlio di Andrea, proprietario della tenuta di Badia a Coltibuono a Gaiole in
Chianti. Andrea Stucchi Prinetti, il padre di Franco, aveva sposato la sorella minore di
mio padre, Maria Luisa Giuntini che io amavo immensamente. Purtroppo di Franco Stucchi
Prinetti, per volontà della madre, non è stata volutamente conservata nessuna
documentazione, né scritta né fotografica. La tragica vita di Maria Luisa è
contrassegnata dalla morte di due giovani figli e dall'internamento nel campo di
Mauthausen del terzo, Piero, dirigente della Resistenza a Milano, che fu uno dei pochi
italiani sopravvissuti. Quando gli Alleati liberarono il campo di concentramento, lui si
fece la fotografia mettendosi dietro, perché non aveva nemmeno un paio di mutande!
Ritornò a Firenze e si è laureato in ingegneria diventando il titolare della Minnesota
Company di Milano, guadagnava grandi somme, poi è stato direttore amministrativo del
Corriere della Sera...ora, poverino, non parla più per il morbo di Alzaimer...ed i suoi
quattro figli non possiedono memorie. La primogenita di Gianluca Spinola, Franca, nacque a
Firenze l'11 novembre 1943, la seconda figlia, Anna, a Firenze il 15 gennaio 1945. Esse si
trasferirono definitivamente, con la madre, da Rufina a Roma, il 18 marzo 194724. Noi
allora eravamo sfollati tutti qui a Selvapiana, una proprietà dei Giuntini, i discendenti
del grande banchiere Michele, uno degli uomini più ricchi del suo tempo, ed io sono la
quinta generazione...e a Selvapiana venne anche Maria Concetta con la bambina. Le famiglie
Giuntini, Spinola, Formigli, Antinori, Stucchi Prinetti erano tutte antifasciste. Mio zio,
il marchese Amerigo Antinori fu catturato dalle SS e si salvò miracolosamente. Lo
portarono in una scuola in via Palazzuolo con altri detenuti politici. Vide un telefono e
fece il numero di casa. Disse ad "Emiliuccia", la portiera: "Emilia,
Emilia, vada a trovare la contessa Du Terry - sarebbe stata una coinquilina del palazzo
Mannelli che aveva ereditato mio zio - che avverta subito il console Wolf del mio
arresto" (Gerardt Wolf, diplomatico di carriera che manifestò più d'una volta
sentimenti antinazisti, era molto amico di mio zio. Quando il 28 luglio 1944 abbandonò
Firenze dette accurate disposizioni per salvarne l'immenso patrimonio artistico). Il
console Wolf andò a questa scuola e riuscì a farli liberare tutti! Ed anche mio zio
venne a nascondersi a Selvapiana con la bellissima moglie Paola, ed io ero presente al
loro arrivo col baghere sul vialone della Tenuta. La mia famiglia era stata in un primo
tempo sostenitrice del fascismo, ma dopo tre o quattro anni, quando vide che si trattava
di un'ottusa dittatura divenne antifascista in modo clamoroso...Dopo la morte di Gianluca
la fattoria di Ariano fu venduta ed il fattore, un certo Volpini, si trasferì a San
Gimignano dove aprì un negozietto di cibarie. Un giorno, andando con la SITA a Colle Val
d'Elsa, sentì due viaggiatori accennare alla fucilazione di quattro ignoti partigiani a
Castelnuovo di Val di Cecina, dov'erano sepolti. Allora telefonò al colonnello Formigli
che iniziò le ricerche. Mi ricordo che il Formigli, al momento dell'esumazione, riconobbe
subito Gianluca vedendo una ciocca di capelli...
Pronunciate queste sconsolate parole, nonostante i decenni trascorsi
dal quel tragico giorno, Francesco Giuntini Antinori non può trattenere le lacrime.
Sulla tomba, nella cappella di famiglia a Quiesa (LU) è stata incisa
la semplice epigrafe:
Gianluca dei Marchesi Spinola
caduto per la Patria
nato a Roma il 23.12.1919
morto a Castelnuovo di Val di Cecina il 14.6.1944
Il ricordino funebre riporta:
Gianluca Dei Marchesi Spinola
volontario nella lotta della Resistenza
per la Liberazione d'Italia
attaccò preponderanti forze tedesche
a Castel S. Gimignano
circondato e preso
all'alba del giorno 12 giugno
fu trucidato il 14.6.1944
a Castelnuovo di Val di Cecina.
Insieme a lui immolarono la vita
i suoi compagni
Franco Stucchi Prinetti
Vittorio Vargiu
Francesco Piredda.
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