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La Resistenza nel Centro

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Raggruppamenti partigiani in Provincia di Siena

La provincia di Siena, ancora oggi coperta in gran parte da boschi, e con una fiorente campagna, si prestava ottimamente per la formazione di nuclei della Resistenza. I principali, di cui daremo la storia in sintesi, furono:

  1. Brigata Garibaldi "Spartaco Lavagnini"
  2. Raggruppamento Patrioti "Monte Amiata"
  3. 23a Brigata Garibaldi "Guido Boscaglia"
  4. Brigata SI.MAR

 

Brigata Garibaldi "Spartaco Lavagnini"

La Brigata Garibaldi "Spartaco Lavagnini" nacque nel novembre 1943 su iniziativa di alcuni antifascisti di vecchia data. Comandante fu Fortunato Avanzati, detto "Viro", proveniente dal Monte Amiata. La Brigata istallò il comando e alcuni distaccamenti sul Monte Quoio, un massiccio boscoso che si eleva nel comune di Monticiano, ma estese gradualmente la sua influenza nei comuni di Colle Val d’Elsa, Murlo e in tutto il massiccio dell’Amiata. La prima azione che vide coinvolti uomini della "Lavagnini", ebbe luogo nei pressi della località Rigosecco, in comune di Montalcino, il 15 gennaio 1944. Una squadra di partigiani, venne sorpresa da un distaccamento della Milizia di Siena, che agiva su delazione, e durante uno scontro a fuoco venne dispersa, subendo alcune perdite.

Nonostante questo fatto, la Brigata andava via via ingrossando le file, grazie anche ai numerosi renitenti alla leva ai bandi dell’Esercito Repubblicano, e ai contatti con diversi Comitati di Liberazione, non solo senesi.Il marzo del 1944, purtroppo, vide due gravi episodi che riguardano la Brigata. Il giorno 11,presso Scalvaia, località del Monte Quoio, reparti della GNR di Siena e Grosseto, circondarono e catturarono alcuni giovani che da poco avevano raggiunto la macchia. Un francese, Robert Handen, venne ferito gravemente in combattimento, decedendo poco dopo assieme ad un altro giovane, e altri 10 furono fucilati poco lontano da Scalvaia stessa. Quattro altri, portati a Siena come disertori e renitenti, dopo un processo del Tribunale Militare di Firenze, furono fucilati nel cortile della caserma "Lamarmora" in Siena città. Il 23 marzo 1944, un distaccamento della Brigata, che si era insediato sul Monte Maggio, a cavallo dei comuni di Monteriggioni e Colle Val d’Elsa, venne circondato da numerosi soldati della Repubblica di Salò in un casolare in mezzo al bosco che li ospitava per la notte. In precedenza, alcuni membri di questo distaccamento, avevano catturato un ufficiale della Milizia Forestale e un tedesco addetto alle requisizioni, in una vicina fattoria. Dopo un feroce combattimento, asserragliati nella casa fatta segno a colpi di armi da fuoco, finite le munizioni i giovani si arresero. Portati in un luogo poco distante, 19 di essi venivano falciati da raffiche di mitragliatrice, mentre uno solo riusciva, fortunosamente, a fuggire seppure ferito gravemente. Ma, con l’avvicinarsi della primavera, i distaccamenti della "Lavagnini" avevano ormai il controllo del territorio. Il 15 e il 16 maggio, e il 14-15 giugno 1944, la Brigata riceveva lanci di armi e materiale dagli Alleati. Il 20 maggio 1944, un distaccamento guidato da Pasquale Plantera, detto "Serpente", liberava, con il concorso di numerosi civili, due partigiani in precedenza catturati dalla GNR di Murlo e rinchiusi nelle scuole elementari della frazione Casciano. Solo l’impreparazione di un partigiano, che apriva il fuoco troppo presto, non permise la cattura di altri elementi fascisti in arrivo da Siena. Ai primi di giugno 1944, i partigiani della "Lavagnini" iniziavano a scontrarsi con i primi tedeschi in ripiegamento dal Lazio. Con l’avvicinarsi delle truppe alleate del Corpo di Spedizione Francese, il comando della Brigata pensò di precedere questi soldati ed entrare in Siena prima di loro, ma il progetto andò a monte. Differentemente, mano a mano che i francesi entravano in contatto con partigiani della "Lavagnini", li disarmavano. Conclusa la campagna militare, molti uomini della Brigata si arruolarono nel ricostituito Esercito Italiano dei Gruppi da Combattimento.

 

Raggruppamento Patrioti "Monte Amiata"

Organizzatore del Raggruppamento fu il ten. col. Adalberto Croci, comandante del V reggimento Bersaglieri alla data dell’8 settembre 1943. Ufficiale fedele al suo giuramento, il Croci raggiungeva Roma dove si metteva a disposizione del Fronte Militare Clandestino del col. Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Nel frattempo, in provincia di Siena si stavano formando diversi gruppi partigiani guidati da ex ufficiali del disciolto Regio Esercito che, nominalmente apartitici, in certe realtà raggruppavano anche uomini che, nel dopoguerra, si sarebbero orientati a sinistra. Il colonnello Croci, tramite una serie di incontri e di collegamenti, riusciva a riunire tutti questi gruppi in un Raggruppamento unico a cui venne dato il nome di "Monte Amiata". Le bande del Raggruppamento operarono non solo nel Senese, ma anche in provincia di Grosseto e di Pisa. Nella provincia di Siena, i distaccamenti coprivano principalmente la zona orientale del territorio, nei comuni di San Quirico d’Orcia, Asciano, Chianciano e Montepulciano. Una sezione del Raggruppamento era operativa in Siena città. Anche il "Monte Amiata" ricevette lanci di armi dagli alleati, ed ebbe collegamenti con alcune missioni del Long Range Desert Group che furono paracadutate il 12 giugno 1944 tra il Monte Amiata e Asciano, e di sabotatori italiani delle missioni "Riso " e "Patata". Uno dei fatti d’arme in cui più si distinse il Raggruppamento fu quello che vide la formazione del sottotenente Walter Ottaviani mettere in fuga un forte reparto della Repubblica di Salò, dopo una giornata di combattimento il 6 aprile 1944 nel paese di Monticchiello. Il 4 luglio 1944, poche ore prima dell’arrivo della 6a divisione corazzata sudafricana, nel territorio di S. Gusmé, in Chianti, comune di Castelnuovo Berardenga, un conflitto a fuoco tra due partigiani del Raggruppamento e due tedeschi, che non ebbe conseguenze per alcuno dei contendenti, fece scattare l’unico eposodio di strage di civili avvenuto in provincia di Siena: 9 fucilati al podere Palazzaccio della tenuta di Arceno. Dalla fine di giugno, poi, d’intesa col CLN veniva formata, sotto l’egida del Raggruppamento, in Siena una Guardia Civica al comando del col.Lelio Barbarulli , il cui compito ufficiale era di cooperare con i vigili urbani nel mantenimento dell’ordine pubblico, ma che in pratica costituiva una forza armata antifascista, anche se non dichiarata ufficialmente, in una città completamente controllata dai tedeschi. Il 3 luglio 1944, squadre della Guardia Civica e del Raggruppamento, attaccarono retroguardie tedesche presso Vicobello, alla periferia della città, subendo tre caduti.

 

23a Brigata Garibaldi "Guido Boscaglia"

La Brigata operò a cavallo delle province di Siena , Pisa,Livorno e Grosseto e prese il nome da un caduto partigiano, Guido Radi detto "Boscaglia", nativo di Radicondoli, uomo della squadra guastatori della Brigata, ucciso il 7 aprile 1944. La 23a era guidata da Alberto Bargagna , nome di battaglia "Giorgio", e si divideva in tre compagnie, più la comando, e diversi distaccamenti. La Brigata nasceva nel maggio 1944 dall’unificazione di precedenti distaccamenti operativi. Nelle sue file uomini di diverse parti della Toscana. La zona di dislocazione era situata sulle Carline, in provincia di Grosseto, nei pressi di Montieri e Gerfalco. Numerose furono le azioni degli uomini della Brigata in provincia di Grosseto. Da segnalare, tra l’altro, che il comandante della squadra guastatori era lo scrittore Carlo Cassola, "Giacomo". Raggiunto il territorio dalle forze americane, i partigiani della "Boscaglia" furono in gran parte smibilitati, ma un gruppo si univa alle forze statunitensi e veniva inserito in linea sull’Arno, perdendo alcuni uomini in scontri di pattuglie. Anche dalla 23a Brigata non pochi saranno i volontari nei Gruppi da Combattimento.

 

Brigata SI.MAR

Questo raggruppamento operò ai confini orientali della provincia di Siena, sconfinando in Umbria e Lazio. Era parte integrante del Raggruppamento Monte Soratte, e era guidato dal col. Silvio Marenco, da cui la sigla SIMAR. Uomo giudicato attendista dai più, il Marenco ebbe diversi contatti con uomini della "Lavagnini" e del "Monte Amiata" per stabilire una linea comune, ma senza successo a causa del suo pensiero giudicato non consono alla lotta che si stava prospettando. I suoi nuclei di patrioti erano sparsi nei comuni di Chiusi, Chianciano, Cetona, Montepulciano, Sarteano e sul Monte Cetona, massiccio che si trova ai confini con il Lazio. Un distaccamento armato stabilitosi in località Fonte Vetriana subiva diversi attacchi da parte tedesca, e effettuava alcune azioni di combattimento. Il Raggruppamento annovera un decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare nella persona del Carabiniere Vittorio Tassi, fucilato dai tedeschi il 17 giugno 1944. Non pochi erano i membri dell’Arma, e di altre forze armate, inseriti nella SIMAR. Il raggruppamento riusciva anche a far disertare numerosi soldati di un battaglione di Salò a Orvieto. Con l’avvicinarsi degli alleati, 6a divisione corazzata sudafricana, i tedeschi tentarono di ripulire il monte Cetona e sottoposero i partigiani a duri attacchi, ma senza riuscire nell’intento, Gli uomini della SIMAR costituirono forti pattuglie di avanguardia per i soldati alleati, a volte precedendoli, come a Sarteano, nell’ingresso nei paesi. La loro collaborazione è ancora oggi ricordata dai soldati delle Guardie inglesi che li ebbero per commilitoni. Un gruppo di partigiani si arruolarono nei Gruppi da Combattimento.

 

Le operazioni militari per la liberazione della provincia di Siena (Giugno-luglio 1944)

Dopo la liberazione di Roma, i tedeschi della XVI armata si trovarono sbilanciati rispetto all’avanzata delle truppe alleate. Dal 9 giugno, le truppe del XV Gruppo di armate guidato dal generale Harold Rupert Alexander, vedevano alla ala destra il XIII Corpo d’armata inglese del generale Sidney Kirkman che schierava verso la provincia di Siena e il confine umbro, la 6a divisione corazzata sudafricana del gen. Everett Poole. Al centro, da Tarquinia al lago di Bolsena, operava il Corpo di Spedizione Francese, guidato dal gen, Alphonse Juin, con il Corpo d’Inseguimento del generale De Larminat formato da : I divisione "France Libre" di Brosset e 3a divisione fanteria algerina, comandata da Goislard de Monsabert. All’ala sinistra operavano gli americani della I divisione corazzata del gen. Harmond. I tedeschi operavano divisi in Kampfgruppe, unità operative di formazione che prendevano il nome dai loro comandanti. Anche i francesi adottarono il metodo di formare dei raggruppamenti operativi che prendevano nome dagli ufficiali in comando. Battaglioni indipendenti di Sherman americani appoggiavano, come unità, blindate, i corpi francesi. La prima vera resistenza opposta dalle truppe di Kesselring ci fu dal 18 al 21 giugno, appoggiandosi alla linea di arresto "Albert" che correva sul Monte Amiata e sull’altura di Radicofani. Il primo obiettivo venne occupato, dopo giorni di combattimento, dagli uomini della 3a divisione algerina, aiutati anche dai partigiani della "Lavagnini", contro il 15° e 71° reggimento della 29a Panzergrenadierdivision. Su Radicofani, invece, si dovette operare con una lotta casa per casa, effettuata dalla I divisione di Brosset, contro elementi della 26a Panzerdivision. A oriente, i sudafricani assalivano la stessa posizione difensiva, che continuava in Umbria come linea del Trasimeno e oltre, subendo, il 22 giugno, pesantissime perdite in un combattimento notturno in Chiusi città. Una compagnia del First City/Capetown Highlanders venne completamente annientata da forze della Divisione paracadutisti "H. Goering", dopo che si era asserragliata nel teatro cittadino. Fu solo dopo quattro giorni che la situazione si ristabiliva. Passate le forche caudine dell’Amiata e di Radicofani, le truppe francesi, che intanto avevano sostituito la divisione Brosset con la 2a divisione di fanteria marocchina guidata da André Dody, si scontravano con la linea "Frieda" o dell’Orcia. Tale posizione si stendeva lungo la riva nord dell’omonimo fiume e faceva perno sul massiccio di Montalcino. A ovest, dopo aver preso Roccastrada e aver dovuto combattere aspramente per superare il fiume Farma, le truppe americane si stavano inerpicando verso il monte Quoio , Monticiano e Chiusdino, fortemente ostacolate da ponti distrutti e altre opere messe in atto dai genieri germanici. Un reparto del 3° battaglione pionieri della 3a Panzergrenadierdivision, tra l’altro, era stato adibito alla lotta antipartigiana, con la speranza di tener sgombre le vie del ripiegamento. In azione nel territorio senese anche i poderosi carri Tigre del 508° schwere Panzer Abteilung, che perdettero numerosi mezzi, specie per abbandono e sabotaggio da parte dei propri equipaggi. Il 27 giugno, la I divisione corazzata americana liberava Chiusdino. Dopo diversi giorni di aspri combattimenti, il raggruppamento Tabor guidato dal generale Guillaume riusciva, con una manovra aggirante da ovest, a mettere in crisi i tedeschi che difendevano Montalcino i quali, alle 17 del 27 giugno abbandonavano la posizione. Questo permetteva alle forze francesi ferme sull’Orcia di riprendere la marcia. La 6a divisione corazzata sudafricana, nel frattempo, aveva liberato una vasta porzione di territorio dei comuni di Sarteano, Chiusi, Montepulciano, Asciano, Sinalunga, perdendo molti uomini specie sul torrente Astrone, e era arrivata a lambire l’aretino e il paese di Rapolano. La 3a divisione algerina si stava scontrando con una nuova linea difensiva tedesca detta "Edith" che correva sul terreno monuoso a sud di Siena. La lotta per superare questa posizione, tenuta da granatieri della 29a Panzergrenadierdivision e da altri reparti, durava fino al 30 giugno quando, caduta Murlo che era difesa dalla 4a divisione paracadutisti di Trettner, e iniziata la marcia su Siena, il fronte si rimetteva in movimento. Lunedì 3 luglio 1944, alle 6,45 del mattino, avanguardie della 3a divisione di fanteria algerina entravano in Siena mentre i tedeschi ne uscivano dall’altra parte senza combattere. Quel giorno, i sudafricani erano alle porte del castello di Brolio, dimora di Bettino Ricasoli e linea di arresto tedesca "Hilde". Ci sarebbero rimasti fino al 15 luglio 1944. I francesi riprendevano la marcia, ora inseriti in un Corpo da Montagna guidato dal gen. Sevez, comandante della 4a divisione marocchina da montagna che aveva sostituito, dopo Siena, la divisione di Monsabert. Gli americani, intanto, stavano duramente combattendo per Casole d’Elsa, cittadina posta su una collina che permetteva il controllo totale del sottostante territorio. La battaglia, una delle più aspre, durerà tre giorni. L’8 luglio i francesi prendevano Colle Val d’Elsa e il 14, ostacolati dagli avversari, entravano in Poggibonsi, città distrutta e disabitata. La linea francese si fermava sul fiume Elsa e sul torrente Staggia e vedeva la 2a divisione di Dody allungata verso Castellina in Chianti e la 4a da montagna distesa lungo i due corsi d’acque con una propaggine verso Certaldo, già provincia di Firenze. Dal 16 giugno 1944, le truppe di Juin sapevano che non sarebbero arrivate all’Arno, loro obiettivo finale, ma che gradualmente sarebbero state sostituite per partecipare allo sbarco in Provenza, operazione "Anvil-Dragoon" previsto per agosto. Domenica 16 luglio 1944, improvvisamente un gruppo d’attacco dell’11° reggimento paracadutisti tedesco, della 4a divisione, assaliva le posizioni del Raggruppamento Deleuze francese in Poggibonsi, I Diavoli verdi riconquistarono tutta la città, e furono costretti al ripiegamento solo con l’intervento massiccio di riserve. Fu un classico attacco di alleggerimento, che mise in crisi il comando di Sevez. Il 18 luglio, le truppe della 2a divisione di Dody e quelle della 4a di Sevez, attaccando a tenaglia sia verso Castellina in Chianti che sull’Elsa, tentarono di chiudere in una sacca i soldati tedeschi. Chiusero sul vuoto: i parà di Trettner stavano già combattendo per rallentare la marcia verso Firenze. La 6a divisione corazzata sudafricana, rimessasi in movimento, liberava Radda in Chianti ed iniziava le operazioni verso Greve e la provincia fiorentina. Il 22 luglio 1944, la 4a divisione marocchina da montagna prendeva Castelfiorentino, ultima città liberata, e veniva sostituita, nei giorni successivi, dalla 8a divisione di fanteria indiana. L’Arno era a 15 chilometri. Dal 18 luglio 1944, la 91 divisione di fanteria americana aveva raggiunto l’Arno a Pontedera. Per percorrere i chilometri che separano l’Amiata da Siena, i francesi avevano impiegato 16 giorni. Da Siena a Poggibonsi, una distanza di 26 chilometri, ne impiegarono 11! Purtroppo, durante l’avanzata francese, non pochi furono i casi di violenza carnale contro donne che i soldati coloniali perpetrarono. Spesso, bisogna dire che il comando francese intervenne duramente, fucilando i colpevoli davanti ai loro reparti schierati, ma quando ritrovare gli autori del misfatto era impossibile, i reati restarono impuniti. Nella parte est della provincia di Siena, la signora Iris Origo, inglese, autrice del volume "Guerra in Valdorcia", che riporta il suo diario di quei giorni, ci rende edotti che anche i paracadutisti della 4a divisione di Trettner si resero colpevoli di non pochi casi di violenze carnali. E’ stata presa la provincia di Siena ad esempio di come la lotta per la liberazione del centro Italia sia stata aspra. Spesso, gli storici tendono a sorvolare il periodo che va dal 4 giugno 1944 all’arrivo delle forze alleate sulla linea Gotica, settembre 1944. Ma in quel lungo lasso di tempo, più di tre mesi per una distanza oggi facilmente percorribile in poche ore, le sofferenze della popolazione e le difficoltà degli eserciti in lotta furono innumerevoli, e non pochi sono i caduti di ambo le parti che oggi riposano nei cimiteri militari sparsi nella regione.

Claudio Biscarini

Direttore del Centro di Documentazione Internazionale Storia Militare (S. Miniato Basso - Pisa)

 

 

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