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la resistenza romana
Le Fosse Ardeatine
Inchiesta del col. J. Pollock del Comando di Polizia alleata
RELAZIONE SULL'ECCIDIO DI VIA RASELLA E SULLA CONSEGUENTE ESECUZIONE
SOMMARIA PER RAPPRESAGLIA DI UN NUMERO IMPRECISATO DI ITALIANI DETENUTI POLITICI, ED
ALCUNI COMUNI, DA PARTE DEL COMANDO TEDESCO IN ROMA.
(Inchiesta del col. J. Pollock del Comando di Polizia alleata).
Da una relazione redatta l'11 maggio dal famigerato dott. Pietro Kock comandante delle
squadre di torturatori create dal questore Caruso, ed esistente nel fascicolo intestato
"Bombe lanciate contro una colonna di militari tedeschi". Rivelasi che un
giovane, identificato per Calamandrei Franco di Pietro, nato a Firenze il 21 settembre
1917, studente del III anno di lettere, il giorno dell'attentato si trovava all'angolo di
Via Rasella, e, all'apparire della colonna tedesca, fece un cenno convenzionale ad uno
sconosciuto travestito da spazzino, conosciuto col nome di Paolo. Costui, con la
sigaretta, avrebbe acceso la miccia per la esplosione delle bombe depositate su un
carettino porta-immondizie.
Un altro individuo, contemporaneamente, da un posto sopraelevato, avreb- be buttato, al
momento del passaggio della colonna, alcune bombe a mano ed avrebbe esploso alcuni colpi
d'arma da fuoco, onde dare I'impressione che le bombe occorse per I'attentato alla colonna
erano partite dall'alto Immediatamente vi fu reazione da parte dei soldati tedeschi,
militi della g.n.r e da un gruppo di fascisti capitanati dal Questore Caruso, dal ten.
Kock e da altri suoi fidi collaboratori. Tedeschi e fascisti procedettero ad arresti in
massa, prelevando dai fabbricati da cui si riteneva fossero partiti i colpi d'arma da
fuoco, vecchi donne e bambini.
La stessa sera le SS richiesero i precedenti penali e politici di tutti coloro che erano
stati arrestati da loro nel pomeriggio, e per ciascuno i funzionari e gli agenti addetti,
dissero che precedenti non ce n'erano, sebbene alla richiesta dei precedenti
presenziassero ufficiali delle SS tedesche.
La sera dello stesso 23 marzo il questore Caruso ebbe dal comando tedesco la richiesta di
consegnare cento nominativi di persone arrestate; il Caruso ridusse la richiesta a
cinquanta e, prima di aderire, volle recarsi da Buffarini Guidi per farsene autorizzare.
La mattina del successivo 24 tenne nel suo gabinetto una breve e segreta riunione con i
suoi più fidi e diretti collaboratori, comandanti delle varie squadre speciali, Kock,
Tela, Bernasconi, Occhetto e qualche altro non conosciuto, con i quali preparò una nota
di 50 detenuti da consegnare sollecitamente al comando tedesco per la fucilazione.
Nell'elenco furono inclusi tutti i nomi degli esponenti e gregari del partito d'azione e
di altri arrestati dalle squadre speciali e dai fascisti. L'elenco, sottoscritto dal
Caruso, venne inviato all'Ufficio Matricola delle carceri dal dott. Alianello, il quale
giunse sul posto con mezz'ora di ritardo provocando l'inconveniente che i tedeschi,
recatisi a ritirare gli uomini loro assegnati dal Caruso, non avendo trovati quelli,
prelevarono un gruppo di dieci pregiudicati comuni che dovevano essere, invece, rimessi in
libertà. Pertanto dall'elenco firmato dal Caruso vennero sostituiti dieci nomi di ebrei
con quelli arbitrariamente prelevati dai tedeschi.
Su tali circostanze non possono sorgere dubbi perché il questore Caruso sottoposto ad
interrogatorio nelle locali carceri, ha sostanzialmente confermato quanto innanzi è
detto.
Il comando tedesco prelevò dal terzo braccio e da Via Tasso, complessivamente altre 270
persone fermate dalle SS che, ammanettate ed a mezzo di autocarri coperti, vennero
condotte in zona che non fu fatta conoscere a nessuno e che solo in seguito si è saputo
essere le Fosse Ardeatine.
Come rilevasi da una relazione esistente nel fascicolo sopraindicato, tutti i fermati
sarebbero stati trascinati ammanettati in una galleria, che militari tedeschi fecero poi
saltare con mine.
Negli atti non si rinviene l'elenco degli uccisi che pure si sarebbe dovuto rinvenire in
un fascicolo riservato, evidentemente distrutto prima che i tedeschi si allontanassero da
Roma.
Da un sopralluogo fatto eseguire da un funzionario alle tragiche grotte, è risultato
quanto segue:
Il desolato campo nel quale sorgono le tragiche grotte di Domitilla si trova a poche
centinaia di metri dal luogo dove la Via Appia Antica si tripartisce per proseguire in tre
diverse direzioni: l'una verso l'Appia Pignatelli; l'altra verso Via Ardeatina e la terza
in prosecuzione dell'Appia Antica. Le tristi fosse che accolgono le spoglie di più che
320 martiri sorgono in una zona sottostante alla Via Ardeatina e sono costituite da tre
cunicoli longitudinali e paralleli, lunghi circa 100 metri, coperti in un ricco terrapieno
e congiunti alla loro estremità superiore da un braccio trasversale nel quale si può ora
ficcare lo sguardo attraverso un grande foro circolare, al sommo del terreno, delle
dimensioni di circa tre metri di diametro.
Ai tre cunicoli si accede attraverso due aperture delle dimensioni di circa 4 metri.
Tale D'Annibale Nicola fu Antonio, nato a Ceccano (Frosinone) il 24-2-1899, abitante in
Piazza Casal Maggiore n.3, int. 6, occupato quale porcaro nel terreno sito in Via
Ardeatina prospiciente alle fosse Domitille poté assistere non visto all'eccidio da un
campo che si trova a cavaliere delle fosse.
Egli ha dichiarato che il 24 marzo 1944 verso le ore 14 vide giungere alla cava di Via
Ardeatina situata a circa 70 metri dal luogo dove egli si trovava, due furgoni tedeschi,
del tipo di quelli in uso per il trasporto delle carni macellate, completamente chiusi e
con sportelli apribili dalla parte posteriore.
Detti automezzi dinanzi alla cava eseguirono una manovra circolare, in modo da far
capitare all'imboccatura di essa la parte munita di sportelli, con una piccola marcia
indietro I'auto veicolo penetrava addirittura per qualche metro nell'interno del cunicolo
destro. La cava nel suo insieme permetteva agevolmente la manovra dei furgoni. Compiuta
tale operazione, le persone che si trovavano nell'automezzo ne discendevano e venivano
avviate nell'interno e propriamente in fondo alla cava, dove venivano mitragliate a mezzo
di un fucile mitragliatore.
È opportuno notare che la zona era stata all'uomo completamente isolata da soldati
tedeschi che si erano situati ai vari blocchi.
I colpi rimbombavano cupi nella solitudine circostante e non lasciavano dubbi circa la
loro tragica natura, ma le grida giungevano soffocate.
Lo spettacolo destava terrore e raccapriccio.
Secondo il D'Annibale in ogni automezzo potevano stare alla rinfusa dai 70 agli 80 uomini
e gli automezzi, scaricato il loro triste carico tornavano indietro a rifornirsene e
così,a quanto ricorda il D Annibale, per tutta la giornata, e fino alle ore 14 del giorno
successivo.
Secondo tale versione, pertanto, il numero delle vittime sarebbe ben superiore di 320 e si
confermerebbe la voce popolare, che le fa ammontare a circa 700.
I primi due automezzi trasportarono persone prelevate dalle prigioni tristemente famose di
Via Tasso,mentre gli altri trasportarono detenuti prelevati dal carcere di Regina
Coeli.
Ai detenuti prelevati dalle prigioni di Via Tasso fu dato ad intendere che sarebbero stati
inviati a lavoro nelle retrovie di Anzio; si ignora che cosa sia stato detto agli
sventurati provenienti dalle carceri, ma i giornali pubblicarono che si disse loro che
dovevano affrontare un lungo viaggio.
I tedeschi, dopo un paio di esecuzioni facevano esplodere, sempre nell'interno della
galleria delle mine il cui terriccio copriva,di volta in volta,le decine di cadaveri di
patrioti ammucchiatevi alla rinfusa. I tre bracci della galleria verso il fondo furono
così in breve sommersi sotto l'azione delle mine. Nel braccio di sinistra che si colloega
nel mezzo delle due porte, i patrioti venivano colpiti a misura che entravano da una
mitragliatrice posta all'angolo sinistro dell'ingresso. I cadaveri veniva poi trascinati a
braccia dagli assassini in fondo al cunicolo ed ivi ammassati .
Nessun'altra persona delle vicinanze è stata in grado di riferire alcunché intorno al
criminoso episodío, che ricorda cosi da vicino le fosse di Kathyn.
Roma, lì 13 luglio 1944.
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