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L'8 Settembre 1943 in Sardegna
La corazzata Roma
La Regia Marina contro i nazisti
di
Aldo Borghesi
E' noto come la Sardegna abbia giocato un ruolo marginale
nelle vicende determinate dall'armistizio dell'8 settembre 1943: essa venne immediatamente
sgomberata dai reparti tedeschi, che ottennero dal comandante militare dell'isola generale
Antonio Basso il libero transito verso gli imbarchi galluresi, e addirittura mezzi di
trasporto. Si possono registrare solo pochi episodi di reazione armata alla ritirata dei
soldati germanici, che andavano a proseguire la guerra prima in Corsica, al cui movimento
di resistenza diedero un apporto fondamentale le truppe italiane lì stanziate, poi nella
penisola dove contribuirono non poco a ritardare la Liberazione. Il territorio sardo è
stato tuttavia coinvolto in uno dei primi episodi di resistenza armata verificatisi dopo
l'armistizio, e uno dei maggiori per importanza e conseguenze: l'affondamento nelle acque
dell'Asinara della nave da battaglia Roma, ammiraglia della Regia Marina.
La sera dell'8 settembre la squadra navale italiana riceve da Roma l'ordine di lasciare
immediatamente gli ancoraggi allo scopo di sottrarsi alla cattura da parte dei tedeschi.
Si tratta di una delle ultime indicazioni operative emanate dal governo Badoglio prima di
abbandonare la capitale per rifugiarsi al Sud: la cosiddetta "fuga di Ortona"
che lascia le forze armate italiane sprovviste di direttive ed è all'origine del
drammatico dissolvimento di esse. Interi reparti, che avrebbero potuto opporsi con
successo al tentativo di occupazione tedesca, nel giro di poche ore si sfaldano
abbandonando ai nazisti depositi di armi, mezzi, rifornimenti e centinaia di migliaia di
uomini da avviare nei campi di internamento e lavoro coatto in Germania. Lasciano gli
ormeggi di Genova e La Spezia le tre corazzate Italia (già Littorio), Vittorio Veneto e
Roma, entrata in squadra solo da un anno, oltre a sei incrociatori e a naviglio minore:
nel complesso una ventina di unità. La destinazione è La Maddalena, munitissima base
navale che aveva custodito Mussolini dopo il 25 luglio e sembrava ora poter offrire
ospitalità alla famiglia reale; a mezzogiorno del 9 settembre le navi italiane iniziano
la manovra di attraversamento delle Bocche da ponente.
Ma la situazione a La Maddalena non è quella attesa: nella manovra di ritirata della
Wehrmacht, la sicurezza del passaggio per Bonifacio impone il controllo della piazzaforte
maddalenina, forte di migliaia di uomini e potenti bocche da fuoco; un manipolo di
tedeschi occupa il Comando poco dopo mezzogiorno del 9, prendendo prigionieri l'ammiraglio
Bruno Brivonesi e molti ufficiali. Il colpo di mano provoca la reazione di parecchi
marinai e soldati italiani che per qualche giorno lottano per liberare l'isola, lasciando
non poche vittime sul terreno, mentre alcune batterie cercano di disturbare il traffico
marittimo tedesco. La notizia dell'occupazione dell'arcipelago e l'incertezza sulla
situazione locale fa sì che la squadra navale italiana inverta la rotta verso ponente.
Nel pomeriggio, a nord-ovest dell'Asinara, essa viene attaccata a più riprese da
bombardieri tedeschi decollati dalla Provenza, che impiegano un micidiale modello di bomba
di precisione azionata da un razzo e guidata via radio sull'obiettivo. Due di esse
colpiscono la Roma, provocando la distruzione del torrione di comando ed un'apocalittica
serie di incendi ed esplosioni; in venti minuti tutto è finito: la grande nave si
capovolge, si spezza in chiglia e i due tronconi colano a picco. Dei quasi duemila uomini
dell'equipaggio se ne salvano - talvolta orribilmente ustionati - seicento, trasportati
alle Baleari mentre il resto della squadra raggiungerà Malta; tra le 1350 vittime, oltre
a venticinque marinai sardi, il Comandante in Capo delle Forze Navali da Battaglia
italiane, amm. Carlo Bergamini. Lo stesso Bergamini era stato protagonista nelle ore
precedenti di una lacerante crisi di coscienza: tenuto all'oscuro, come tutti gli altri
comandanti, delle dure condizioni dell'armistizio che prevedeva la consegna delle navi
agli Alleati, di fronte alla notizia della resa aveva manifestato al governo l'intenzione
da parte della flotta di autoaffondarsi. Aveva obbedito all'ordine di partenza per La
Maddalena e stava ottemperando, al momento dell'attacco, a quello ancora più gravoso di
dirigersi verso un porto alleato, rendendosi conto che lo scopo preminente era non
permettere che le navi da battaglia italiane cadessero in mano ai tedeschi: quello di
Bergamini e dei suoi uomini è dunque un atto di rifiuto della collaborazione e della resa
ai tedeschi, che precede di pochi giorni l'altro, più noto e non meno tragico, della
divisione di fanteria Acqui nell'isola greca di Cefalonia. Come gli ufficiali e i soldati
della Acqui, anche gli ufficiali e i marinai della Roma sono vittime di uno dei primi
episodi di reazione armata da parte dell'ex alleato contro chi rifiutava di arrendersi: il
loro è un atto di resistenza, il cui valore assume maggiore spicco se si considera il
grado di indecisione, ambiguità e talvolta autentica codardia che ha caratterizzato in
quei giorni il comportamento di molti comandanti italiani, rifiutatisi fino all'ultimo e
contro ogni evidenza di prendere le armi contro i reparti tedeschi che occupavano il paese
o manifestavano intenzioni aggressive, fino a favorire lo sbandamento senza combattere o
il disarmo e l'internamento dei reparti.
L'affondamento della Roma, per le circostanze in cui è avvenuto e il grande numero di
vittime, ha sempre esercitato una profonda impressione sull'opinione pubblica italiana
(alla corazzata è dedicato anche un sito web: "http://digilander.iol.it/fcestra/index.htm")
e viva attenzione anche in Sardegna. Nella memoria dei cittadini di Portotorres non si è
cancellato il ricordo della altissima colonna di fumo nero apparsa dietro l'Asinara,
angoscioso segnale del disastro avvenuto. Nel 1993 l'iniziativa congiunta della sezione
dell'Associazione Marinai d'Italia, della Lega Navale Italiana e dell'Amministrazione
comunale ha portato all'inaugurazione, a Balai, di un ricordo monumentale ai Caduti della
corazzata, una grande ancora ed una lapide in pietra. Durante la cerimonia inaugurale, il
carattere di momento fondante della Resistenza italiana che la vicenda della Roma assume
venne chiaramente rilevato e rivendicato dall'ammiraglio comandante la base di La
Maddalena: il rifiuto di arrendersi ai tedeschi e tanto meno collaborare con essi è la
scelta che senza dubbio accomuna tutti i resistenti, al di là del movente che questa
scelta ispirò. In un momento in cui da molte parti si sollecita una maggiore attenzione
per la memoria dei momenti fondanti della storia repubblicana e si indica nei valori che
vennero allora affermati il punto di partenza per costruire una nuova coscienza
democratica, può non essere inutile ricordare il significato simbolico che assume anche
il monumento di Balai e lo spunto che anche da esso si può trarre per sentire
maggiormente vicine quelle esperienze alla nostra dimensione quotidiana.
(La Nuova Sardegna, 25 aprile 2002)
La cronaca dell'affondamento della Corazzata Roma
Il
dramma della Corazzata Roma si consumò in 29 minuti, incrementando, col tragico epilogo
nelle acque settentrionali della Sardegna, il già pesantissimo bilancio delle perdite in
guerra della Marina italiana. Alla data dell' armistizio aveva, infatti, perduto 380 unità
militari e 1.278 navi mercantili, con la morte di 23.640 uomini.
Erano le 16.15 del 9 settembre 1943, il
giorno dopo l'annuncio dell'armistizio militare, quando la corazzata italiana
'Roma', colpita da aerei tedeschi, si inabissò nelle acque del golfo dell'Asinara, al
largo della Sardegna. Aveva a bordo 1.989 uomini, di cui 114 ufficiali, 224 sottufficiali,
1.511altri marinai e 140 appartenenti al comando della squadra navale. Furono in 1.393 a
trovare la morte in quella drammatica giornata. La nave ammiraglia della nostra flotta
militare era partita il giorno prima dalla Spezia, assieme ad altre 21 unità navali: due
corazzate, sei incrociatori, otto cacciatorpediniere, cinque torpediniere. Lo scopo
dichiarato era quello di raggiungere l'isola sarda della Maddalena, ponendo la flotta al
riparo, in attesa delle successive disposizioni, che prevedevano l'arrivo a Malta.
Avvistata dai ricognitori tedeschi e poi
attaccata nel golfo dell'Asinara dagli aerei della terza 'Luftflotte' germanica di base
nella Francia meridionale, armati con speciali bombe a razzo teleguidate, ordigni allora
'rivoluzionari', la nave fu colpita da una prima bomba alle 15.46. Il ponte corazzato fu
perforato e sotto lo scafo si aprì una grossa falla, causando l'arresto immediato di due
caldaie e il conseguente rallentamento della velocità a 16 nodi. Un secondo ordigno, alle
15.52, centrò il lato sinistro, infilandosi tra il torrione e la torre sopraelevata,
provocando il blocco dell'unità navale. I depositi esplosero quasi contemporaneamente, il
'Roma' sbandò sulla dritta e alle 16.12 fu squarciata dalla successiva deflagrazione. Si
sollevò per l'incendio una altissima e densa colonna di fumo nero. Un secondo incendio
scoppiò vicino al fumaiolo prodiero e il torrione si inclinò in avanti. Pochi min uti
ancora, el'imbarcazione sbandò fortemente sulla dritta. Quindi, ruotando su se stessa, la
corazzata si capovolse e si spezzò in due tronconi. Alle 16.15, il mare si richiuse sul
'Roma' e su gran parte del suo equipaggio.
Quasi
contemporaneamente, sempre nelle acque dell' Asinara, venivano affondati dai tedeschi due
cacciatorpediniere, Da Noli (228 caduti) e Vivaldi (60 caduti).
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