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L'8 Settembre
La dissoluzione dell'esercito
italiano
Alla data dell'8
Settembre 1943 il Regio Esercito aveva schierate 12 Divisioni nell'Italia settentrionale
(di cui una in ricostituzione), 8 Divisioni nella zona di Roma e altre 2 in
affluenza nella medesima zona, 3 Divisioni e 1 in "affluenza" nell'Italia
meridionale, 6 Divisioni tra Sardegna e Sicilia, aliquote di forze nella Francia
meridionale e ben 22 Divisioni tra i Balcani e le isole dell'Egeo. In totale 54 Divisioni
nella quasi totalità organiche (di cui 26 nella penisola), più altre 29 in via di
ricostituzione e di riequipaggiamento.
La dissoluzione
dell'esercito italiano si consumò nel breve volgere di tre giorni (9-11 settembre)
Dapprima sintomi di sbandamento seguiti da allontanamenti dai reparti; poi, generale
disorientamento. Caos nelle comunicazioni, molti militari si tolsero l'uniforme e
indossarono abiti borghesi, la disciplina vacillò, la compattezza delle unità, dei
reparti, dei comandi intermedi dapprima si sfaldò per poi disintegrarsi. Il tutto
dominato da un confuso senso di attesa dell'arrivo degli Alleati o di ordini del Governo.
Il silenzio di questo fu terribilmente deprimente, scrisse Ettore Musco, in
La verità sull'8 Settembre (Garzanti - pag.141).
Gli Imi
Alla fine di agosto, Rommel aveva schierato le sue forze in parte a semicerchio intorno
a La Spezia, in parte nella Venezia Giulia e sui valichi degli Appennini. Kesserling
dispose due divisioni in Calabria, tre in Campania, una in Puglia, due presso Roma. La
trappola pronta a stritolare l'esercito italiano era montata, senza che nessuno se ne
desse pensiero. A tutti i comandi tedeschi era stato comunicato un piano che dovevano
mettere in funzione appena avessero udito per radio la parola "Achse".
Da parte italiana c'era una "memoria 44", che i comandanti
d'Armata lessero per sommi capi ai comandanti di Corpo d'Armata, senza nemmeno permettere
che prendessero appunti. La "memoria" sarebbe dovuta entrare in funzione appena
giunto un fonogramma di conferma, che Roatta diramò l'l1 settembre da Brindisi, quando
l'esercito italiano non esisteva più. La parola "Achse", invece, attraversò
l'etere la sera dell'8 settembre, appena si seppe dellarmistizio. I tedeschi, dai
minimi gradi ai più alti, sepevano quel che dovevano fare.
Il disarmo delle Grandi
Unità da parte dei tedeschi fu immediato: 22.000 ufficiali e più di 650.000 soldati
vennero catturati e avviati nei campi di internamento in Germania rinchiusi in carri
bestiame piombati. Cominciava così l'odissea dell'esercito italiano. Se quello delle
truppe avviate ai campi di concentramento era l'anticamera dell'inferno (umiliazioni,
malattie, alimentazione insufficiente, condizioni psicolo giche in costante
peggioramento), la situazione nella quale precipitarono le Divisioni dislocate nei
Balcani, in Grecia e nelle isole dell'Egeo rasentò l'apocalisse. L'ambiguità della
condizione creata da un comando supremo preoccupato solo di salvare fisicamente se stesso
rifugiandosi a Brindisi e contrabbandando la fuga come un atto indispensabile per
garantire la continuità del governo legittimo, determinò le incertezze nei comandi delle
grandi unità ed ebbe come conseguenza non solo il dissolvimento dell'esercito, ma la sua
rovina.
Il bottino dei
tedeschi
La dissoluzione
dell'esercito italiano, dovuta alla mancanza di disposizioni precise da parte degli alti
comandi militari, consentì ai tedeschi di impadronirsi di gran parte degli armamenti del
regio esercito.
Ecco una prima sintesi del
bottino fatto dai tedeschi subito dopo l'8 settembre:
Fucili, 1.265.660;
mitragliatrici, 38.383; pezzi d'artiglieria di vario calibro, 9.988; carri armati, 970;
automezzi, 15.500; Aerei (compresi quelli in riparazione), 4.553; Torpediniere e
Cacciatorpediniere, 10; Naviglio minore, 51 unità; Vestiario per numero di capi, 500.000;
Cavalli e Muli, 67.600; carburane per veicoli a motore, metri cubi 123.114.
Si tratta di un inventano
parziale e riguardante le voci principali. Si devono aggiungere tutte le armi, i mezzi, le
munizioni gli equipaggiamenti recuperati dalle 51 Divisioni
sicuramente disarmate e dalle 29 probabilmente disarmate, come
recita il Rapporto del Capo di Stato Maggiore della Wehrmacht generale Alfred
Jodl.
Il Comando Superiore del Sud
(d'Italia) germanico segnalò tra i materiali di preda bellica 40.000 tonnellate di
munizioni, 13.400 tonnellate di esplosivi, 24.500 tonnellate di materiali del genio,
50.000 tonnellate di apparati vari, 2.500 metri cubi di lubrificanti per motori, 12.119
tonnellate di prodotti chimici, 1.600 tonnellate di metalli non ferrosi oltre a svariate
migliaia di tonnellate di materiali sanitari, vestiari, viveri, pellami. E questi dati non
rientravano in quelli relativi ai materiali in seguito rinvenuti nei magazzini e in vari
depositi delle forze armate italiane, sempre nell'area di competenza del Comando Superiore
del Sud.
Per avere una idea della
massa enorme di materiali che vennero inviati al nord sino al 10 novembre 1943 dal Comando
germanico sopra indicato, si consideri che vennero utilizzati 12.034 carri ferroviari e
che altri trasporti vennero avviati su strada. Cifra che alla fine di novembre, segnalano
i documenti ufficiali tedeschi, venne quasi triplicata.
Il comando Gruppo di Armate
germaniche in Italia, segnalò inoltre il reperimento dei seguenti materiali bellici, da
aggiungersi a quelli sopra indicati: 55.409 colpi per i vari pezzi di artiglieria, 64.897
bombe per mortai, 3.659.275 colpi per armi portatili e mitragliatrici, 17.735 bombe a
mano, 5 tonnellate di mine. Da parte sua la 1^ Divisione da montagna tedesca comunicò di
aver catturato, prima dell'attacco a Corfù, 154 pezzi di artiglieria, 750 mitragliatrici,
98 mortai, 770 auto- mezzi, 98.900 proietti per artiglierie. 170.000 le tonnellate di
stazza lorda delle navi mercantili prese agli italiani in Egeo.
Nel totale dei materiali
bellici di cui i tedeschi si impadronirono dopo il dissolvimento del regio esercito, vi
furono 1.173 cannoni controcarro, 1.581 pezzi contraerei, ben 8.736 mortai, 333.069.000
sigari e sigarette, 672.000 giubbe a vento, 783.000 farsetti a maglia, 592.100 paia di
pantaloni, 2.064.100 camicie, 3.388.200 paia di scarpe, 5.251.500 paia di calze. E,
ancora, 14.000 treni di pneumatici, 140.000 rotoli di filo spinato, etc. Il tutto in
depositi e magazzini.Nel totale delle mitragliatrici italiane di preda bellica, i tedeschi
ne rinvennero più di diecimila nuove, ben disposte nei depositi. |