Il Manifesto, 15 aprile 2001

Quel tranquillo pensionato di Amburgo. "Engel era reperibile almeno dal '97". Parla il magistrato militare Rivello che ha indagato sulle stragi del "boia di Genova"

di Giovanna Boursier

Il procuratore militare torinese Pier Paolo Rivello è un uomo mite, tranquillo, meticoloso, che misura le parole. Ma è sbalordito di fronte a chi crede che l'ex Ss Siegfried Engel sia stato rintracciato solo in questi giorni da una troupe televisiva tedesca. Raggiunto al telefono, infatti, precisa: "Veramente si sapeva benissimo dov'era, almeno dal 1997, quando è stato rintracciato dall'Interpol in seguito alla mia inchiesta su di lui. Nel corso delle indagini e poi del processo, inoltre, tutti gli atti gli erano stati notificati a casa, proprio a quell'indirizzo di Amburgo".
Ma lei lo ha mai incontrato?
Lui ha sempre rifiutato le mie richieste di interrogatorio. All'inizio aveva anche cercato di far credere a un errore di persona. Engel infatti ha vari nomi e tentava di difendersi sostenendo di non chiamarsi Siegfried ma Friedrich. Aveva anche rinviato al mittente la mia prima notifica. Poi ha continuato a rifiutare di rispondere
promettendo, però, di intervenire nel corso del dibattimento. Cosa che, invece, non ha mai fatto".
Come sono iniziate le indagini su questo novantaduenne tedesco che vive tranquillo ad Amburgo?
Dagli incartamenti sui crimini nazisti che avevo ricevuto da Roma, ai tempi del processo Priebke. Tra i tanti avevo scelto quelli che mi sembrava potessero avere ancora, dopo cinquant'anni, qualche possibilità di inchiesta, per cui fosse ancora possibile trovare in vita i responsabili. Insieme all'incriminazione di Engel avevo
chiesto anche quella dell'ex Ss Otto Kaess, morto durante l'udienza preliminare, anche lui implicato nell'eccidio del Turchino. Diversamente da Engel, Kaess aveva accettato l'interrogatorio. Lo avevo sentito in Austria, dove viveva. Si era difeso come la maggior parte degli ex nazisti, rispondendo che non ricordava quasi nulla,
ammettendo però di essere stato a Genova agli ordini di Engel. Alla fine mi aveva chiesto il mio nome, dicendo che lui non dimenticava mai niente.
Engel è stato giudicato colpevole e condannato all'ergastolo due anni fa. Poi cosa è successo?
Una volta emessa la sentenza c'erano due possibilità: la richiesta di estradizione secca o la possibilità di un'alternativa, entrambe previste dai codici. Io ho scelto la seconda: aut debere aut judicare, chiedendo che, qualora l'estradizione non venisse concessa, le autorità tedesche si impegnassero a celebrare un nuovo
processo in Germania. Sono obbligate a farlo, in base alle convenzioni internazionali. L'estradizione, quindi, è già stata chiesta, come alternativa. Ho anche già trasmesso tutti i documenti. In più ho fatto iscrivere il nome di Engel nel cosiddetto registro Shengen: qualora uscisse dal territorio tedesco verrebbe immediatamente arrestato.
Quali documenti ha trasmesso in Germania?
Tutti quelli del processo. Esistono prove inconfutabili sulle responsabilità di Engel. Ci sono due documenti molto importanti. Il primo è la concessione a Engel della croce di prima classe con spada, una delle più alte e prestigiose onoreficenze naziste, conferitagli proprio per le capacità di repressione dimostrate nel caso della
Benedicta. Il secondo riguarda invece la strage del Turchino e dimostra inequivocabilmente che il comando Ss di Genova stava preparando la terribile rappresaglia contro un attentato in un cinema di Genova dove morirono alcuni tedeschi. Si tratta comunque di documenti facili da trovare. Erano all'archivio di Friburgo. Li ha "scoperti" il mio consulente, lo storico Carlo Gentile, ma bastava cercarli.
In Germania una prima inchiesta giudiziaria contro Engel era stata avviata già nel 1969, poi archiviata. Cosa sa di questo e di ciò che fece Engel dopo la guerra?
Dell'inchiesta del '69 non so molto. In realtà me lo ha raccontato un giornalista tedesco presente al processo in Italia. E mi ha anche detto che tutto il carteggio di quell'inchiesta è sparito. Sul dopoguerra non so nulla.
Engel comunque è un personaggio terribile. In qualche documento è descritto come spietato anche dai suoi camerati. Come finirà questa storia?
Può finire solo in un modo, con il processo tedesco. Con una sentenza di condanna all'ergastolo passata in giudicato e una richiesta di processo in Germania, infatti, la conclusione ci deve essere, che sia di condanna o d'assoluzione - che peraltro mi pare improponibile - ma ci deve essere. Appena la condanna italiana è divenuta definitiva il nostro ministero della giustizia ha subito formulato la mia richiesta tra le due alternative. Adesso la Germania è obbligata a fare il processo, altrimenti sarebbe una violazione dei trattati internazionali. Ma io
credo che lo faranno.
Ma perchè lei non ha chiesto l'estradizione, come era stato fatto per Priebke?
Con l'Argentina è diverso. La Germania è molto più problematica e difficoltosa. Non credo nemmeno che esistano precedenti. E poi secondo me il processo in Germania va bene, avrebbe un valore anche simbolico, basta che si concluda nei tempi previsti, data anche l'età dell'imputato. E' un dovere per la memoria e la
giustizia, non certo una volontà di vendetta.

 

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