|  | Corriere della Sera, 27 aprile 2001 Per Adriano Olivetti. Limprenditore tifoso delle idee di  Corrado Stajano «Adriano era ormai un grande e famoso industriale. Conservava tuttavia ancora,
    nellaspetto, qualcosa di randagio, come da ragazzo quando faceva il soldato; e si
    muoveva sempre col passo strascicato e solitario dun vagabondo. Ed era ancora
    timido; e della sua timidezza non sapeva giovarsi come duna forza (...). Lo
    incontrai a Roma per la strada, un giorno, durante loccupazione tedesca.Era a piedi; andava solo, col suo passo randagio; gli occhi perduti nei suoi sogni
    perenni, che li velavano di nebbie azzurre. Era vestito come tutti gli altri, ma sembrava
    nella folla, un  mendicante; e, sembrava, nel tempo stesso, anche un re. Un re in
    esilio». Natalia Ginzburg ricorda così nel suo Lessico famigliare, Adriano Olivetti.
    Nacque proprio cento anni fa, l11 aprile - è morto nel 1960 - ed è stato
    certamente uno dei protagonisti della cultura del Novecento. Molti, tra i più giovani,
    non sapranno neppure chi è, altri legheranno il suo nome soltanto alle macchine da
    scrivere, per altri ancora è rimasto un simbolo.
 LOlivetti di Adriano, come lEinaudi di Giulio, il Mulino di quelli di Bologna,
    la Banca Commerciale di Mattioli rappresentarono in Italia le anomalie positive che
    tentarono di tirar su un muro di mattoni bene impastati in nome di un Paese nuovo, dagli
    ideali civili e democratici, sprovincializzando il sentire dominante, mescolando i saperi
    al di là degli eterni confini asfittici.
 Alla Olivetti hanno lavorato in tanti ed è difficile tenere il conto, sociologi,
    architetti, scrittori, scienziati della politica e dellorganizzazione industriale,
    psicologi del lavoro, da Franco Momigliano a Paolo Volponi, a Giudici, Pampaloni, Bobi
    Bazlen, Luciano Gallino, Giorgio Puà, Fortini, Fichera, Soavi, Ottieri, Luciano Foà,
    Lodovico Quaroni, Francesco Novara, Bruno Zevi fino a Renato A. Rozzi, Furio Colombo,
    Tiziano Terzani.
 Uno di loro che fu molti vicino a Olivetti, Franco Ferrarotti, in questo centenario
    semidimenticato, ha ricordato, in un libro-intervista, Adriano e lesperienza
    olivettiana: Un imprenditore di idee (pag. 146, lire 28.000, Edizioni di Comunità).
    Giuliana Gemelli, professore di Storia contemporanea a Bologna, più che
 lintervistatrice è una coautrice, vista lampiezza del suo contributo e la
    conoscenza profonda che possiede su Olivetti e la società internazionale, i suoi
    personaggi, i suoi problemi.
 Ferrarotti, il primo professore di Sociologia in una Università italiana, attualmente
    direttore della Critica sociologica , fu un ragazzo prodigio. Aveva scritto una lettera
    alla rivista Comunità dura contro lo stato del capitalismo dinastico italiano. Adriano
    volle vederlo e lo assunse senza obbligo di orario. Fu consulente, diplomatico, politico,
    oltre che professore. Girò il mondo per conto di Adriano, soprattutto gli Stati Uniti, fu
    deputato del movimento di Comunità , protagonista della «Comunità di fabbrica» che non
    voleva essere un sindacato, ma finì con lesserlo e fu criticato. Solo Di Vittorio
    usò attenzione. Ma Ferrarotti fu soprattutto un ambasciatore in America alla ricerca
    della cultura progressista e dei suoi esponenti e li mise in contatto con Adriano, curioso
    di tutto quanto era nuovo.
 Un imprenditore di idee è un libro ricchissimo di spunti di polemica, di notizie utili
    per capire la personalità di Olivetti. Negli anni Cinquanta, nel pieno della guerra
    fredda, Ferrarotti studiò le Fondazioni culturali, creò rapporti con intellettuali di
    grande pregio, importò la ricerca sociologica in un Paese come il nostro imbevuto di
    cultura storicistica che subiva ancora i veti del Croce.
 Chi era Adriano? Detestava essere definito «un padrone illuminato» anche se arricchì la
    fabbrica delle tecniche più aggiornate dellorganizzazione del lavoro. In anticipo
    sul proprio tempo ebbe contro di sé gran parte dellestablishment capitalista e
    marxista. Pose per primo i problemi dellambiente, della tutela del territorio e
    dellequilibrio ecosistemico. Mise in guardia sulla natura non infinita delle risorse
    naturali.
 I partiti erano la sua bestia nera: la discriminante era per lui tra gli uomini dei
    partiti e gli uomini critici dei partiti. Il movimento di Comunità , in un Paese che ha
    un senso relativo della comunità, fu il tentativo di crearla, di dar forma a una nuova
    aggregazione possibile. Il suo cruccio era proprio quello di constatare la presenza in
    Italia di una vivace società civile schiacciata, esautorata da uno Stato
 burocratizzato e dai partiti.
 «Abbiamo anticipato tutta la questione morale», sostiene Ferrarotti. «Abbiamo
    anticipato Mani pulite e abbiamo soprattutto collaborato alla crescente consapevolezza
    dellinadeguatezza dei partiti politici come strumenti di realizzazione della
    volontà popolare».
 La madre valdese, il padre di famiglia ebraica, Adriano aveva unintelligenza
    intuitiva, quasi profetica. Tentò, fece, fallì. Con il movimento, con la rivista, con i
    libri scritti e pubblicati, con la fabbrica. «Chi sono i continuatori di Olivetti?»,
    chiede Giuliana Gemelli. E Ferrarotti: «Molti, oggi, sono "olivettiani" e non
    lo sanno. Le idee camminano adagio, talvolta sotto mentite spoglie».
 
 
 
 
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