Corriere della Sera, 24 giugno 2001

Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, dal set al muro. La ricostruzione di Reggiani analizza molti lati oscuri della morte delle due star del cinema fascista

di Silvio Bertoldi

Prefettura, Pertini incontra il capo partigiano Marozin, il quale tiene prigionieri gli attori Osvaldo Valenti e Luisa Ferida che gli si sono spontaneamente consegnati. Nel dialogo svoltosi fra loro, secondo la ricostruzione di Odoardo Reggiani in questo suo nuovo libro, Pertini dice: «A proposito, tu hai prigioniero anche Valenti?». «Sì», risponde Marozin... E Pertini di scatto: «Allora fucilali; e non perdere tempo. Questo è l’ordine tassativo del Cnl».
Ordine del Cnl? Nessuno lo ha mai veduto. Un ordine di fucilazione, da parte del massimo organismo della Resistenza, presupporrebbe un documento scritto, che in questo caso non esiste. Come non esiste un documento del Cnl che ordini la fucilazione di Mussolini (e meno che mai della Petacci), se non quello emesso a posteriori, a esecuzione avvenuta, per giustificarsi con gli Alleati della mancata consegna del Duce, prevista da un paragrafo dell’armistizio. La conclusione è che i due attori morirono perché in quell’aprile insurrezionale le condanne a morte erano facili. Si sa della fretta di Pertini, che in quel momento era il Saint-Just dell’insurrezione. Disse nel 1955, tra l’altro: «In ottemperanza all’ordine del Cnl
contro i criminali di guerra diedi l’ordine di fucilare l’ex maresciallo Graziani». Che non fu eseguito per l’intervento di Corrado Bonfantini, capo delle Brigate Matteotti. Valenti e la Ferida non ebbero la stessa fortuna.
Erano, negli anni del cinema fascista, i due divi forse più famosi, lui per la bravura, lei per la bellezza. Salirono al Nord dopo l’8 settembre nel tentativo di far nascere a Venezia una Cinecittà della Rsi. Valenti era un personaggio da romanzo, vittima della propria instabilità psichica: trasportato da chissà quale illusione, consentì di servire la propaganda di Salò arruolandosi nella Decima Mas. Lei era soltanto una donna innamorata e incolpevole, la ripetizione del caso Petacci. Lo seguiva ciecamente, anche quando lui frequentava la famigerata «Villa Triste» del torturatore Koch. Li uccisero alle 23.35 del 30 aprile 1945, in via Poliziano a Milano. La Ferida era incinta di quattro mesi. Poi provvide Marozin a depredarli di tutto quanto avevano posseduto e avevano lasciato. Anzi, di quanto era rimasto, perché già li aveva derubati in vita.


Il Libro: ODOARDO REGGIANI
Luisa Ferida Osvaldo Valenti
ascesa e caduta
di due stelle del cinema
Spirali, pagine 318, lire 40.000

 

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