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Corriere della Sera, 24 aprile 2001 La stanza di MONTANELLI. Sui diari di Grandi cè di
che discutere
di Indro Montanelli
Caro Montanelli,
Dai diari di Dino Grandi ho appreso notizie per me inedite: 1) la convocazione della
seduta del Gran Consiglio del 24 luglio 43 fu dovuta «incredibilmente» a Hitler;
2) alla seduta Grandi si recò portando due bombe a mano per fare una strage qualora
Mussolini avesse voluto tendere una trappola; 3) la disistima di Grandi per Badoglio, che
avrebbe portato lItalia in guerra, convincendo Mussolini che le forze armate erano
pronte. Lei che idea si è fatto di Grandi e delle sue dichiarazioni dal punto di vista
dellattendibilità storica? Ha avuto
modo di conoscerlo e di intervistarlo?
Alberto Miatello, Albiolo (Co)
Caro Miatello,
Non soltanto ho conosciuto Grandi, ma posso ben dire di essere stato, come può
testimoniare suo figlio Franco, suo amico, e in una certa misura suo confidente. Lo
conobbi a Londra quando lui vi era ambasciatore (unAmbasciata memorabile, che
glinglesi tuttora ricordano), ma stringemmo i nostri rapporti sul fronte greco di
Albania, dove lui, come tutti gli altri gerarchi, era stato precettato dal partito.
Lì prendemmo a parlarci a cuore aperto, che era un cuore gonfio soprattutto per lui, ma
anche per me. Da allora, ci rivedemmo spesso, anche alla vigilia del 25 luglio.
Naturalmente non mi rivelò ciò che stava per succedere, ma mi lasciò capire che
qualcosa stava per succedere.
Da allora, ci rivedemmo solo dopo la Liberazione, quando lui mi telefonò invitandomi a
raggiungerlo a Cascais, dove mi raccontò con dovizia di particolari ciò chera
avvenuto la famosa notte del Gran Consiglio, e che poi fu risaputo con la pubblicazione,
sul Tempo , del Diario di Ciano. (Io non potei anticipare il contenuto perché Grandi mi
pregò di ritardare fin quando lui non fosse arrivato in Brasile e me ne avesse dato il
«via» con un telegramma che non mi giunse mai perché, avendo bisogno di soldi, aveva
venduto la primizia a Life, e questa è lunica ombra rimasta sulla nostra amicizia).
E veniamo ai quesiti che lei mi pone.
Quando Grandi propose al Duce la convocazione del Gran Consiglio, era convinto, mi disse,
che il Duce lavrebbe rifiutata con la scusa che quellorgano appartenesse ormai
allarcheologia della politica in quanto da vari anni quellorgano non era stato
più riunito e quindi poteva considerarsi in disuso. Anche a me lui disse che
probabilmente aveva alla fine accettato per dimostrare a Hitler che il suo potere correva
meno pericoli del suo. Grandi diceva di averne avuto conferma da Senise, il capo della
Polizia.
Ma avevo limpressione che non ci credesse nemmeno lui.
La storia delle due bombe è vera, anche se non ha trovato conferma in nessunaltra
testimonianza. A me Grandi laveva raccontata a Cascais, e non ho nessun motivo per
dubitarne. Grandi non era un miles gloriosus, ma era convinto che, anche se il suo ordine
del giorno aveva già raccolto la maggioranza, ci sarebbe stata battaglia. Anche se a
farla, diceva, non sarebbe stato Mussolini che
quellordine del giorno (che in pratica lo invitava ad abbandonare il potere) lo
conosceva in quanto lui glielo aveva pochi giorni prima mostrato; ma perché cera da
aspettarsi la ribellione del segretario del partito, Scorza, e del capo della Milizia,
Galbiati.
Questo, della quiescenza di Mussolini allordine del giorno Grandi, è il grande
interrogativo cui sinora non è stata data risposta soddisfacente. Che Grandi glielo
avesse mostrato, è accertato. Ma non è accertata la spiegazione che, almeno parlandone
con me, Grandi dava della quiescenza di Mussolini: cioè che, sotto sotto, egli
consentisse al proprio accantonamento per sottrarsi alla responsabilità di una scelta in
ogni caso drammatica e rischiosa. Ma allora, dirà lei e dico anchio, perché le
bombe? Come sempre ripetevo anche a Grandi, mi pare che ci sia una contraddizione.
Quanto al resto (che la mancanza di spazio mi costringe a condensare), Grandi odiava
Badoglio addossandogli anche colpe che non aveva (non è vero, per esempio, che aveva
voluto la guerra, compresa quella con la Grecia), perché la soluzione che, attraverso il
ministro della Real Casa Acquarone, lui aveva proposto al Re per il post-Mussolini era
lincarico del governo al vecchio
Maresciallo Caviglia, molto meno compromesso di Badoglio (e questo è vero) col regime, e
quello delle trattative sottobanco, e senza qualifica ufficiale, con gli Alleati a lui
stesso, Grandi, che certamente le avrebbe condotte meglio e con molta più autorità di
Castellano.
Come vede, su questi diari, cè di che discutere. Ne discussi molto anche con De
Felice, cui Grandi li aveva (un po anche, come credo, su mio suggerimento) affidati.
Ma di Grandi io conservo un ottimo ricordo: era, intellettualmente, luomo di
maggiore stazza che il fascismo avesse nei suoi ranghi, e proprio per questo era stato,
negli ultimi anni, messo da parte.
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