Corriere della Sera, 23 aprile 2001

Stato e Chiesa, Cavour era più moderno dell’Italia nel 2001

di  Emanuele Severino

Si parla dell’invadenza della Chiesa nelle questioni interne dello Stato italiano. Ma si dimentica che, sulla base della vigente Costituzione italiana, la Chiesa non pratica oggi alcuna «invadenza», bensì esercita un suo incontestabile diritto. Se si vuole evitare l’«invadenza» non si può far altro che cambiare l’articolo 7 della Costituzione - incomparabilmente meno «liberale» del principio «libera Chiesa in libero Stato», espresso da Cavour nei discorsi del marzo-aprile 1861 al primo Parlamento italiano (e ora ripubblicati da il melangolo : Libera Chiesa in libero Stato , pagine 92, lire 18.000). Dalle prossime elezioni dipenderà in buona parte se gli italiani vogliano o no mantenere il diritto della Chiesa a intervenire nella legislazione italiana. L’articolo 7 della nostra Costituzione viene spesso e autorevolmente ritenuto contraddittorio. Il primo comma recita che «Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Nel secondo comma si dice che i rapporti tra Stato e Chiesa «sono regolati dai Patti Lateranensi» (voluti dal fascismo). Ma l’articolo 1 di questi ultimi stabilisce: «L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’articolo 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, nel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la
sola religione dello Stato». Ora, concludono i critici dell’articolo 7, come può essere «indipendente e sovrano» lo Stato italiano, se esso dichiara di essere cattolico e dunque dipendente, in quanto cattolico, dalla massima autorità cattolica, cioè dalla Chiesa?
Rispondo che, indubbiamente, sulla base dell’articolo 7 della sua Costituzione lo Stato italiano non è indipendente e autonomo rispetto alla Chiesa. Ma aggiungo che nell’articolo 7 non è necessario vedere una contraddizione, perché il secondo comma, facendo riferimento ai Patti Lateranensi, lungi dal contraddire il primo, indica in concreto come debba essere intesa e a quali limiti debba sottostare l’indipendenza e sovranità dello Stato rispetto alla propria cattolicità e alla Chiesa.
Nei Patti Lateranensi la Chiesa ha saputo fare i propri interessi, lo Stato italiano no. Perché, una volta che uno Stato dichiara di essere cattolico, non potrà essere incoerente e promulgare leggi che siano in contrasto col cattolicesimo. E poiché il cattolicesimo non è qualcosa di autonomo rispetto alla Chiesa, ma è ciò che la Chiesa intende che il cattolicesimo sia, lo Stato non potrà essere incoerente e promulgare leggi che siano condannate dalla Chiesa. Se lo fa - e lo ha fatto con le leggi sul divorzio e sull’aborto - è in contraddizione con la propria Costituzione.
Dalla quale dunque risulta che le leggi che oggi lo Stato italiano intende darsi sulla
manipolazione genetica e sull’uso degli embrioni non possono prescindere e tanto meno trasgredire gli ins egnamenti della Chiesa in proposito. Questa impossibilità è una legge che discende direttamente dalla nostra Costituzione. Rispetto alla Chiesa, lo Stato italiano dichiara in modo formale: «Io sono discente, la Chiesa è docente». Sino a che l’articolo 7 della Costituzione italiana rimane in vigore, il «dialogo» tra Stato e Chiesa sui problemi della società civile è un equivoco, il cui perpetuarsi va tutto a vantaggio della Chiesa; e vaniloqui sono le proteste laiche contro le «invadenze» di quest’ultima. Sin dalle sue origini il cattolicesimo è
oggettivamente teocratico, integralista, negatore della moderna società democratica; ma la Costituzione italiana lo autorizza pienamente ad essere tutto questo.
Il principio di Cavour «libera Chiesa in libero Stato» era essenzialmente più avanzato non solo dello Statuto Albertino e dei Patti Lateranensi (ai quali Giovanni Gentile fu assolutamente contrario) ma della stessa attuale Costituzione italiana. Cavour si dichiarava cattolico, ma non voleva che lo Stato fosse cattolico. Aveva dinanzi il modello degli Stati Uniti, dove lo Stato non aveva alcuna connotazione religiosa.
Per convincere Pio IX a rinunciare al potere temporale, Cavour argomentava che,
possedendo tale potere, la Chiesa non avrebbe potuto fare, nello Stato pontificio, «le concessioni richieste dalla natura dei tempi e dal progresso della civiltà», quelle cioè (matrimonio civile, insegnamento laico eccetera) «che è ormai riconosciuto essere una necessità il tollerare» e che comunque devono essere fatte negli Stati moderni e civili «ma che si trovano in opposizione ai precetti positivi della religione». Per Cavour era cioè ovvio che lo Stato moderno, nelle sue forme avanzate, si trovasse «in contraddizione» con quei precetti, ossia era ovvio che non fosse uno Stato cattolico. Anche se aggiungeva: «Fintantoché vi sarà
una religione dello Stato, sarà forza sospendere l’applicazione di teorie di cui riconosco l’eccellenza» e che si compendiano appunto nel principio «libera Chiesa in libero Stato». La sospensione dura tutt’ora.


archivio rassegna home