home |
|
Francobollo per il centenario della nascita di Giovanni Palatucci
La Consulta per l'emissione delle carte valori
postali e la filatelia, riunitasi lo scorso 28 gennaio a Roma sotto la presidenza del
Ministro dello Sviluppo Economico Scajola, ha definito una lista di francobolli che andranno ad integrare il programma italiano del 2009. Numerose le emissioni intorno a temi europeistici.
Scorrendo l'elenco delle integrazioni per il 2009, si scopre che saranno sottolineati da
appositi francobolli numerosi eventi come il centenario della nascita di Giovanni Palatucci (ultimo questore di Fiume
che durante la seconda guerra mondiale aiutò migliaia di ebrei a salvarsi dai campi di
sterminio). La data dellemissione dovrebbe coincidere proprio il 29 maggio 2009, data ufficiale della nascita del
Martire irpino Giovanni Palatucci.
Chi era Giovanni Palatucci
di Gianluca Petroni
Giovanni Palatucci nacque
a Montella - in provincia di Avellino - il 31 maggio 1909 da Felice e Angelina
Molinari. Importante fu nella sua formazione lautorevolezza morale e culturale degli
zii Antonio e Alfonso - che diverranno membri e docenti dellAlmo Collegio Teologico
di Napoli e superiori provinciali dei Francescani conventuali in Puglia e a Napoli - e
dello zio Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo di Campagna. Compì gli studi ginnasiali
presso il Ginnasio Pascucci di Pietradefusa nel liceo della non lontana Benevento. Dopo la
maturità, venne il tempo del servizio militare (1930) per il quale fu destinato, come
allievo ufficiale di complemento, a Moncalieri. Nel 1932, a ventitré anni, si laurea in
giurisprudenza presso lUniversità di Torino.
Il 16 settembre 1936 è a Genova dove
formula promessa di volontario Vice Commissario di Pubblica Sicurezza. Dal 15 novembre 1937 è a Fiume presso la
cui Questura - ove negli anni successivi avrà incarichi di Commissario e di Questore
reggente - assumerà la responsabilità dellufficio stranieri, che lo porterà a
contatto diretto con una realtà di rara umanità ed in particolare con la condizione
degli Ebrei.
Ho
la possibilità di fare un po di bene, e i beneficiati da me sono assai
riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da
comunicare. È quanto scriveva l8 dicembre 1941 Giovanni Palatucci in
una lettera inviata ai genitori. Niente di speciale davvero, se non fosse che quel po
di bene, compiuto nel più totale sprezzo del pericolo e in tempi difficili,
significò la salvezza di centinaia di ebrei; oltre cinquemila, secondo quanto riferito
dal delegato italiano Rafael Danton alla prima Conferenza ebraica mondiale tenutasi a
Londra nel 1945.
Giovanni Palatucci era un
cattolico di profonda fede; non sappiamo quali furono le sue prime reazioni alle leggi
razziali, ma da parecchie testimonianze risulta chiaro come, via via che crebbe il
pericolo per gli ebrei, egli rifiutasse di farsi complice delle persecuzioni. Egli non
volle allontanarsi da Fiume neanche quando il Ministero dispose nellaprile del 1939
il trasferimento a Caserta.
Rodolfo Grani, ebreo
fiumano molto impegnato nella pubblicistica del settore, promotore di pubblici
riconoscimenti in Italia ed in Israele alla memoria di Giovanni Palatucci - che egli
conobbe personalmente e della cui benemerita quanto rischiosa opera di solidarietà in
favore degli ebrei è stato diretto testimone - ricorda un primo grande salvataggio nel
marzo del 1939, attuato dalleroico
funzionario, da lui definito nobilissimo giovane cattolico.
Si trattava di 800
fuggiaschi che dovevano entro poche ore essere consegnati alla GESTAPO. Il dott. Palatucci
avvisò tempestivamente Grani, il quale si mobilitò ed ottenne lintervento del
Vescovo Isidoro Sain che, a sua volta, nascose temporaneamente i profughi nella vicina
località di Abbazia sotto la protezione del Vescovado.
A proposito di Grani, nel
suo appello agli ex internati del campo di concentramento di Campagna,di cui si è detto, ci è dato leggere: Stava nella facoltà del Dott. Palatucci di
concedere agli ebrei rifugiati dai paesi di Hitler a Fiume i relativi permessi di
soggiorno e non una volta, quando si trattava di qualche affare scabroso, ha dovuto
combattere lanimosità dei suoi superiori: il noto antisemita ha chiesto il mio
modesto aiuto pregandomi di salvare i miei disgraziati correligionari, rivolgendomi al
competente Ministero a Roma. Ciò mi è riuscito quasi sempre. Il dott. Palatucci
dimostrava non solo nel suo ufficio, ma anche fuori di questo, la sua costante simpatia
verso gli israeliti. Si potrebbe dire, che preferiva apertamente la compagnia degli ebrei
nei luoghi pubblici e ritrovi. Quando nel giugno del 1940 scoppiò la guerra e gli
israeliti di Fiume e dintorni furono arrestati ed accompagnati maggior parte al campo di
concentramento di Campagna, non una volta si affrettò il dott. Palatucci di raccomandare
questi disgraziati alla benevolenza del suo zio, a S. E. Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo
di Campagna, il quale ci ha ricevuto con una squisita gentilezza e nobilissima
generosità, dimostrandoci la sua altissima umanità e filosemitismo.
La figura di questultimo
si saldò inscindibilmente, a partire dal giugno del 1940, con quella del nipote Giovanni;
il giovane responsabile dellUfficio stranieri infatti, quando la via dellemigrazione
non era possibile, inviava gli ebrei presso il campo di concentramento di Campagna
affidandoli alla protezione dello zio Vescovo.
Giovanni dunque si
rendeva conto che quel campo, pur con tutti i disagi dellinternamento, offriva un
rifugio agli ebrei assai più sicuro delle terre jugoslave e, dintesa con lo zio
Vescovo, mise in opera ogni stratagemma per avviare là i profughi minacciati da immediati
pericoli. Per non avere ostacoli dal Prefetto e dal Questore, presentava loro la soluzione
dellinternamento nellItalia meridionale come rimedio per liberarsi della
presenza dei profughi che costituiva una minaccia per la sicurezza pubblica.
Ritornando a Rodolfo
Grani, anche nel suo servizio Lopera di salvataggio del Vaticano per gli Ebrei,
pubblicato su Haboker, 10 agosto 1952, si sofferma sul suo
personale istradamento, avvenuto per interessamento del dott. Palatucci, a Campagna dove eravamo internati in gran massa noi fiumani.
Il Vescovo Palatucci si è reso
indimenticabile fra migliaia e migliaia di nostra gente, aiutandoci, consolandoci con la
massima generosità, facendosi fotografare con noi, disgraziati espulsi dalla vita sociale.
Anche lavv. Barone
Niel Sachs di Gric, che conobbe il Commissario Palatucci nellespletare funzioni di
legale di fiducia presso la Curia Vescovile di Fiume, in una sua lettera del 25-09-1952 indirizzata al Vescovo
Palatucci, sottolineava quanto il giovane amico sfidasse lira dei suoi diretti superiori, il
Prefetto ed il Questore di quel tempo. Nel contempo il legale annotava la riconoscenza imperitura dei beneficati dellottimo
mio caro amico, suo esemplare nipote, mai abbastanza rimpianto, e che egli aveva
avuto la fortuna di conoscere.
Parlando, un giorno, con il suo indimenticabile
amico, il quale avrebbe a guerra finita
dovuto entrare a far parte del suo studio
di avvocato a Fiume, ricorda che egli gli disse pieno di amarezza: ci vogliono dare a intendere che il
cuore sia solo un muscolo e ci vogliono impedire di fare quello che il cuore e la nostra
religione ci dettano. Queste nobili parole del nostro indimenticabile martire
risuonano dopo tanti anni ancora nelle mie orecchie e Lassicuro, Eccellenza
Reverendissima, che nella lunga mia carriera non ho mai incontrato un più grande
gentiluomo e galantuomo di Suo nipote.
Giovanni Palatucci,
responsabile dellufficio stranieri in una delle più calde zone di confine, era
probabilmente un ingranaggio della burocrazia che, ogni qual volta doveva funzionare a
danno dei profughi ebrei, si inceppava.
Unaltra
testimonianza del suo modo di agire, delle sue scelte e della sua sensibilità, è senza
dubbio il racconto dellebrea austriaca Rozsi Neumann, pubblicato nella rivista
Israel (n. 39 18 giugno 1953),
salvata con suo marito. Essi - il marito era già scampato a Dachau - erano di provenienza
austriaca e avevano tentato di entrare clandestinamente in Jugoslavia; qui furono però
catturati dalla gendarmeria e consegnati alla Questura di Fiume, che li rinchiuse nel
carcere di via Roma. I coniugi temettero per un loro rimpatrio
in Austria da parte della Questura, il che avrebbe voluto dire andare a morte sicura.
Avevano prima sentito molto parlare del dott. Palatucci e della sua opera di soccorso. Un
giorno ebbero la sorpresa di vederlo arrivare nella loro cella, in visita. Egli era di natura gaia. Un altro
giorno, quello di Natale, ebbero una sorpresa ancor più forte: furono portati in
Questura, dove il dott. Palatucci offrì loro un pranzo. Il funzionario aveva appreso,
attraverso la censura della corrispondenza, che la signora Neumann aveva espresso ad
alcuni conoscenti il desiderio di mangiare qualcosa di diverso in occasione del Natale. Lemozione fu tale che io riuscivo con
difficoltà ad inghiottire, ricorda la signora, aggiungendo che con il suo aiuto fummo poi liberati e potemmo
salvarci la vita.
Un pensiero di
gratitudine fu poi espresso, dalla signora Neumann, allo zio, Mons. G. M. Palatucci, con
lettera del 26
giugno 1953,
nella quale si parla dei riconoscimenti che venivano tributati alla memoria del dott.
Palatucci, nobilissimo uomo, da
tutti gli ebrei da lui tanto aiutati;
annunziando che la sua testimonianza sarebbe stata inviata anche ad un giornale di New
York, ricordava infine che Vostro nipote (il quale
mi parlava spesso di voi) credeva che sarò internata in Campagna e mi voleva dare per Voi
una lettera di raccomandazione. Fui però mandata a Montefiascone e così purtroppo non ho
avuto lonore di fare la Vostra conoscenza.
Credo che questa
mia breve narrazione - scriveva la signora Neumann nellarticolo pubblicato su
Israel - possa far conoscere la tempra di questuomo, che, in tempi
tanto difficili... è andato oltre il comandamento Ama il prossimo tuo come te stesso. Il
suo nome dovrà essere ripetuto con rispetto e venerazione dalle future generazioni di
Israele.
Anche lebreo Carl
Selan, da New York, in un articolo del 1991, ha voluto ricordare la figura di Giovanni
Palatucci: Tutta la mia famiglia e ognuno che è sfuggito a Hitler e agli Ustascia,
ha trovato un porto di serenità in Fiume solamente per la gentilezza e lammirabile
personalità di Giovanni. Se non fosse stato per lui, ben pochi avrebbero potuto rimanere
vivi oggi.
A proposito dellintesa
creatasi fra Giovanni e lo zio Mons. G. M. Palatucci in favore degli ebrei, questultimo,
in unintervista fattagli in occasione della intitolazione della strada a Ramat Gan -
di cui si dirà in seguito - si sofferma su questo aspetto che lo legava affettivamente ed
operativamente a suo nipote Giovanni: Egli
evitò la cattura di molti israeliti o facendo in modo che lordine non arrivasse, o
personalmente estradando gli israeliti verso lItalia, tanto è vero che molti da
Fiume passarono a Campagna, dove io ero Vescovo, sicché dalle mani sue venivano poi alle
mani mie; li aiutò in tanti modi, da poter riuscire a salvare la vita di numerosissimi
israeliti. Nellintervista Mons. Palatucci ricorda anche - presenti tanti
ebrei da lui accolti - le occasioni in cui nel campo di Concentramento di Campagna, alla
presenza di autorità di Polizia parlò contro la legge razziale, e su questo punto
precisava: Anzi, contro la legge razziale ho
parlato sempre, durante quegli anni della persecuzione degli ebrei e li ho aiutati in
tanti modi, poi col dare ad essi aiuti materiali senza limiti.
Palatucci e lo zio
Vescovo dunque si fecero in quattro per risolvere positivamente i problemi degli ebrei; e
se la via ufficiale incontrava grossi intoppi, Giovanni trovava sempre un modo per far
imbarcare clandestinamente i profughi su qualche nave e farli arrivare sotto la protezione
dello zio. Fino all8 settembre 1943 il ponte sul fiume
Eneo, che divideva il territorio fiumano dalle terre Jugoslave controllate dallesercito
italiano, divenne il canale di salvezza per migliaia di ebrei dellEuropa orientale e
di tutte le regioni della Jugoslavia sottoposte agli ustascia ed ai nazisti.
Un ispettore catapultato
nellufficio di Palatucci il 23 luglio 1943, trovò solo elenchi
di stranieri non residenti più in Italia da moltissimo tempo e ne trasse la convinzione
che il giovane funzionario non si fosse mai curato di seguire gli stranieri con la dovuta
vigilanza. A Palatucci giunse il biasimo per aver reso praticamente inefficiente il
servizio stranieri. Lispezione, probabilmente, fu la conseguenza dei rapporti non
felici con i superiori.
Gli ebrei presenti
a Fiume l8 settembre 1943 erano 3500, in gran
parte profughi della Croazia e della Galizia. Con la creazione della Repubblica Sociale ed
il disfacimento dellesercito italiano, Palatucci rimane solo in quella città a
rappresentare la faccia di unaltra Italia che non voleva essere complice dellolocausto.
Nel novembre del 1943 il territorio di Fiume fu incorporato nella Adriatisches Kustenland,
che si estendeva dalla provincia di Udine a quella di Lubiana. Era una vera e propria
regione militare comandata dal gauliter Friedrich Rainer che disponeva di poteri assoluti.
Lo Stato italiano di fatto in quel vasto territorio non esisteva più. A Fiume lufficiale
tedesco, che poteva decidere vita e morte di chiunque, era il Capitano delle SS Hoepener.
In una situazione
disperata, Giovanni Palatucci decide di rimanere a Fiume e diventa capo di una Questura
fantasma, si rifiuta di consegnare ai nazisti anche un solo ebreo, anzi continua a
salvarne molti rischiando la vita. Il Console svizzero a Trieste, che è un grande amico
di Palatucci, lo mette sullavviso che anche lui è in pericolo e lo invita a
trasferirsi in Svizzera. Palatucci aiuta ad espatriare in Svizzera la donna ebrea di cui
era innamorato, ma rimane ancora a Fiume: dice allamico svizzero che non se la sente
di abbandonare nelle mani dei nazisti gli
italiani e gli ebrei di Fiume. Prende contatto con i partigiani italiani e,
sotto il nome di Danieli, concorda con loro un progetto, da far giungere agli alleati, per
la creazione, a guerra finita, di uno Stato libero di Fiume. Nel febbraio Palatucci viene
nominato, da uno Stato che non esiste più, Questore reggente di Fiume. In questo modo
però poteva aiutare gli ebrei solo clandestinamente: fa sparire allora gli schedari, dà
soldi a quelli che hanno bisogno di nascon- dersi, riesce a procurare a qualcuno il
passaggio per Bari su navi di paesi neutrali. I nazisti, messi sullavviso da spie,
non fidandosi più di lui gli perquisirono la casa. Palatucci ingiunge allora allufficio
anagrafico del Comune di non rilasciare più certificati ai nazisti, se non dietro sua
autorizzazione, allo scopo di conoscere in anticipo le razzie organizzate dalle SS. Il
Capitano Hoepener infatti organizza una grande retata di ebrei: Palatucci però riesce a
preavvertire gli interessati e li aiuta a nascondersi. A questo punto il Capitano delle SS
capisce di essere stato beffato e anche i partigiani consigliano a Palatucci di lasciare
Fiume; ma egli resta ancora.
Il 13 settembre 1944 però, Palatucci venne
arrestato dalla GESTAPO e tradotto nel carcere di Trieste; il 22 ottobre poi fu trasferito
nel campo di sterminio di Dachau .
Il 10 febbraio 1945 morì, dopo aver patito, per circa
quattro mesi, stenti e sevizie d'ogni genere. Si può,
quasi sicuramente, affermare che la causa ultima della sua morte dovette essere il tifo,
che scoppiò sotto forma di grave epidemia a partire dall'autunno del 1944, e che durò
fino alla liberazione del Lager, avvenuta il 29 aprile 1945; in tale periodo ne risulta
documentata la diffusione all'interno del campo, facilitata vie più dalla debilitazione
fisica di tutti gl'internati e dal sovraffollamento abnorme dello stesso Lager dove,
alla fine, confluirono miriadi di deportati già internati in altri luoghi
concentrazionari, quand'essi furono liberati dalle truppe alleate. Giova ricordare che
il campo di sterminio d'Auschwitz fu liberato il 27 gennaio 1945: quindi, due settimane prima della morte
di Giovanni, e in anticipo di tre mesi rispetto alla liberazione di quello bavarese.
Di Giovanni Palatucci
vogliamo ricordare ancora una parola detta nelle ore buie; sapendo che una donna ebrea era
minacciata di imminente arresto, la affidò ad uno dei suoi colleghi dicendogli: Questa
è la signora Scwartz. Trattala, ti prego, come se fosse mia sorella. Anzi, no: trattala
come se fosse tua sorella, perché in Cristo è tua sorella.
Tanti anni dopo, quella signora è partita da Israele ed è andata sino a Fiume, per
mettere un fiore davanti alla Questura in memoria di Giovanni Palatucci.
4.2 I riconoscimenti
Gli ebrei di Fiume
sopravvissuti allimmane tragedia della guerra, delle persecuzioni e dei campi di
sterminio, collegandosi anche alle altre comunità superstiti, decisero, a conclusione
della guerra, di tributare alla memoria di Giovanni Palatucci una degna commemorazione. Un
gruppo di oltre 400 residenti in Israele - persone che erano state salvate dal giovane
funzionario - impegnarono in proposito lebreo fiumano Rodolfo Grani. Si stabilì di
dedicare al nome delleroico e fraterno amico una strada ed un parco in Israele,
nella città di Ramat Gan, presso Tel Aviv. Mons. Palatucci apprese con gioia tale notizia
e assicurò che con immenso piacere andrà in
Israele , dove potrà rivedere gli amici conosciuti a Campagna in quegli anni tristi: in
Israele, sotto il suo magnifico cielo azzurro, nel ricordo di unanima eletta che per
i figli di Israele si sacrificò.
Anche il sindaco di Ramat
Gan, Abraham Krinizi, in data 9 aprile 1953 invitò ufficialmente
a nome del Comitato commemorativo il Vescovo Palatucci e suo fratello padre Alfonso, alle
celebrazioni fissate in quella città per il 23 aprile.
La stampa, e non solo
quella israeliana, ne parlò diffusamente. Tra le note di fonte ebraica quella di un
settimanale stampato a Roma, Israel, con un resoconto del 23-4-53, nel quale è tra laltro
detto che Gli ebrei fiumani in gran parte allo scoppio della guerra furono internati
a Campagna, dove hanno trovato salvezza e potente appoggio nella valorosa persona di S. E.
Mons. G. M. Palatucci, Vescovo, zio di Giovanni. Si può dire brevemente che tutta la
famiglia Palatucci faceva la gara di salvataggio dei perseguitati ebrei.
La cerimonia del 23,
aperta dallinno nazionale italiano e dallinno israeliano, la Hatikva,
si chiuse con la collocazione di 36 alberi lungo la stessa strada dedicata a Giovanni
Palatucci: uno per ogni anno della sua giovane vita terrena stroncata a Dachau; toccò
agli zii collocare i primi due alberi.
La strada dedicata a
Giovanni Palatucci è oggi una delle più belle vie di Ramat Gan (Città dei giardini),
sulla strada principale Caifa - Tel Aviv (alle porte di questa).
Per iniziativa del Keren
Kayemeth Leisrael, Fondo nazionale Ebraico, il direttore del suo Comitato Centrale per lItalia,
Naftali, diede notizia a Felice Palatucci, padre delleroe, di una nuova iniziativa
commemorativa, che avrà poi concreta realizzazione: la creazione sulla collina della
Giudea, nei pressi di Gerusalemme, di una foresta, che porterà il nome di Giovanni
Palatucci. La piantagione avrebbe avuto inizio nel decimo anniversario della sua morte, il
10
febbraio 1955.
La zona scelta per la
foresta è contigua a quella dove già sorge la Foresta dei martiri, in
ricordo di tutti coloro che furono sterminati dalla furia nazista.
Il nome di Giovanni
Palatucci, è posto anche ai piedi di un esile alberello sul Viale dei Giusti;
sulla breve salita che porta al Yod Vashem, al disadorno quadrato di cemento su cui
una grande distesa di lastre di pietre nere copre le ceneri commiste delle vittime dei
campi di annientamento.
Il 17 aprile 1955, sempre in occasione
della ricorrenza della sua morte a Dachau, ed in coincidenza con il X° anniversario della
Liberazione, una Medaglia dOro venne concessa alla memoria di Giovanni Palatucci,
dallUnione delle Comunità Israelitiche dItalia con la motivazione seguente:
Commissario allUfficio stranieri della Questura di Fiume, tanto operò in
favore degli ebrei e di altri perseguitati, che venne arrestato dai nazisti nel settembre
1944 e deportato in Germania. Le sevizie e le privazioni del campo di sterminio, a Dachau,
ne troncarono, alla vigilia della liberazione, la mirabile esistenza. Se al suo nome nello
Stato dIsraele sono state dedicate una via ed una foresta, gli ebrei dItalia
vogliono anchessi onorarne il ricordo.
A Giovanni Palatucci sono
state inoltre dedicate altre strade e piazze nelle città di Torino, Avellino, Genova e
Montella, Roma,Grotte di Castro, e proprio lo scorso novembre 2004, su proposta del
Comitato Palatucci di Campagna e dellAss. Nazionale della Polizia di Stato Sez. di
Salerno, lAmministrazione comunale di Campagna, con voto unanime, ha voluto dedicare
una piazza al Martire Palatucci, nobile figura di uomo, che ha speso tutta la vita per gli
altri. Mentre il popolo ebraico non ha
dimenticato, ed anzi ha ampiamente onorato questo eroico personaggio che aveva scelto la
sua via pericolosa in nome della sua fede in Dio, lo Stato italiano lo ha ignorato per
mezzo secolo. Un documento del Ministero dellInterno, datato 30 luglio 1952, in risposta ad una
proposta ufficiale di riconoscimento, testimonia infatti che nel fascicolo personale di
Giovanni Palatucci non si sono trovati
elementi che comprovino la attività dal medesimo svolta in favore degli ebrei.
Le congetture dei periti ministeriali sono alquanto ridicole: come se lattività
svolta clandestinamente, e in quelle condizioni, da Palatucci potesse figurare in un
documento ufficiale, in un fascicolo personale... a gloria futura.
Tuttavia, in ottemperanza
al proverbio meglio tardi che mai, su proposta del Capo della Polizia dott.
Ferdinando Masone, dellAssociazione nazionale Miriam Novitch - Comunità
ebraiche italiane, e del comune di Montella, il giorno 19 maggio 1995, in occasione della
festa della Polizia, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha conferito la
Medaglia dOro al merito civile alla memoria di Giovanni Palatucci. Al momento del
conferimento - in cui la figura delleroe martire era rappresentata da una giovane
Vice Commissaria dellIstituto superiore della Polizia di Stato - il Presidente
Scalfaro ha desiderato che la medaglia dalle sue mani passasse, per la consegna, a quelle
di Tullia Zevi, presidente delle Comunità ebraiche italiane. Presenti erano le massime
autorità dello Stato italiano.
La Medaglia è ancora
oggi custodita presso la famiglia di Palatucci a Montella.
Nel gennaio precedente,
sempre in occasione del cinquantenario della morte di Palatucci, cè stato un altro
riconoscimento, sempre però da parte ebraica, alla sua memoria; la cerimonia ha avuto
luogo nella Questura di Avellino, alla quale è stata consegnato un dipinto raffigurante leroe
martire. Il dipinto è stato donato da Georges de Canino, massimo pittore ebreo, il quale,
con questa sua opera ha inteso tributare alla sua memoria un atto di amore e
gratitudine del popolo ebraico nella sua terra natale, e propriamente nella sede
della Questura.
La totale disponibilità
delleroico giovane funzionario si ispirò senza dubbio ad uno spiccato senso civile
del dovere e dello Stato e ad un elevato spirito di religiosa fratellanza. Questa
specifica valenza religiosa ed ecumenica della sua azione e del suo olocausto, è stata
attentamente osservata dalla Chiesa cattolica, difatti nellottobre del 2000 ha
avviato listruttoria per la beatificazione e, nello
scorso febbraio 2004 si è chiuso il processo di I° grado del processo di canonizzazione,
dellindimenticabile Questore di Fiume che salvò dalla deportazione,
oltre 5000 ebrei.
|