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        Adolf Hitler e il Mutfì di Gerusalemme
         di Alberto Rosselli 
        La storia
        degli intensi e complessi rapporti che, tra il 1934 e il 1945, intercorsero tra il Gran
        Muftì di Gerusalemme, Amin al Husseini, capo spirituale dei mussulmani palestinesi, e il
        leader nazista Adolf Hitler rappresenta una delle vicende a sfondo politico-religioso più
        interessanti e meno note di quegli anni 
        I motivi che spinsero la più alta e
        venerata personalità religiosa del Medio Oriente ad unire i propri destini a quelli del
        dittatore tedesco e, più in generale, alle forze dellAsse, suscitano infatti
        unindubbia curiosità, aprendo le porte ad un dibattito che, nellattuale
        contesto politico internazionale, caratterizzato dalla recrudescenza dellestremismo
        islamico antisionista e antioccidentale, assume una valenza ancora maggiore. La
        condivisione dei programmi antisemiti e la comune avversione nei confronti dei sistemi
        democratici furono tra gli elementi che, sessantanni fa, cementarono le basi di
        unintesa politica e militare tra il nazismo e il Movimento Arabo del Gran Muftì:
        unalleanza di cui, tuttavia, per molti anni poco si è detto e scritto, almeno in
        Italia; forsanche a causa di quel malinteso senso di tutela e di rispetto per la
        seppure giusta causa palestinese.  
        Che il Gran Muftì di Gerusalemme nutrisse
        molta simpatia nei confronti dellideologia antisemita è cosa nota, ma assai meno lo
        sono i documenti e i carteggi che testimoniano, in maniera chiara ed inoppugnabile, il
        tentativo condotto da Amin al Husseini e dai vertici del nazismo per dare vita ad un vasto
        e articolato programma di sterminio e di lotta armata sia nei confronti della comunità
        israelitica internazionale, che contro le democrazie occidentali: un piano dal quale,
        sotto certi aspetti, il principe del terrore Bin Laden sembra avere tratto
        più di uno spunto. Oggi, però, grazie allimpegno di un gruppo di storici
        israeliani e statunitensi e alle testimonianze emerse dagli archivi segreti del Terzo
        Reich, del governo americano, inglese ed ex-sovietico, è possibile ricostruire con
        precisione (purché ne sussista la volontà, ovviamente) la trama e il contenuto di uno
        dei più scellerati complotti di matrice razzista e terrorista mai progettati nel corso
        del XX secolo. Dopo anni di indagini e di studi, i ricercatori dellistituto Simon
        Wiesenthal di Los Angeles sono riusciti a fare riemergere dagli archivi del
        controspionaggio nordamericano buona parte della corrispondenza segreta e dei diari
        personali del Gran Muftì di Gerusalemme e un certo numero di casse contenenti una
        voluminosa massa di documenti (in lingua araba e tedesca) attraverso la lettura dei quali
        è possibile fare luce sullintera e complessa vicenda. 
        Dopo la caduta del muro di Berlino, gli
        studiosi israeliani e statunitensi (supportati anche da informazioni e suggerimenti
        forniti da colleghi inglesi, russi e serbi) hanno infatti passato al setaccio tutto il
        materiale e le testimonianze relativi allattività di Husseini e dei gruppi arabi
        che, a cavallo degli anni Trenta/Quaranta, collaborarono attivamente con i nazisti. Nella
        fattispecie, la documentazione fa riferimento ai numerosi dossier redatti tra il 1936 e il
        1945, dalla Kripo (la Polizia Criminale nazista) e dalla Gestapo, dalla
        Sezione Mediorientale dellAbwehr (il Servizio Segreto tedesco diretto
        dallammiraglio Wilhelm Canaris); dal Dipartimento Affari Islamici e del Centro
        Addestramento Elementi Mussulmani delle Waffen SS (posto alle dirette
        dipendenze di Heinrich Himmler); dal Comando Operazioni Oriente della
        Divisione Speciale Brandeburg; dal Sonderstab F del generale Helmut
        Felmy (organismo incaricato di arruolare nella Wehrmacht volontari mediorientali,
        nordafricani, ma anche transcaucasici e russo-asiatici) e dallArab Bureau del
        dicastero degli Esteri di Joachim von Ribbentrop.  
        Foreign Office di Londra e dal Comando Supremo dellEsercito
        inglese in Egitto, lo sceriffo inizia, infatti, a progettare una rivolta nazionalista
        araba con lintento di liberare dal giogo ottomano la regione dellHegiaz, posta
        sotto il suo governo, e le città sante di Medina, La Mecca e Gerusalemme. Tra il 1914 e
        il 1918, Amin al Husseini segue e partecipa con interesse alla lotta condotta dallo
        sceriffo contro i turchi, fornendo, sembra, il suo appoggio alla causa attraverso
        attività segrete e di spionaggio. Nel marzo 1920, partecipa al Congresso panarabo di
        Damasco che proclama lindipendenza dellIraq sotto il re Abdullah e della Siria
        sotto Feisal, uno dei figli dello sceriffo Hussein della Mecca. Nel successivo mese di
        aprile, Amin al Husseini aderisce allorganizzazione di una sommossa antiebraica in
        Palestina (regione posta sotto mandato britannico) e, in seguito alla creazione della Haganah
        (lorganizzazione armata di autodifesa ebraica), contribuisce a fondare diverse bande
        terroristiche antibritanniche, incominciando, nel contempo, a pianificare una strategia
        per eliminare fisicamente tutti gli elementi sionisti dal territorio
        mediorientale. Nel maggio 1921, Husseini fomenta nuove manifestazioni
        antisioniste in Palestina e, poco dopo, viene nominato Gran Muftì di Gerusalemme, la più
        alta carica religiosa dellislam, acquisendo subito grande prestigio e potere. Nel
        1925, favorisce segretamente la nascita dellAssociazione Armata Araba guidata dal
        fondamentalista siriano Izz al-din Qassam. Nellagosto del 1929, Husseini dà la sua
        benedizione ad una delle più violente persecuzioni antiebraiche. Con lintento di
        limitare il diritto di preghiera degli israeliti presso il Muro del Pianto di Gerusalemme
        e le visite alla Tomba dei Patriarchi di Hebron, Husseini sobilla nuovamente la
        popolazione mussulmana, contribuendo, tra laltro, alla soppressione della secolare
        comunità ebraica di Hebron.  
        Nel 1931, il Gran Muftì sostiene la nascita del Partito Arabo per
        lIndipendenza, uno schieramento che reclama a gran voce lunione
        politico-religiosa tra Palestina e Siria, regione posta sotto mandato francese. Nel 1933,
        dopo la salita al potere di Hitler in Germania, Husseini confida ai suoi discepoli e
        collaboratori di intravedere un nuovo, radioso futuro, e predice lavvento
        di una nuova era di libertà per i mussulmani di tutto il mondo. Galvanizzato
        dai risultati delle repressioni antiebraiche messe in atto dai nazisti, il Gran Muftì,
        che ormai si avvale di un folto seguito di seguaci, scatena nuove rivolte a Jaffa, Haifa e
        Nablus. molto cordiale e proficuo, Husseini conferma il suo incondizionato sostegno
        alla Germania di Hitler, domandando al diplomatico fino a che punto il Terzo
        Reich fosse disposto a sostenere il movimento arabo contro gli ebrei. Ricevute
        soltanto vaghe assicurazioni in proposito, nel 1936, Amin al Husseini invia alcuni suoi
        collaboratori a Berlino per intraprendere amichevoli contatti con i capi del
        movimento nazista. E nel contempo, in Palestina, proclama la lotta armata contro
        le comunità ebraiche e le forze di occupazione inglesi, affidando il compito di dirigere
        la rivolta a Fawzi el Kawakij. Questultimo, nel 1941, sosterrà assieme allo stesso
        Muftì il fallito colpo di stato anti-inglese del leader nazionalista iracheno Rashid
        Alì, e, successivamente, nel 1948, guiderà le truppe arabe irregolari contro il neonato
        stato di Israele. In occasione dei disordini del 1936, Husseini incita i mussulmani
        fondamentalisti ad attaccare anche le fazioni moderate islamiche, causando (secondo fonti
        britanniche) non meno di 4.000 morti. Informati della rivolta dal console tedesco, il
        ministero degli Esteri e i vertici delle Waffen SS, iniziano a prestare maggiore
        attenzione allattività del Muftì e dei suoi seguaci, pur mantenendo nei confronti
        del mondo islamico un atteggiamento di sostanziale diffidenza. Nel settembre 1937, due
        giovani ufficiali delle SS, Karl Adolf Eichmann (che diverrà in seguito il
        coordinatore supremo della Soluzione Finale) ed Herbert Hagen, vengono inviati
        a Gerusalemme per cercare di sondare il livello di affidabilità del Muftì e dei suoi
        collaboratori e, eventualmente, trovare i presupposti per una più concreta cooperazione
        politico-militare. Lordine di Hitler è infatti quello di intensificare i rapporti
        tra nazismo ed islamismo radicale, ma di procedere con assoluta cautela. Pur reputando
        interessante lopportunità di agganciare al carro nazista un elemento di prestigio
        come il Gran Muftì, il Führer - che non nasconde il suo disprezzo non soltanto
        per gli ebrei, ma anche per tutta la razza semita - non desidera, almeno per il momento,
        provocare una crisi mediorientale dai risvolti imprevedibili. Mentre i due agenti tedeschi
        si apprestato a partire per la Palestina, le autorità militari inglesi, che già da tempo
        indagano sulle attività sovversive del Gran Muftì, spiccano un mandato di cattura contro
        Amin al Husseini, costringendo questultimo a darsi alla macchia. Tuttavia, una volta
        giunti ad Haifa, Eichmann e Hagen riescono egualmente a contattarlo. I colloqui segreti
        tra i due agenti e il Gran Muftì si rivelano abbastanza promettenti. Alla fine, Eichmann
        offre ad Husseini la protezione dei servizi segreti tedeschi e la fornitura di denaro,
        armi, munizioni ed esplosivi in cambio del suo impegno ad operare a fianco della Germania
        per debellare il demone sionista, ma anche per minare le fondamenta del
        dominio anglo-francese in Medio Oriente. Husseini non pone alcuna difficoltà,
        dichiarandosi felice di cooperare per il trionfo di una giusta causa, e
        promette di fare del suo meglio, coinvolgendo anche i leader delle comunità mussulmane di
        Siria, Transgiordania, Libano e Iraq. Nel 1938, secondo il carteggio Wiesenthal, il nome
        in codice del Gran Muftì risulta già nel libro paga dellAbwehr II. Verso la
        fine dello stesso anno lAbwehr II pianifica un programma per inviare
        in Palestina, tramite navi battenti bandiera neutrale, alcune forniture di armi e
        munizioni destinate alle forze di Husseini. Per motivi di sicurezza, il carico dovrebbe
        essere sbarcato in un porto dellArabia, probabilmente Gedda. Allultimo
        momento, però, loperazione viene sospesa. Hitler, già impegnato in Spagna, con la Legione
        Kondor, a fianco del generale Francisco Franco, ed in procinto di annettere la Boemia
        alla Germania, preferisce evitare di inasprire ulteriormente i rapporti con
        lInghilterra, i cui servizi segreti, tra laltro, sono già al corrente dei
        legami tra i nazisti e il Gran Muftì. Nel settembre del 1939, allindomani
        dellinvasione tedesca della Polonia, Amin al Husseini dichiara pubblicamente di
        volere dare il suo esplicito sostegno al meritevole e coraggioso condottiero
        Adolf Hitler, incitando i mussulmani a prendere le armi a fianco della
        Germania nazista. Allinizio del 1941, dai microfoni di unemittente
        segreta, il Gran Muftì invoca il diritto degli arabi a risolvere il problema
        ebraico con le stesse modalità e gli stessi mezzi adoperati dal Führer, e lancia un
        proclama affinché tutti gli islamici contribuiscano con le armi al successo delle forze
        dellAsse. Tuttavia, non potendo ancora usufruire di una protezione tedesca
        e temendo di essere arrestato dagli inglesi, verso la fine del 1940, Amin al Husseini
        decide di fuggire in Iraq e di muoversi per conto proprio, utilizzando il denaro che nel
        frattempo gli è stato inviato dallAbwehr. Grazie a queste risorse, egli
        inizia a sostenere il partito nazionalista iracheno di Rashid Alì (compagine che, tra
        laltro, controlla buona parte dellesercito), fortemente avverso agli inglesi e
        agli ebrei. E la Mesopotamia diventa così il banco di prova dellorganizzazione
        messa in piedi dal Muftì con i marchi tedeschi. Rashid Alì, che sta aspettando il
        momento migliore per scatenare la rivolta anti-inglese, accoglie Husseini come un fratello
        e lo nasconde in un rifugio segreto, consentendogli di operare indisturbato. Tra la fine
        del 1940 e linizio del 1941, molti funzionari iracheni stabiliscono rapporti di
        segreta cooperazione con lormai fantomatico Muftì che, con molta abilità, continua
        ad eludere le ricerche della polizia e dellesercito inglese presenti anche in Iraq.
        Nellaprile 1941, il Movimento rivoluzionario di Husseini si consolida, iniziando,
        tra laltro, a ricevere sovvenzioni in denaro anche da dallItalia,
        dallArabia Saudita e dallEgitto. Nel suo rifugio segreto sotterraneo (situato,
        sembra, tra Baghdad e Mosul), protetto dai compiacenti militari iracheni, il Muftì
        conduce una vita piuttosto agiata. Egli dispone, infatti, di un attrezzato ufficio dotato
        di linea telefonica, di una potente stazione radio, di servizi e di un ampio magazzino
        zeppo di armi, munizioni, viveri e medicinali. Assieme a lui lavorano almeno una dozzina
        di collaboratori fidati ed altrettante guardie del corpo, quasi tutte provenienti
        dallesercito iracheno. Nella primavera del 1941, Rashid Alì, sostenuto
        dallesercito nazionale e dalle cellule di Husseini, dà inizio alla sommossa
        antibritannica. Rashid Alì obbliga il primo ministro iracheno, il filo-inglese Nuri Said
        Pasha, a dare le dimissioni; dopodiché ordina alle sue truppe di chiudere i rubinetti
        delle lunghe condotte che collegano i campi petroliferi mesopotamici al porto di Haifa e
        di circondare le scarsamente presidiate basi dellaviazione e dellesercito
        inglesi. Contemporaneamente, il Muftì lancia, attraverso un messaggio radio, la jihad (la
        guerra santa) contro lInghilterra. Nonostante il fulmineo avvio del Golden Square
        o Blocco dOro (il brillante nome in codice con cui Rashid aveva voluto
        battezzare la sua insurrezione), la manovra si rivela, però, intempestiva e male
        architettata. Innanzitutto, perché sia Rashid Alì che il Muftì non tengono al corrente
        lAbwehr circa le loro mosse, e in secondo luogo perché le forze armate
        italo-tedesche, impegnate in questo periodo in Grecia contro lesercito inglese ed
        ellenico, non sono ancora in grado di intervenire con la dovuta celerità ed incisività
        in Medio Oriente. Hitler e Mussolini, infatti, non potranno che inviare agli iracheni
        ribelli che qualche dozzina di consiglieri, meno di cinquanta aerei da trasporto e da
        combattimento e - tramite il compiacente governo francese di Vichy - un solo convoglio
        ferroviario carico di armi e munizioni proveniente dalla Siria. A completare la frittata
        ci pensa poi il Comando dellesercito iracheno che, palesando unevidente
        inettitudine, non riesce ad eliminare i pochi presidi inglesi che, nellarco di dieci
        giorni, vengono soccorsi da un forte corpo di spedizione proveniente dallEgitto e
        dallIndia. Consolidata nuovamente la loro presenza sul territorio mesopotamico, gli
        inglesi schiacciano la rivolta nazionalista irachena e costringono sia Rashid Alì che il
        Muftì a fuggire. Questultimo, braccato dai britannici, riesce a trasferirsi nel
        nord del paese da dove - grazie al denaro e alla connivenza di ribelli mussulmani - passa
        in Iran e successivamente in Turchia. Giunto ad Istanbul, Amin al Husseini si mette in
        contatto con alcuni agenti tedeschi che lo aiutano a raggiungere la Germania. Verso la
        metà del novembre 1941, il Muftì giunge a Berlino, dove viene accolto da Eichmann.
        Questi lo introduce nei palazzi della politica, dove viene interrogato da alcuni alti
        ufficiali delle SS circa il fallimento del Golden Square. Husseini non
        mostra alcun imbarazzo nelladdossare tutta la colpa del disastro alla quinta
        colonna ebraica che opera in Iraq, aggiungendo che un più concreto e sollecito
        sostegno da parte delle forze dellAsse avrebbe probabilmente evitato il grave
        infortunio. Linfelice osservazione del Muftì irrita non poco i tedeschi e rischia
        di compromettere i futuri piani di cooperazione arabo-nazisti. Tuttavia, Eichmann ci mette
        una pezza e convince il Führer a continuare ad accordare fiducia e sostegno
        allalleato. Il 20 Novembre 1941 il ministro del Esteri tedesco, Joachim von
        Ribbentrop, riceve il Gran Muftì, e dal loro colloquio vengono poste le basi per il
        successivo incontro con Hitler. La trascrizione della lunga conversazione tra il Muftì e
        Hitler venne messa a disposizione di Husseini nel maggio 1945, in una villa nei pressi
        della capitale tedesca, e trasmessa allarchivio dei servizi segreti statunitensi e
        successivamente a quello delle Nazioni Unite, dove rimase ben custodita e, curiosamente,
        mai pubblicizzata. Intervistato sullargomento dal quotidiano Hadashot, lo
        storico e orientalista israeliano Zvi Alpeleg ha affermato che lesistenza di questo
        documento (venuto alla luce pochi anni fa, grazie alle ricerche degli uomini di
        Wiesenthal) era nota da tempo. Tanto che, nel gennaio 1946, in seguito ad una fuga di
        notizie, il quotidiano americano New York Times pubblicò un articolo sulla
        vicenda, il cui contenuto venne smentito da alcuni governi arabi, come la Siria e
        lIraq. Guarda caso, proprio nel periodo in cui, sempre da fonte stampa statunitense,
        il mondo venne a sapere che il governo di Damasco e del Cairo, con la complicità
        dellUnione Sovietica, avevano dato rifugio ad alcuni consiglieri
        provenienti dalle file delle SS e della Gestapo. A titolo di cronaca, è
        ormai provato che negli anni Cinquanta, lUnione Sovietica abbia fornito
        allo Stato maggiore dellesercito del dittatore egiziano Nasser unaltra
        partita di consiglieri nazisti (tra cui diversi fisici e chimici
        esperti in missilistica e in armi chimiche e batteriologiche) per mettere a punto armi
        balistiche dotate di testate atomiche, a gas o a virus, da utilizzare contro Israele.
        Ancora nel 1966, questa volta secondo fonti francesi e israeliane, lormai anziano
        Amin al Husseini si sarebbe adoperato per introdurre segretamente in Libano e in Iraq
        altri tecnici ex-nazisti da lui conosciuti durante il suo lungo soggiorno in
        Germania. Ma torniamo al colloquio del 22 novembre 1941 tra il Gran Muftì e Adolf Hitler.
        Nel corso dellincontro, durato circa unora e mezza, il Gran Muftì dichiarò
        che gli arabi dovevano essere considerati amici naturali della Germania
        e che egli era pronto ad adoperarsi per convincere tutti i mussulmani
        presenti in Africa Settentrionale, nellEuropa occupata e in Russia ad
        arruolarsi in una speciale Legione Araba (la Freies Arabien) al servizio
        della comune causa antisionista e antioccidentale. In questa gigantesca lotta,
        gli Arabi si batteranno anche per scacciare gli anglo-francesi dal Medio Oriente e per
        creare i presupposti di un grande Stato Arabo Unito, comprendente la Palestina, la Siria,
        il Libano, la Transgiordania e lIraq. Dal canto suo, il Führer
        (che, in seguito allo smacco subito da Rashid Alì, non si fidava più delle capacità
        organizzative e militari dei capi arabi) assicurò che la Germania, pur essendo
        decisa a richiedere alle nazioni sue alleate (Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria,
        Croazia, Slovacchia e Finlandia, ndr) di contribuire fattivamente alla risoluzione del
        problema ebraico, non riteneva ancora opportuno dirigere un simile
        appello ai popoli mediorientali e a quello iraniano, troppo strettamente controllati dalle
        forze inglesi e sovietiche. Pur amareggiato dalle dichiarazioni del Führer,
        Amin al Husseini tentò, nei mesi successivi, di persuadere sia Hitler che Mussolini a
        sottoscrivere un documento ufficiale con il quale la Germania e lItalia si
        sarebbero impegnate in tempi brevi ad intervenire militarmente in Medio Oriente per
        aiutare i mussulmani a scacciare gli inglesi. Dichiarazione, questa, che i due
        dittatori non sottoscrissero poiché, al momento, risultava tecnicamente inattuabile. Il Führer
        preferì rinviare qualsiasi eventuale azione nella regione ad una data successiva alla
        conquista del Caucaso e della valle del Nilo da parte delle forze dellAsse. Amin al
        Husseini dovette quindi accontentarsi. In attesa dello sfondamento italo-tedesco
        dei fronti egiziano e caucasico - annotò sul suo diario - ai mussulmani non rimane
        che mettersi a disposizione della Germania, partecipando alla distruzione dei sionisti in
        Europa Per cercare di andare incontro ad Husseini, nel 1942 i tedeschi lo posero alla
        direzione dellUfficio Arabo: un ente controllato dalle SS al
        quale sarebbe spettato il compito di fare propaganda antisemita e di favorire
        larruolamento dei mussulmani nella Legione Araba di cui si è detto, ma anche
        nei reparti delle SS appositamente costituiti da Himmler per inquadrare elementi
        bosniaci e albanesi. Questi ultimi andarono, infatti, a formare la 13ma Divisione da
        montagna SS Handschar e la 21ma Divisione da montagna Skanderbeg,
        indossando una divisa da combattimento abbastanza simile a quella in uso nelle sezioni
        analoghe tedesche. Sul capo essi portavano il fez rosso con appuntato il teschio, mentre
        al posto delle consuete scritte runiche del colletto comparvero curiosi gagliardetti con
        una scimitarra islamica. Va notato infine che, nonostante il suo personale disprezzo nei
        confronti di tutte le religioni, Himmler concesse ai volontari mussulmani delle due
        divisioni di praticare una dieta particolare vincolata ai precetti mussulmani, di pregare
        pubblicamente secondo la ritualità, e di festeggiare e osservare le feste e i digiuni
        imposti dal Corano. Situato non lontano da Berlino, il quartiere generale del Muftì
        controllava una fitta rete di collaboratori, sia i Europa che nel resto del mondo. Esso,
        infatti, estendeva la sua autorità a tutto il Medio Oriente, e al Nord Africa, ma anche
        sulle più lontane regioni asiatiche abitate da minoranze islamiche. Tra il 1942 e il
        1944, il Gran Muftì lavorò intensamente, consentendo larruolamento nella Legione
        Araba e nelle Divisioni Waffen SS di molti uomini. Grazie alla sua martellante
        propaganda, attuata tramite potenti stazioni radio messe a disposizione dai tedeschi, e
        mediante frequenti viaggi, decine di migliaia di mussulmani balcanici andarono a formare
        le nuove divisioni di Himmler. Queste unità, divenute ben presto note per la loro
        ferocia, vennero spesso impiegate nei Balcani in azioni antipartigiane e nei
        rastrellamenti di ebrei e zingari. Nel 1943, non meno di 50.000 mussulmani di varia
        provenienza risultavano presenti nelle divisioni SS o nei reparti speciali tedeschi
        (1). Anche se la Legione Araba (lunità sulla
        quale il Muftì contava molto in quanto egli la considerava lelemento costituente
        del suo futuro esercito) non arrivò mai a superare gli effettivi di qualche battaglione.
        Lunità, contrariamente alle aspettative dei tedeschi, fornì inoltre risultati
        piuttosto deludenti sia sotto il profilo disciplinare che operativo e bellico Nel corso
        del conflitto, molto intensa risultò anche lazione diplomatica svolta dal Gran
        Muftì. Tra il 1942 e il 1944, egli effettuò diversi viaggi per lEuropa, recandosi
        nelle regioni abitate da nuclei mussulmani (Bosnia, Kosovo, Albania) per constatarne la
        fedeltà al Reich, e stringendo rapporti di amicizia e cooperazione anche con i
        capi di movimenti parafascisti croati e serbo-cetnici che avevano in comune un profondo
        odio nei confronti degli ebrei e delle democrazie occidentali. Non solo. Sembra che nel
        1942, tramite lambasciata giapponese di Berlino, il Muftì abbia avviato contatti
        perfino con il governo di Tokyo, il cui ministero della Guerra era intenzionato a servirsi
        di lui e dei suoi seguaci per fare insorgere contro gli eserciti di Ciang Kai Shek e di
        Mao Tse Tung le comunità mussulmane della Cina centro-occidentale (regioni del Tarim e
        del Tsinghai) e per tenere buone quelle, assai più numerose, dellIndonesia e delle
        isole meridionali delle Filippine. Nella sua veste di responsabile della supervisione
        della propaganda radio dellAsse diretta verso i popoli mussulmani, il Muftì
        utilizzò spesso le numerose ed efficienti emittenti radio tedesche, potendo contare, nel
        1942, su almeno sei stazioni. Ma Husseini amava molto parlare anche davanti alle grandi
        folle. Nel giugno del 1943, a Berlino, in occasione di unimportante adunata nazista,
        il Muftì lanciò strali contro la Dichiarazione Balfour, prendendosela, tanto per
        cambiare, con la cospirazione anglo-sassone, massonico-ebraica.
        Rivolto agli alti gradi delle SS presenti, disse: Il trattato di
        Versailles non fu soltanto un disastro per voi tedeschi, ma lo fu anche per il popolo
        arabo. In ogni caso, oggi sappiamo come rimettere le cose al loro giusto posto e,
        soprattutto, oggi siamo tecnicamente in grado di eliminare dalla faccia della terra tutti
        gli israeliti Tra il 1941 e il 1943, il Muftì e i servizi segreti tedeschi inviarono in
        Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Palestina, Siria e Trasgiordania un gran numero di
        opuscoli e di altro materiale propagandistico antinglese e soprattutto antisionista. Anche
        quando le armate del Reich dovettero abbandonare le steppe russe e lAfrica
        settentrionale, arretrando sempre più verso i confini tedeschi, Husseini continuò a
        lottare, lanciando messaggi alle popolazioni mediorientali, africane e addirittura alle
        minoranze arabe residenti in Asia e negli Stati Uniti, spronandole a combattere contro il
        demonio sionista e plutocratico. Il 1° Marzo 1944, nel corso dellennesima
        trasmissione radiofonica, il Muftì ebbe modo di ribadire il suo immutato odio nei
        confronti degli israeliti: Arabi! Alzatevi come un solo uomo e combattete per i
        vostri sacrosanti diritti. Uccidete gli ebrei dovunque li troviate. Ammazzate, e farete
        cosa gradita da Allah. Ma intanto la guerra stava volgendo al termine e le
        armate di Hitler ripiegavano su tutti i fronti sotto la pressione delle forze
        anglo-americane e sovietiche. Catturato nel tardo aprile del 1945 in un piccolo paese
        della Germania occidentale dalle truppe statunitensi, Al Husseini venne tradotto in un
        carcere francese da dove, nel 1946, riuscì però ad evadere, rifugiandosi prima al Cairo
        e poi a Beirut, in Libano. In questa città egli dedicherà il resto della sua esistenza
        ad elaborare piani e strategie finalizzati alla distruzione della razza ebraica e dello
        stato di Israele, dando, con immutata perseveranza e rabbia, il suo sostegno materiale
        morale a tutti i nemici del sionismo. Venerato ma ormai messo da parte dai più giovani e
        rampanti leader del terrorismo islamico, lex Gran Muftì di Gerusalemme Amin al
        Husseini morirà nella capitale libanese il 4 luglio 1974. 
         NOTE: 
        1. Nel corso della campagna di Russia, i tedeschi ebbero
        modo di arruolare nelle file del loro esercito un elevato numero di volontari mussulmani,
        inquadrandoli in appositi reparti. Nella fattispecie vennero formati non meno di 10
        battaglioni a cavallo calmucchi; il raggruppamento battaglioni turchi Haroun el Rashid;
        nove battaglioni tartari; quattro/sei battaglioni caucasici (formati da georgiani e
        azerbaigiani e dellAbhkazia); una brigata di fanteria cosacca; due grosse divisioni
        di cavalleria cosacca del Kuban e del Terek e parecchie compagnie formate da elementi
        provenienti da Kazakistan, Turkmenistan, Usbekistan, Tagikistan e Kirghisistan.
        Ladesione spontanea di queste minoranze alla causa nazista derivava in gran parte
        dalla dura, e spesso spietata, politica di segregazione etnico-religiosa attuata nel corso
        degli anni Trenta dal regime di Stalin. 
          
        2. Già a partire dal luglio del 1941, la Germania aveva
        intrapreso laddestramento di speciali unità formate da elementi arabi mediorientali
        e nordafricani. Poco dopo la fallita rivolta antinglese di Rashid Alì, il Comando
        dellEsercito tedesco diede incarico al generale Hellmuth Felmy di provvedere
        alladdestramento di un primo nucleo di combattenti mussulmani. Felmy cercò di
        inquadrare alcune centinaia di uomini, costituendo l845° Battaglione Arabo-Tedesco.
        I problemi che Felmy dovette affrontare furono però molti e diversi. A parte
        lassoluta impreparazione militare evidenziata da quel primo nucleo di volontari
        assai poco portati alla disciplina, il generale notò ben presto che allinterno
        della truppa sussistevano anche diverse fazioni ideologiche. Una parte degli uomini
        dell845° simpatizzavano, infatti, con il partito guidato dal nazionalista siriano
        Fauzi Kaikyi, unaltra si dichiarava seguace  del
        partito nazionalista iracheno dellex-primo ministro Rashid Alì, mentre una terza si
        dichiarava fedele al Gran Muftì di Gerusalemme. Nellestate del 1941, il battaglione
        venne trasferito in Grecia, a Sounio, una località situata nellestremo lembo
        meridionale dellAttica, dove avrebbe iniziato il suo ciclo di addestramento. I
        tedeschi scelsero questa località sia per motivi climatici che strategici, in quanto essi
        pensavano di utilizzare lunità araba in Africa Settentrionale o in Medio Oriente
        (specificatamente in Palestina, Transgiordania, Siria e Iraq). Durante prima la fase di
        addestramento, gli istruttori tedeschi (ufficiali che, prima della guerra, avevano
        soggiornato a lungo nei paesi arabi o che durante il Primo Conflitto mondiale avevano
        prestato servizio in Medio Oriente nelle file dellAsienkorps tedesco del generale
        Erich von Falkenhein) impartirono alle reclute lezioni di tedesco, insegnando poi ad esse
        luso di svariate armi ed esplosivi. I risultati ottenuti furono però piuttosto
        scarsi, in quanto i volontari mussulmani, molto preparati e determinati sotto il profilo
        ideologico e politico, si rivelarono in realtà piuttosto pigri, indisciplinati,
        disordinati e scarsamente portati al combattimento moderno. Il 24 luglio 1941, intanto, a
        Potsdam, una seconda Unità di Addestramento, la Sonderverband 288, riuscì a mettere
        insieme un altro gruppo di volontari mussulmani fedeli al Muftì, inquadrandoli in uno
        speciale battaglione da impiegare nella guerra nel deserto. Terminato il ciclo di
        addestramento, lunità, che in realtà non contava neanche 150 uomini, venne inviata
        a Bengasi, entrando a fare parte dei reparti mobili dellAfrika Korps del generale
        Erwin Rommel. In Libia, il battaglione assunse anche la pomposa denominazione di
        Panzergrenadier Regiment Afrika. Il 26 gennaio 1942, il capitano Schober
        assunse il comando del raggruppamento arabo che ricevette anche nuove uniformi colore
        sabbia. Sulla manica della giubba spiccava per la prima volta uno stemma di tessuto che
        riportava una bandiera rosso, verde, bianca, nera, con impressa la scritta Libera
        Arabia, sia in arabo che in tedesco. Nellaprile del 1942, il battaglione
        contava 133 effettivi. Non si hanno notizie circa limpiego operativo di questa
        unità che venne affiancata da una compagnia tedesca e da una compagnia formata da
        ex-legionari francesi fedeli al governo di Vichy. Ciò che si sa è che 30 elementi
        considerati i meglio preparati entrarono in seguito a fare parte di una speciale compagnia
        guastatori dellesercito tedesco, addestrata per compiere incursioni in Ciad e in
        Egitto, allinterno delle linee inglesi. Il 4 agosto 1942, grazie anche
        allopera propagandistica del Gran Muftì, il Comando Supremo tedesco formò un terzo
        battaglione arabo, la cosiddetta Sonder Verbande 287. Lunità, che venne addestrata
        nel campo di Doberitz, era formata da circa 200/300 uomini e raggruppava diversi elementi
        tratti dall845° Battaglione. In occasione della grande offensiva destate
        scatenata dallesercito tedesco sul fronte del Caucaso, il Gran Muftì insistette
        presso il Comando tedesco affinché almeno un reparto arabo venisse impiegato in quella
        regione, abitata in buona parte da popolazioni di religione mussulmana. E lo stesso
        Hitler, che in realtà non aveva mai nutrito eccessiva fiducia nelle capacità militari
        degli arabi, ritenne opportuno dare il suo benestare. E fu così che il 21 agosto, il
        Gruppo Speciale F (alias Sonder Verbande 287) venne trasferito da Doberitz a Stalino
        (Ucraina), entrando a fare parte della 1a Armata Panzer alla quale sarebbe spettato
        larduo compito di raggiungere e conquistare i grandi campi petroliferi di Grozny e
        di Baku e di proseguire poi in direzione della Persia e della Siria. Verso la metà di
        settembre, il Battaglione Arabo, adeguatamente addestrato, armato e rinforzato da elementi
        tedeschi, venne trasferito nella zona doperazioni compresa tra il fiume Kuma e il
        canale del Manich, andando ad integrarsi con i reparti tedeschi appartenenti alla 16ma
        Divisione di Fanteria Motorizzata che controllava Elista e gli estremi capisaldi orientali
        situati nella Steppa dei Calmucchi. Secondo le direttive del Comando supremo, il
        battaglione arabo venne poi spostato un po più a sud, nella Steppa del Nogay, per
        andare a presidiare i nodi di Acikulak e Urozajne. Giunto in questa regione il reparto
        arabo venne integrato con diversi elementi locali di religione mussulmana, e venne
        attrezzato per andare ad operare allinterno della catena del Caucaso, assieme alle
        truppe da montagna della 1a Armata tedesca che, nel frattempo, avevano ricevuto
        lordine di conquistare tutti gli alti passi montani e di penetrare in Abhkazia e in
        Georgia. Obiettivo che tuttavia rimase sulla carta in quanto, a metà di ottobre del 1942,
        i russi scatenarono una poderosa controffensiva, costringendo lintero Gruppo A
        dellArmata Tedesca a ritirarsi, e con essa anche il reparto arabo. In seguito al
        ripiegamento, il battaglione venne sciolto e parte dei suoi componenti optarono per andare
        a lavorare nel servizio segreto tedesco. I rimanenti soldati vennero inquadrati in un
        piccolo distaccamento acquartierato in Germania. Dopo lo sbarco anglo-americano in Nord
        Africa dell8 novembre 1942, il Gran Muftì chiese al Comando germanico di impiegare
        in Tunisia alcuni plotoni tratti dai tre battaglioni arabi. Nel dicembre dello stesso
        anno, un centinaio di volontari arabi, agli ordini di ufficiali tedeschi, venne inviato a
        Palermo per poi essere trasferito, nel gennaio del 1943, a Tunisi. Giunto in Africa, il
        raggruppamento ricevette una nuova denominazione: Kommando Deutsch-Arabischer
        Truppen (Commando Truppe arabo-tedesche). Al reparto vennero affidati compiti di
        sorveglianza della costa tra Capo Bon e la città di Susa e di reclutamento di volontari
        tunisini. Nellaprile del 43, in concomitanza con le ultime operazioni della
        campagna, gli arabi vennero dotati di armamento più moderno e pesante per contrastare le
        avanzanti forze anglo-americane. E tra la fine di aprile e i primi di maggio, il gruppo
        venne inserito nella Divisione Corazzata Goering, partecipando ad alcuni aspri
        combattimenti. Il 10 maggio, infine, gli ultimi combattenti battaglione arabo verranno
        catturati dagli americani e trasferiti negli Stati Uniti, nel campo di Opaluka (Alabama),
        dove rimarranno, in compagnia di altri 1.800 arabi filo-tedeschi, fino al 10 aprile 1946.
        I modesti risultati ottenuti dallimpiego militare di volontari arabi, sconsigliò i
        tedeschi dal formare ulteriori, analoghi reparti, anche se, nel corso della seconda metà
        del 1943, un centinaio di arabi vennero ancora arruolati dal 1° Reggimento Paracadutisti
        tedesco e dallo speciale Gruppo Commando del tenente colonnello Otto Skorzeny. Con
        lapprossimarsi della fine della guerra, il Gran Muftì dovette rinunciare al sogno
        di costituire un vero Esercito Arabo in divisa tedesca e a limitare la sua azione alla
        pura propaganda. 
          
        BIBLIOGRAFIA:  
        Eric Lefevre, Brandeburg Division
        commandos of the Reich, Histoire & Collections, Parigi, 2000  
        Hans von Steffens, Salaam (Geheimkommando zum
        Nil, 1942), K. Vowinckel Verlag, 1960 
        James
        Lucas, Kommando (German Special Forces of World War Two), Arms and
        Armour Press, 1985 
        Stefano Fabei, La
        politica maghrebina del Terzo Reich, Quaderni del Veltro, Parma 
        James Lucas, Lultimo
        anno dellesercito tedesco maggio 1944 - maggio 1945, Hobby & Work Italiana
        Editrice, Milano, 1998 
          
         
         
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