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Adolf Hitler e il Mutfì di Gerusalemme
di Alberto Rosselli
La storia degli
intensi e complessi rapporti che, tra il 1934 e il 1945, intercorsero tra il Gran Muftì
di Gerusalemme, Amin al Husseini, capo spirituale dei mussulmani palestinesi, e il leader
nazista Adolf Hitler rappresenta una delle vicende a sfondo politico-religioso più
interessanti e meno note di quegli anni.
I motivi che spinsero la più alta e venerata personalità
religiosa del Medio Oriente ad unire i propri destini a quelli del dittatore tedesco e,
più in generale, alle forze dellAsse, suscitano infatti unindubbia
curiosità, aprendo le porte ad un dibattito che, nellattuale contesto politico
internazionale, caratterizzato dalla recrudescenza dellestremismo islamico
antisionista e antioccidentale, assume una valenza ancora maggiore. La condivisione dei
programmi antisemiti e la comune avversione nei confronti dei sistemi democratici furono
tra gli elementi che, sessantanni fa, cementarono le basi di unintesa politica
e militare tra il nazismo e il Movimento Arabo del Gran Muftì: unalleanza di cui,
tuttavia, per molti anni poco si è detto e scritto, almeno in Italia; forsanche a
causa di quel malinteso senso di tutela e di rispetto per la seppure giusta causa
palestinese.
Che il Gran Muftì di Gerusalemme nutrisse molta simpatia nei
confronti dellideologia antisemita è cosa nota, ma assai meno lo sono i documenti e
i carteggi che testimoniano, in maniera chiara ed inoppugnabile, il tentativo condotto da
Amin al Husseini e dai vertici del nazismo per dare vita ad un vasto e articolato
programma di sterminio e di lotta armata sia nei confronti della comunità israelitica
internazionale, che contro le democrazie occidentali: un piano dal quale, sotto certi
aspetti, il principe del terrore Bin Laden sembra avere tratto più di uno
spunto. Oggi, però, grazie allimpegno di un gruppo di storici israeliani e
statunitensi e alle testimonianze emerse dagli archivi segreti del Terzo Reich, del
governo americano, inglese ed ex-sovietico, è possibile ricostruire con precisione
(purché ne sussista la volontà, ovviamente) la trama e il contenuto di uno dei più
scellerati complotti di matrice razzista e terrorista mai progettati nel corso del XX
secolo. Dopo anni di indagini e di studi, i ricercatori dellistituto Simon
Wiesenthal di Los Angeles sono riusciti a fare riemergere dagli archivi del
controspionaggio nordamericano buona parte della corrispondenza segreta e dei diari
personali del Gran Muftì di Gerusalemme e un certo numero di casse contenenti una
voluminosa massa di documenti (in lingua araba e tedesca) attraverso la lettura dei quali
è possibile fare luce sullintera e complessa vicenda.
Dopo la caduta del muro di Berlino, gli studiosi israeliani e
statunitensi (supportati anche da informazioni e suggerimenti forniti da colleghi inglesi,
russi e serbi) hanno infatti passato al setaccio tutto il materiale e le testimonianze
relativi allattività di Husseini e dei gruppi arabi che, a cavallo degli anni
Trenta/Quaranta, collaborarono attivamente con i nazisti. Nella fattispecie, la
documentazione fa riferimento ai numerosi dossier redatti tra il 1936 e il 1945, dalla Kripo
(la Polizia Criminale nazista) e dalla Gestapo, dalla Sezione Mediorientale
dellAbwehr (il Servizio Segreto tedesco diretto dallammiraglio Wilhelm
Canaris); dal Dipartimento Affari Islamici e del Centro Addestramento Elementi
Mussulmani delle Waffen SS (posto alle dirette dipendenze di Heinrich
Himmler); dal Comando Operazioni Oriente della Divisione Speciale Brandeburg;
dal Sonderstab F del generale Helmut Felmy (organismo incaricato di arruolare
nella Wehrmacht volontari mediorientali, nordafricani, ma anche transcaucasici e
russo-asiatici) e dallArab Bureau del dicastero degli Esteri di
Joachim von Ribbentrop.
Foreign Office di Londra e dal Comando Supremo dellEsercito inglese in Egitto, lo
sceriffo inizia, infatti, a progettare una rivolta nazionalista araba con lintento
di liberare dal giogo ottomano la regione dellHegiaz, posta sotto il suo governo, e
le città sante di Medina, La Mecca e Gerusalemme. Tra il 1914 e il 1918, Amin al Husseini
segue e partecipa con interesse alla lotta condotta dallo sceriffo contro i turchi,
fornendo, sembra, il suo appoggio alla causa attraverso attività segrete e di spionaggio.
Nel marzo 1920, partecipa al Congresso panarabo di Damasco che proclama
lindipendenza dellIraq sotto il re Abdullah e della Siria sotto Feisal, uno
dei figli dello sceriffo Hussein della Mecca. Nel successivo mese di aprile, Amin al
Husseini aderisce allorganizzazione di una sommossa antiebraica in Palestina
(regione posta sotto mandato britannico) e, in seguito alla creazione della Haganah
(lorganizzazione armata di autodifesa ebraica), contribuisce a fondare diverse bande
terroristiche antibritanniche, incominciando, nel contempo, a pianificare una strategia
per eliminare fisicamente tutti gli elementi sionisti dal territorio
mediorientale. Nel maggio 1921, Husseini fomenta nuove manifestazioni
antisioniste in Palestina e, poco dopo, viene nominato Gran Muftì di Gerusalemme, la più
alta carica religiosa dellislam, acquisendo subito grande prestigio e potere. Nel
1925, favorisce segretamente la nascita dellAssociazione Armata Araba guidata dal
fondamentalista siriano Izz al-din Qassam. Nellagosto del 1929, Husseini dà la sua
benedizione ad una delle più violente persecuzioni antiebraiche. Con lintento di
limitare il diritto di preghiera degli israeliti presso il Muro del Pianto di Gerusalemme
e le visite alla Tomba dei Patriarchi di Hebron, Husseini sobilla nuovamente la
popolazione mussulmana, contribuendo, tra laltro, alla soppressione della secolare
comunità ebraica di Hebron.
Nel 1931, il Gran Muftì sostiene la nascita del Partito
Arabo per lIndipendenza, uno schieramento che reclama a gran voce lunione
politico-religiosa tra Palestina e Siria, regione posta sotto mandato francese. Nel 1933,
dopo la salita al potere di Hitler in Germania, Husseini confida ai suoi discepoli e
collaboratori di intravedere un nuovo, radioso futuro, e predice lavvento
di una nuova era di libertà per i mussulmani di tutto il mondo. Galvanizzato
dai risultati delle repressioni antiebraiche messe in atto dai nazisti, il Gran Muftì,
che ormai si avvale di un folto seguito di seguaci, scatena nuove rivolte a Jaffa, Haifa e
Nablus. molto cordiale e proficuo, Husseini conferma il suo incondizionato sostegno
alla Germania di Hitler, domandando al diplomatico fino a che punto il Terzo
Reich fosse disposto a sostenere il movimento arabo contro gli ebrei. Ricevute
soltanto vaghe assicurazioni in proposito, nel 1936, Amin al Husseini invia alcuni suoi
collaboratori a Berlino per intraprendere amichevoli contatti con i capi del
movimento nazista. E nel contempo, in Palestina, proclama la lotta armata contro
le comunità ebraiche e le forze di occupazione inglesi, affidando il compito di dirigere
la rivolta a Fawzi el Kawakij. Questultimo, nel 1941, sosterrà assieme allo stesso
Muftì il fallito colpo di stato anti-inglese del leader nazionalista iracheno Rashid
Alì, e, successivamente, nel 1948, guiderà le truppe arabe irregolari contro il neonato
stato di Israele. In occasione dei disordini del 1936, Husseini incita i mussulmani
fondamentalisti ad attaccare anche le fazioni moderate islamiche, causando (secondo fonti
britanniche) non meno di 4.000 morti. Informati della rivolta dal console tedesco, il
ministero degli Esteri e i vertici delle Waffen SS, iniziano a prestare maggiore
attenzione allattività del Muftì e dei suoi seguaci, pur mantenendo nei confronti
del mondo islamico un atteggiamento di sostanziale diffidenza. Nel settembre 1937, due
giovani ufficiali delle SS, Karl Adolf Eichmann (che diverrà in seguito il
coordinatore supremo della Soluzione Finale) ed Herbert Hagen, vengono inviati
a Gerusalemme per cercare di sondare il livello di affidabilità del Muftì e dei suoi
collaboratori e, eventualmente, trovare i presupposti per una più concreta cooperazione
politico-militare. Lordine di Hitler è infatti quello di intensificare i rapporti
tra nazismo ed islamismo radicale, ma di procedere con assoluta cautela. Pur reputando
interessante lopportunità di agganciare al carro nazista un elemento di prestigio
come il Gran Muftì, il Führer - che non nasconde il suo disprezzo non soltanto
per gli ebrei, ma anche per tutta la razza semita - non desidera, almeno per il momento,
provocare una crisi mediorientale dai risvolti imprevedibili. Mentre i due agenti tedeschi
si apprestato a partire per la Palestina, le autorità militari inglesi, che già da tempo
indagano sulle attività sovversive del Gran Muftì, spiccano un mandato di cattura contro
Amin al Husseini, costringendo questultimo a darsi alla macchia. Tuttavia, una volta
giunti ad Haifa, Eichmann e Hagen riescono egualmente a contattarlo. I colloqui segreti
tra i due agenti e il Gran Muftì si rivelano abbastanza promettenti. Alla fine, Eichmann
offre ad Husseini la protezione dei servizi segreti tedeschi e la fornitura di denaro,
armi, munizioni ed esplosivi in cambio del suo impegno ad operare a fianco della Germania
per debellare il demone sionista, ma anche per minare le fondamenta del
dominio anglo-francese in Medio Oriente. Husseini non pone alcuna difficoltà,
dichiarandosi felice di cooperare per il trionfo di una giusta causa, e
promette di fare del suo meglio, coinvolgendo anche i leader delle comunità mussulmane di
Siria, Transgiordania, Libano e Iraq. Nel 1938, secondo il carteggio Wiesenthal, il nome
in codice del Gran Muftì risulta già nel libro paga dellAbwehr II. Verso la
fine dello stesso anno lAbwehr II pianifica un programma per inviare
in Palestina, tramite navi battenti bandiera neutrale, alcune forniture di armi e
munizioni destinate alle forze di Husseini. Per motivi di sicurezza, il carico dovrebbe
essere sbarcato in un porto dellArabia, probabilmente Gedda. Allultimo
momento, però, loperazione viene sospesa. Hitler, già impegnato in Spagna, con la Legione
Kondor, a fianco del generale Francisco Franco, ed in procinto di annettere la Boemia
alla Germania, preferisce evitare di inasprire ulteriormente i rapporti con
lInghilterra, i cui servizi segreti, tra laltro, sono già al corrente dei
legami tra i nazisti e il Gran Muftì. Nel settembre del 1939, allindomani
dellinvasione tedesca della Polonia, Amin al Husseini dichiara pubblicamente di
volere dare il suo esplicito sostegno al meritevole e coraggioso condottiero
Adolf Hitler, incitando i mussulmani a prendere le armi a fianco della
Germania nazista. Allinizio del 1941, dai microfoni di unemittente
segreta, il Gran Muftì invoca il diritto degli arabi a risolvere il problema
ebraico con le stesse modalità e gli stessi mezzi adoperati dal Führer, e lancia un
proclama affinché tutti gli islamici contribuiscano con le armi al successo delle forze
dellAsse. Tuttavia, non potendo ancora usufruire di una protezione tedesca
e temendo di essere arrestato dagli inglesi, verso la fine del 1940, Amin al Husseini
decide di fuggire in Iraq e di muoversi per conto proprio, utilizzando il denaro che nel
frattempo gli è stato inviato dallAbwehr. Grazie a queste risorse, egli
inizia a sostenere il partito nazionalista iracheno di Rashid Alì (compagine che, tra
laltro, controlla buona parte dellesercito), fortemente avverso agli inglesi e
agli ebrei. E la Mesopotamia diventa così il banco di prova dellorganizzazione
messa in piedi dal Muftì con i marchi tedeschi. Rashid Alì, che sta aspettando il
momento migliore per scatenare la rivolta anti-inglese, accoglie Husseini come un fratello
e lo nasconde in un rifugio segreto, consentendogli di operare indisturbato. Tra la fine
del 1940 e linizio del 1941, molti funzionari iracheni stabiliscono rapporti di
segreta cooperazione con lormai fantomatico Muftì che, con molta abilità, continua
ad eludere le ricerche della polizia e dellesercito inglese presenti anche in Iraq.
Nellaprile 1941, il Movimento rivoluzionario di Husseini si consolida, iniziando,
tra laltro, a ricevere sovvenzioni in denaro anche da dallItalia,
dallArabia Saudita e dallEgitto. Nel suo rifugio segreto sotterraneo (situato,
sembra, tra Baghdad e Mosul), protetto dai compiacenti militari iracheni, il Muftì
conduce una vita piuttosto agiata. Egli dispone, infatti, di un attrezzato ufficio dotato
di linea telefonica, di una potente stazione radio, di servizi e di un ampio magazzino
zeppo di armi, munizioni, viveri e medicinali. Assieme a lui lavorano almeno una dozzina
di collaboratori fidati ed altrettante guardie del corpo, quasi tutte provenienti
dallesercito iracheno. Nella primavera del 1941, Rashid Alì, sostenuto
dallesercito nazionale e dalle cellule di Husseini, dà inizio alla sommossa
antibritannica. Rashid Alì obbliga il primo ministro iracheno, il filo-inglese Nuri Said
Pasha, a dare le dimissioni; dopodiché ordina alle sue truppe di chiudere i rubinetti
delle lunghe condotte che collegano i campi petroliferi mesopotamici al porto di Haifa e
di circondare le scarsamente presidiate basi dellaviazione e dellesercito
inglesi. Contemporaneamente, il Muftì lancia, attraverso un messaggio radio, la jihad (la
guerra santa) contro lInghilterra. Nonostante il fulmineo avvio del Golden Square
o Blocco dOro (il brillante nome in codice con cui Rashid aveva voluto
battezzare la sua insurrezione), la manovra si rivela, però, intempestiva e male
architettata. Innanzitutto, perché sia Rashid Alì che il Muftì non tengono al corrente
lAbwehr circa le loro mosse, e in secondo luogo perché le forze armate
italo-tedesche, impegnate in questo periodo in Grecia contro lesercito inglese ed
ellenico, non sono ancora in grado di intervenire con la dovuta celerità ed incisività
in Medio Oriente. Hitler e Mussolini, infatti, non potranno che inviare agli iracheni
ribelli che qualche dozzina di consiglieri, meno di cinquanta aerei da trasporto e da
combattimento e - tramite il compiacente governo francese di Vichy - un solo convoglio
ferroviario carico di armi e munizioni proveniente dalla Siria. A completare la frittata
ci pensa poi il Comando dellesercito iracheno che, palesando unevidente
inettitudine, non riesce ad eliminare i pochi presidi inglesi che, nellarco di dieci
giorni, vengono soccorsi da un forte corpo di spedizione proveniente dallEgitto e
dallIndia. Consolidata nuovamente la loro presenza sul territorio mesopotamico, gli
inglesi schiacciano la rivolta nazionalista irachena e costringono sia Rashid Alì che il
Muftì a fuggire. Questultimo, braccato dai britannici, riesce a trasferirsi nel
nord del paese da dove - grazie al denaro e alla connivenza di ribelli mussulmani - passa
in Iran e successivamente in Turchia. Giunto ad Istanbul, Amin al Husseini si mette in
contatto con alcuni agenti tedeschi che lo aiutano a raggiungere la Germania. Verso la
metà del novembre 1941, il Muftì giunge a Berlino, dove viene accolto da Eichmann.
Questi lo introduce nei palazzi della politica, dove viene interrogato da alcuni alti
ufficiali delle SS circa il fallimento del Golden Square. Husseini non
mostra alcun imbarazzo nelladdossare tutta la colpa del disastro alla quinta
colonna ebraica che opera in Iraq, aggiungendo che un più concreto e sollecito
sostegno da parte delle forze dellAsse avrebbe probabilmente evitato il grave
infortunio. Linfelice osservazione del Muftì irrita non poco i tedeschi e rischia
di compromettere i futuri piani di cooperazione arabo-nazisti. Tuttavia, Eichmann ci mette
una pezza e convince il Führer a continuare ad accordare fiducia e sostegno
allalleato. Il 20 Novembre 1941 il ministro del Esteri tedesco, Joachim von
Ribbentrop, riceve il Gran Muftì, e dal loro colloquio vengono poste le basi per il
successivo incontro con Hitler. La trascrizione della lunga conversazione tra il Muftì e
Hitler venne messa a disposizione di Husseini nel maggio 1945, in una villa nei pressi
della capitale tedesca, e trasmessa allarchivio dei servizi segreti statunitensi e
successivamente a quello delle Nazioni Unite, dove rimase ben custodita e, curiosamente,
mai pubblicizzata. Intervistato sullargomento dal quotidiano Hadashot, lo
storico e orientalista israeliano Zvi Alpeleg ha affermato che lesistenza di questo
documento (venuto alla luce pochi anni fa, grazie alle ricerche degli uomini di
Wiesenthal) era nota da tempo. Tanto che, nel gennaio 1946, in seguito ad una fuga di
notizie, il quotidiano americano New York Times pubblicò un articolo sulla
vicenda, il cui contenuto venne smentito da alcuni governi arabi, come la Siria e
lIraq. Guarda caso, proprio nel periodo in cui, sempre da fonte stampa statunitense,
il mondo venne a sapere che il governo di Damasco e del Cairo, con la complicità
dellUnione Sovietica, avevano dato rifugio ad alcuni consiglieri
provenienti dalle file delle SS e della Gestapo. A titolo di cronaca, è
ormai provato che negli anni Cinquanta, lUnione Sovietica abbia fornito
allo Stato maggiore dellesercito del dittatore egiziano Nasser unaltra
partita di consiglieri nazisti (tra cui diversi fisici e chimici
esperti in missilistica e in armi chimiche e batteriologiche) per mettere a punto armi
balistiche dotate di testate atomiche, a gas o a virus, da utilizzare contro Israele.
Ancora nel 1966, questa volta secondo fonti francesi e israeliane, lormai anziano
Amin al Husseini si sarebbe adoperato per introdurre segretamente in Libano e in Iraq
altri tecnici ex-nazisti da lui conosciuti durante il suo lungo soggiorno in
Germania. Ma torniamo al colloquio del 22 novembre 1941 tra il Gran Muftì e Adolf Hitler.
Nel corso dellincontro, durato circa unora e mezza, il Gran Muftì dichiarò
che gli arabi dovevano essere considerati amici naturali della Germania
e che egli era pronto ad adoperarsi per convincere tutti i mussulmani
presenti in Africa Settentrionale, nellEuropa occupata e in Russia ad
arruolarsi in una speciale Legione Araba (la Freies Arabien) al servizio
della comune causa antisionista e antioccidentale. In questa gigantesca lotta,
gli Arabi si batteranno anche per scacciare gli anglo-francesi dal Medio Oriente e per
creare i presupposti di un grande Stato Arabo Unito, comprendente la Palestina, la Siria,
il Libano, la Transgiordania e lIraq. Dal canto suo, il Führer
(che, in seguito allo smacco subito da Rashid Alì, non si fidava più delle capacità
organizzative e militari dei capi arabi) assicurò che la Germania, pur essendo
decisa a richiedere alle nazioni sue alleate (Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria,
Croazia, Slovacchia e Finlandia, ndr) di contribuire fattivamente alla risoluzione del
problema ebraico, non riteneva ancora opportuno dirigere un simile
appello ai popoli mediorientali e a quello iraniano, troppo strettamente controllati dalle
forze inglesi e sovietiche. Pur amareggiato dalle dichiarazioni del Führer,
Amin al Husseini tentò, nei mesi successivi, di persuadere sia Hitler che Mussolini a
sottoscrivere un documento ufficiale con il quale la Germania e lItalia si
sarebbero impegnate in tempi brevi ad intervenire militarmente in Medio Oriente per
aiutare i mussulmani a scacciare gli inglesi. Dichiarazione, questa, che i due
dittatori non sottoscrissero poiché, al momento, risultava tecnicamente inattuabile. Il Führer
preferì rinviare qualsiasi eventuale azione nella regione ad una data successiva alla
conquista del Caucaso e della valle del Nilo da parte delle forze dellAsse. Amin al
Husseini dovette quindi accontentarsi. In attesa dello sfondamento italo-tedesco
dei fronti egiziano e caucasico - annotò sul suo diario - ai mussulmani non rimane
che mettersi a disposizione della Germania, partecipando alla distruzione dei sionisti in
Europa Per cercare di andare incontro ad Husseini, nel 1942 i tedeschi lo posero alla
direzione dellUfficio Arabo: un ente controllato dalle SS al
quale sarebbe spettato il compito di fare propaganda antisemita e di favorire
larruolamento dei mussulmani nella Legione Araba di cui si è detto, ma anche
nei reparti delle SS appositamente costituiti da Himmler per inquadrare elementi
bosniaci e albanesi. Questi ultimi andarono, infatti, a formare la 13ma Divisione da
montagna SS Handschar e la 21ma Divisione da montagna Skanderbeg,
indossando una divisa da combattimento abbastanza simile a quella in uso nelle sezioni
analoghe tedesche. Sul capo essi portavano il fez rosso con appuntato il teschio, mentre
al posto delle consuete scritte runiche del colletto comparvero curiosi gagliardetti con
una scimitarra islamica. Va notato infine che, nonostante il suo personale disprezzo nei
confronti di tutte le religioni, Himmler concesse ai volontari mussulmani delle due
divisioni di praticare una dieta particolare vincolata ai precetti mussulmani, di pregare
pubblicamente secondo la ritualità, e di festeggiare e osservare le feste e i digiuni
imposti dal Corano. Situato non lontano da Berlino, il quartiere generale del Muftì
controllava una fitta rete di collaboratori, sia i Europa che nel resto del mondo. Esso,
infatti, estendeva la sua autorità a tutto il Medio Oriente, e al Nord Africa, ma anche
sulle più lontane regioni asiatiche abitate da minoranze islamiche. Tra il 1942 e il
1944, il Gran Muftì lavorò intensamente, consentendo larruolamento nella Legione
Araba e nelle Divisioni Waffen SS di molti uomini. Grazie alla sua martellante
propaganda, attuata tramite potenti stazioni radio messe a disposizione dai tedeschi, e
mediante frequenti viaggi, decine di migliaia di mussulmani balcanici andarono a formare
le nuove divisioni di Himmler. Queste unità, divenute ben presto note per la loro
ferocia, vennero spesso impiegate nei Balcani in azioni antipartigiane e nei
rastrellamenti di ebrei e zingari. Nel 1943, non meno di 50.000 mussulmani di varia
provenienza risultavano presenti nelle divisioni SS o nei reparti speciali tedeschi
(1). Anche se la Legione Araba (lunità sulla
quale il Muftì contava molto in quanto egli la considerava lelemento costituente
del suo futuro esercito) non arrivò mai a superare gli effettivi di qualche battaglione.
Lunità, contrariamente alle aspettative dei tedeschi, fornì inoltre risultati
piuttosto deludenti sia sotto il profilo disciplinare che operativo e bellico Nel corso
del conflitto, molto intensa risultò anche lazione diplomatica svolta dal Gran
Muftì. Tra il 1942 e il 1944, egli effettuò diversi viaggi per lEuropa, recandosi
nelle regioni abitate da nuclei mussulmani (Bosnia, Kosovo, Albania) per constatarne la
fedeltà al Reich, e stringendo rapporti di amicizia e cooperazione anche con i
capi di movimenti parafascisti croati e serbo-cetnici che avevano in comune un profondo
odio nei confronti degli ebrei e delle democrazie occidentali. Non solo. Sembra che nel
1942, tramite lambasciata giapponese di Berlino, il Muftì abbia avviato contatti
perfino con il governo di Tokyo, il cui ministero della Guerra era intenzionato a servirsi
di lui e dei suoi seguaci per fare insorgere contro gli eserciti di Ciang Kai Shek e di
Mao Tse Tung le comunità mussulmane della Cina centro-occidentale (regioni del Tarim e
del Tsinghai) e per tenere buone quelle, assai più numerose, dellIndonesia e delle
isole meridionali delle Filippine. Nella sua veste di responsabile della supervisione
della propaganda radio dellAsse diretta verso i popoli mussulmani, il Muftì
utilizzò spesso le numerose ed efficienti emittenti radio tedesche, potendo contare, nel
1942, su almeno sei stazioni. Ma Husseini amava molto parlare anche davanti alle grandi
folle. Nel giugno del 1943, a Berlino, in occasione di unimportante adunata nazista,
il Muftì lanciò strali contro la Dichiarazione Balfour, prendendosela, tanto per
cambiare, con la cospirazione anglo-sassone, massonico-ebraica.
Rivolto agli alti gradi delle SS presenti, disse: Il trattato di
Versailles non fu soltanto un disastro per voi tedeschi, ma lo fu anche per il popolo
arabo. In ogni caso, oggi sappiamo come rimettere le cose al loro giusto posto e,
soprattutto, oggi siamo tecnicamente in grado di eliminare dalla faccia della terra tutti
gli israeliti Tra il 1941 e il 1943, il Muftì e i servizi segreti tedeschi inviarono in
Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Palestina, Siria e Trasgiordania un gran numero di
opuscoli e di altro materiale propagandistico antinglese e soprattutto antisionista. Anche
quando le armate del Reich dovettero abbandonare le steppe russe e lAfrica
settentrionale, arretrando sempre più verso i confini tedeschi, Husseini continuò a
lottare, lanciando messaggi alle popolazioni mediorientali, africane e addirittura alle
minoranze arabe residenti in Asia e negli Stati Uniti, spronandole a combattere contro il
demonio sionista e plutocratico. Il 1° Marzo 1944, nel corso dellennesima
trasmissione radiofonica, il Muftì ebbe modo di ribadire il suo immutato odio nei
confronti degli israeliti: Arabi! Alzatevi come un solo uomo e combattete per i
vostri sacrosanti diritti. Uccidete gli ebrei dovunque li troviate. Ammazzate, e farete
cosa gradita da Allah. Ma intanto la guerra stava volgendo al termine e le
armate di Hitler ripiegavano su tutti i fronti sotto la pressione delle forze
anglo-americane e sovietiche. Catturato nel tardo aprile del 1945 in un piccolo paese
della Germania occidentale dalle truppe statunitensi, Al Husseini venne tradotto in un
carcere francese da dove, nel 1946, riuscì però ad evadere, rifugiandosi prima al Cairo
e poi a Beirut, in Libano. In questa città egli dedicherà il resto della sua esistenza
ad elaborare piani e strategie finalizzati alla distruzione della razza ebraica e dello
stato di Israele, dando, con immutata perseveranza e rabbia, il suo sostegno materiale
morale a tutti i nemici del sionismo. Venerato ma ormai messo da parte dai più giovani e
rampanti leader del terrorismo islamico, lex Gran Muftì di Gerusalemme Amin al
Husseini morirà nella capitale libanese il 4 luglio 1974.
NOTE:
1. Nel corso della campagna di Russia, i tedeschi ebbero
modo di arruolare nelle file del loro esercito un elevato numero di volontari mussulmani,
inquadrandoli in appositi reparti. Nella fattispecie vennero formati non meno di 10
battaglioni a cavallo calmucchi; il raggruppamento battaglioni turchi Haroun el Rashid;
nove battaglioni tartari; quattro/sei battaglioni caucasici (formati da georgiani e
azerbaigiani e dellAbhkazia); una brigata di fanteria cosacca; due grosse divisioni
di cavalleria cosacca del Kuban e del Terek e parecchie compagnie formate da elementi
provenienti da Kazakistan, Turkmenistan, Usbekistan, Tagikistan e Kirghisistan.
Ladesione spontanea di queste minoranze alla causa nazista derivava in gran parte
dalla dura, e spesso spietata, politica di segregazione etnico-religiosa attuata nel corso
degli anni Trenta dal regime di Stalin.
2. Già a partire dal luglio del 1941, la Germania aveva
intrapreso laddestramento di speciali unità formate da elementi arabi mediorientali
e nordafricani. Poco dopo la fallita rivolta antinglese di Rashid Alì, il Comando
dellEsercito tedesco diede incarico al generale Hellmuth Felmy di provvedere
alladdestramento di un primo nucleo di combattenti mussulmani. Felmy cercò di
inquadrare alcune centinaia di uomini, costituendo l845° Battaglione Arabo-Tedesco.
I problemi che Felmy dovette affrontare furono però molti e diversi. A parte
lassoluta impreparazione militare evidenziata da quel primo nucleo di volontari
assai poco portati alla disciplina, il generale notò ben presto che allinterno
della truppa sussistevano anche diverse fazioni ideologiche. Una parte degli uomini
dell845° simpatizzavano, infatti, con il partito guidato dal nazionalista siriano
Fauzi Kaikyi, unaltra si dichiarava seguace del
partito nazionalista iracheno dellex-primo ministro Rashid Alì, mentre una terza si
dichiarava fedele al Gran Muftì di Gerusalemme. Nellestate del 1941, il battaglione
venne trasferito in Grecia, a Sounio, una località situata nellestremo lembo
meridionale dellAttica, dove avrebbe iniziato il suo ciclo di addestramento. I
tedeschi scelsero questa località sia per motivi climatici che strategici, in quanto essi
pensavano di utilizzare lunità araba in Africa Settentrionale o in Medio Oriente
(specificatamente in Palestina, Transgiordania, Siria e Iraq). Durante prima la fase di
addestramento, gli istruttori tedeschi (ufficiali che, prima della guerra, avevano
soggiornato a lungo nei paesi arabi o che durante il Primo Conflitto mondiale avevano
prestato servizio in Medio Oriente nelle file dellAsienkorps tedesco del
generale Erich von Falkenhein) impartirono alle reclute lezioni di tedesco, insegnando poi
ad esse luso di svariate armi ed esplosivi. I risultati ottenuti furono però
piuttosto scarsi, in quanto i volontari mussulmani, molto preparati e determinati sotto il
profilo ideologico e politico, si rivelarono in realtà piuttosto pigri, indisciplinati,
disordinati e scarsamente portati al combattimento moderno. Il 24 luglio 1941, intanto, a
Potsdam, una seconda Unità di Addestramento, la Sonderverband 288, riuscì a
mettere insieme un altro gruppo di volontari mussulmani fedeli al Muftì, inquadrandoli in
uno speciale battaglione da impiegare nella guerra nel deserto. Terminato il ciclo di
addestramento, lunità, che in realtà non contava neanche 150 uomini, venne inviata
a Bengasi, entrando a fare parte dei reparti mobili dellAfrika Korps del
generale Erwin Rommel. In Libia, il battaglione assunse anche la pomposa denominazione di Panzergrenadier
Regiment Afrika. Il 26 gennaio 1942, il capitano Schober assunse il
comando del raggruppamento arabo che ricevette anche nuove uniformi colore sabbia. Sulla
manica della giubba spiccava per la prima volta uno stemma di tessuto che riportava una
bandiera rosso, verde, bianca, nera, con impressa la scritta Libera Arabia,
sia in arabo che in tedesco. Nellaprile del 1942, il battaglione contava 133
effettivi. Non si hanno notizie circa limpiego operativo di questa unità che venne
affiancata da una compagnia tedesca e da una compagnia formata da ex-legionari francesi
fedeli al governo di Vichy. Ciò che si sa è che 30 elementi considerati i meglio
preparati entrarono in seguito a fare parte di una speciale compagnia guastatori
dellesercito tedesco, addestrata per compiere incursioni in Ciad e in Egitto,
allinterno delle linee inglesi. Il 4 agosto 1942, grazie anche allopera
propagandistica del Gran Muftì, il Comando Supremo tedesco formò un terzo battaglione
arabo, la cosiddetta Sonder Verbande 287. Lunità, che venne addestrata nel
campo di Doberitz, era formata da circa 200/300 uomini e raggruppava diversi elementi
tratti dall845° Battaglione. In occasione della grande offensiva destate
scatenata dallesercito tedesco sul fronte del Caucaso, il Gran Muftì insistette
presso il Comando tedesco affinché almeno un reparto arabo venisse impiegato in quella
regione, abitata in buona parte da popolazioni di religione mussulmana. E lo stesso
Hitler, che in realtà non aveva mai nutrito eccessiva fiducia nelle capacità militari
degli arabi, ritenne opportuno dare il suo benestare. E fu così che il 21 agosto, il
Gruppo Speciale F (alias Sonder Verbande 287) venne trasferito da Doberitz a
Stalino (Ucraina), entrando a fare parte della 1a Armata Panzer alla quale sarebbe
spettato larduo compito di raggiungere e conquistare i grandi campi petroliferi di
Grozny e di Baku e di proseguire poi in direzione della Persia e della Siria. Verso la
metà di settembre, il Battaglione Arabo, adeguatamente addestrato, armato e rinforzato da
elementi tedeschi, venne trasferito nella zona doperazioni compresa tra il fiume
Kuma e il canale del Manich, andando ad integrarsi con i reparti tedeschi appartenenti
alla 16ma Divisione di Fanteria Motorizzata che controllava Elista e gli estremi capisaldi
orientali situati nella Steppa dei Calmucchi. Secondo le direttive del Comando supremo, il
battaglione arabo venne poi spostato un po più a sud, nella Steppa del Nogay, per
andare a presidiare i nodi di Acikulak e Urozajne. Giunto in questa regione il reparto
arabo venne integrato con diversi elementi locali di religione mussulmana, e venne
attrezzato per andare ad operare allinterno della catena del Caucaso, assieme alle
truppe da montagna della 1a Armata tedesca che, nel frattempo, avevano ricevuto
lordine di conquistare tutti gli alti passi montani e di penetrare in Abhkazia e in
Georgia. Obiettivo che tuttavia rimase sulla carta in quanto, a metà di ottobre del 1942,
i russi scatenarono una poderosa controffensiva, costringendo lintero Gruppo A
dellArmata Tedesca a ritirarsi, e con essa anche il reparto arabo. In seguito al
ripiegamento, il battaglione venne sciolto e parte dei suoi componenti optarono per andare
a lavorare nel servizio segreto tedesco. I rimanenti soldati vennero inquadrati in un
piccolo distaccamento acquartierato in Germania. Dopo lo sbarco anglo-americano in Nord
Africa dell8 novembre 1942, il Gran Muftì chiese al Comando germanico di impiegare
in Tunisia alcuni plotoni tratti dai tre battaglioni arabi. Nel dicembre dello stesso
anno, un centinaio di volontari arabi, agli ordini di ufficiali tedeschi, venne inviato a
Palermo per poi essere trasferito, nel gennaio del 1943, a Tunisi. Giunto in Africa, il
raggruppamento ricevette una nuova denominazione: Kommando Deutsch-Arabischer
Truppen (Commando Truppe arabo-tedesche). Al reparto vennero affidati compiti di
sorveglianza della costa tra Capo Bon e la città di Susa e di reclutamento di volontari
tunisini. Nellaprile del 43, in concomitanza con le ultime operazioni della
campagna, gli arabi vennero dotati di armamento più moderno e pesante per contrastare le
avanzanti forze anglo-americane. E tra la fine di aprile e i primi di maggio, il gruppo
venne inserito nella Divisione Corazzata Goering, partecipando ad
alcuni aspri combattimenti. Il 10 maggio, infine, gli ultimi combattenti battaglione arabo
verranno catturati dagli americani e trasferiti negli Stati Uniti, nel campo di Opaluka
(Alabama), dove rimarranno, in compagnia di altri 1.800 arabi filo-tedeschi, fino al 10
aprile 1946. I modesti risultati ottenuti dallimpiego militare di volontari arabi,
sconsigliò i tedeschi dal formare ulteriori, analoghi reparti, anche se, nel corso della
seconda metà del 1943, un centinaio di arabi vennero ancora arruolati dal 1° Reggimento
Paracadutisti tedesco e dallo speciale Gruppo Commando del tenente colonnello Otto
Skorzeny. Con lapprossimarsi della fine della guerra, il Gran Muftì dovette
rinunciare al sogno di costituire un vero Esercito Arabo in divisa tedesca e a limitare la
sua azione alla pura propaganda.
BIBLIOGRAFIA:
Eric Lefevre, Brandeburg
Division commandos of the Reich, Histoire & Collections, Parigi, 2000.
Hans von
Steffens, Salaam (Geheimkommando zum Nil, 1942), K. Vowinckel Verlag, 1960.
James Lucas, Kommando
(German Special Forces of World War Two), Arms and Armour Press, 1985.
Stefano Fabei, La
politica maghrebina del Terzo Reich, Quaderni del Veltro, Parma.
James Lucas, Lultimo
anno dellesercito tedesco maggio 1944 - maggio 1945, Hobby & Work Italiana
Editrice, Milano, 1998
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