Quando Hitler fu nominato cancelliere del Reich, il 30 gennaio 1933,
lItalia regia viveva il suo undicesimo anno di unera fascista al culmine della
sua parabola ascendente.
Negli anni della gavetta, della difficile scalata al potere,
cominciata, a Monaco, alla guida di uno sparuto gruppo di seguaci, lorganizzazione
dello stato, la creazione di specifiche milizie paramilitari, la volontà di riportare
lItalia ai fasti e alla grandezza dellantico impero romano, facevano di
Mussolini e del regime da lui creato, lassoluto modello per il futuro fuhrer, un
esempio da esportare in una Germania che stava vivendo gli anni difficili e tormentati
dellumiliazione post-bellica; fu proprio con la mente rivolta alla marcia su Roma
dellottobre precedente che i nazional-socialisti, nel novembre 1923, tentarono il
colpo di stato, con il fallito putsch della birreria.
Si può ben comprendere come Hitler, una volto giunto al potere,
desiderasse, con tutte le sue forze, di conquistarsi lamicizia ed il favore di
quello che considerava il suo modello, un Benito Mussolini che, al contrario, vedeva con
sfavore e con disprezzo quellex caporale tedesco, volto a mostrare, spavaldamente,
con assoluta sfacciataggine e superbia, smanie di grande grandezza; il duce, inoltre, si
sentiva fortemente contrariato dalla furia xenofoba e dallansia espansionistica
dimostrata, fin dallinizio, dalla Germania nazista.
Il tentativo del fuhrer di annettere lAustria, fin dal 1934,
pianificato con lassassinio del cancelliere austriaco Dollfuss, si scontrò proprio
con lopposizione del duce, che, immediatamente, mobilitò lesercito al
Brennero, al fine di dissuadere la Germania dalle sue mire egemoniche.
Nei primi anni trenta si poteva assistere ad un Hitler in posizione di
assoluta riverenza ed inferiorità rispetto ad un Mussolini capace di fare il bello ed il
cattivo tempo nei confronti del suo più deciso ammiratore.
Quello che sembrava, per il fuhrer, un amore non corrisposto, un
tentativo inutile di guadagnare consensi e favori, un contesto ormai definito, ebbe a
tramutarsi radicalmente per effetto di un episodio decisivo, che cambiò la situazione in
favore di un progressivo avvicinamento tra i due dittatori e che avrebbe portato, man
mano, al completamento stravolgimento dei rapporti di forza:
il 3 ottobre 1935 lItalia decideva infatti linvasione
dellEtiopia, che si concluse con il trionfale ingresso del comandante Badoglio ad
Addis Abeba nel maggio dellanno successivo; Mussolini proclamò il ritorno
dellimpero ma la Società delle Nazioni sanzionò, per lingiustificata
aggressione nei confronti di uno stato sovrano, un boicottaggio economico che la sola
Germania si rifiutò di applicare, favorendo il contatto tra i due regimi; il boicottaggio
internazionale aveva dunque gettato Mussolini tra le braccia di Hitler e condotto alla
stipula, nellottobre 1936, di un alleanza denominata "asse
Roma-Berlino", confermata, nel maggio 1939, con il "patto dacciaio".
I tempi che vedevano Mussolini ergersi a maestro
dell"allievo" Hitler, stavano, a poco a poco, svanendo, per tramutarsi in
un vero e proprio capovolgimento della situazione: la Germania non era più quella di
Weimar, ossia uno stato sullorlo del baratro, ma si era trasformata in una potenza
bellica di primo livello, grazie ai poderosi piani di riarmo voluti da unHitler,
conscio delle potenzialità del reich ed ormai in grado di influenzare la politica europea
e lo stesso Mussolini, sempre più sottomesso alla volontà del potente alleato, cui
faceva riscontro un Italia che, al di là delle apparenze e degli sfarzi mostrati
dal regime, versava in una difficile situazione economico-militare; se il duce, nel 1934,
aveva mostrato i muscoli ed avversato ogni tentativo di invasione dellAustria, ora,
nel 1938, era costretto ad accettare, senza batter ciglio, e sia pure a malincuore,
lAnschluss nazista; se, fin dallinizio, il fascismo, aveva osteggiato le
teorie anti-semite di Hitler, venne il tempo, sempre nel 1938, di aderire alla politica
tedesca, con la promulgazione, nellItalia regia, delle vergognose ed infamanti leggi
razziali, che hanno rappresentato e tuttora rappresentano, la pagina più nera della
storia del nostro paese.
Lo scoppio delle ostilità pose fine, definitivamente, alla sudditanza
Hitleriana nei confronti di Mussolini: mentre, infatti, la potentissima Wehrmacht tedesca
travolgeva tutti e tutto, conquistando, nel giro di pochi mesi, la Polonia, la Norvegia,
la Danimarca e tutta lEuropa occidentale, lItalia, a causa delle gravi carenze
del suo esercito, fu costretta a guardare e solo il 10 giugno 1940, con una Francia ormai
in ginocchio, il duce si convinse ad intervenire, per poter, in qualche modo, salire sul
carro dei vincitori di una guerra ritenuta alla fine e che invece era tuttaltro che
finita.
Il duce, però, per non vedersi costretto a ridurre lItalia al
ruolo di potenza satellite, decise, nonostante i gridi dallarme lanciati dai capi di
stato maggiore di un esercito assolutamente impreparato, di condurre una sorta di
conflitto parallelo, indipendente da quello dello scomodo alleato, ma, il disastro della
campagna di Grecia, mandò a monte quell ambizioso e, nel contempo vano, tentativo.
LItalia regia, con il suo sgangherato esercito, aveva gettato la
maschera, mostrandosi, dopo ventanni di illusioni, per quello che era, cioè un
paese povero e modesto, ben lontano dagli sfarzi mostrati dal regime e che si riduceva,
nei confronti dellalleato tedesco, a mero stato satellite, completamente in balia
dei voleri di Hitler; un amara anticipazione di quanto sarebbe successo, in maniera
ancora più drastica, dopo l8 settembre, con la nascita della Repubblica Sociale
Italiana.
Lallievo aveva dunque superato un maestro sempre più succube e
timoroso di quanto il fuhrer desiderasse o disponesse; per dare un esempio di come fossero
mutate le cose si può fare riferimento allincontro tra Mussolini ed Hitler,
avvenuto a Feltre, allindomani dello sbarco alleato in Sicilia; in
quelloccasione, non appena mise piede allaeroporto di Treviso, a bordo di un
Savoia Marchetti 84, il generale Ambrosio, lambasciatore a Berlino Alfieri, il
sottosegretario agli esteri Bastianini, supplicarono disperatamente il duce di rivolgere
ad Hitler precise richieste di fornitura di mezzi, carri, aerei, carburante e cannoni, con
la minaccia, in caso contrario, di uscire dalle guerra; ma Mussolini, era letteralmente
disorientato, terrorizzato per le possibili prese di posizioni di un alleato che, infatti,
lanciò tutta la sua indignazione e rabbia per la situazione che si era venuta a
determinare in Sicilia.
"Nein duce, so geht es nicht, no, duce così non ci siamo"
furono le parole proferite da Hitler al suo interlocutore, completamente inerme e
rassegnato, incapace di aprir bocca o di avanzare una seppur minima richiesta, circostanza
che fece schiumare di rabbia il generale Ambrosio, perfettamente conscio della drammatica
situazione delle malandate forze armate italiane, ormai in balia del nemico.
Il nazismo aveva fagocitato il fascismo in un calvario che scrisse il
suo ultimo capitolo dopo larmistizio dell8 settembre, quando, su espresso
volere di un fuhrer divenuto assoluto padrone dei suoi destini, un Mussolini totalmente
asservito, diede il via alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana.
Nonostante il parere contrario dei suoi gerarchi, che non capivano la
sua ostinazione e la sua perseveranza nel volersi ancora occupare del capo di un fascismo
sconfitto, Hitler restava, infatti, pur sempre legato ad un personaggio che, sia pure
caduto in disgrazia, rimaneva, comunque, colui che aveva rappresentato il suo modello e di
cui aveva cercato morbosamente lamicizia, non appena giunto al potere;
unammirazione sintetizzabile in una frase pronunciata nel corso del sopraccitato
incontro di Feltre: "Ihr habt nur einem freund: das bin ich", ossia
" avete un solo amico e quello sono io".
Ciononostante la RSI rappresentò, pur sempre, il patetico e disperato
tentativo del fascismo di mantenersi in vita, di rinverdire i fasti dei tempi trionfanti,
della nascita dellimpero; la repubblica di Mussolini era in realtà una stato senza
sovranità e totalmente sottomesso alla causa nazista e alla volontà di un Hitler, in
nome del quale il duce, per placare la sua sete di vendetta, fu costretto persino ad
immolare lamato Galeazzo Ciano, marito di sua figlia Edda e padre dei suoi nipoti,
colpevole di aver votato contro di lui nel Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943.
Nella condanna a morte impartita , a Verona, nei confronti di Galeazzo,
si consumò, pertanto, il dramma di un uomo ormai incapace di opporsi ai propositi di
Hitler, che aveva richiesto espressamente una punizione esemplare di cui Mussolini avrebbe
fatto volentieri a meno e dalla quale non fu in grado di esimersi.
Le stesse decisioni del duce erano sottoposte al vaglio degli emissari
tedeschi inviati da Hitler, le industrie furono espropriate dai tedeschi, ma, soprattutto,
lItalia repubblicana era praticamente priva di esercito; fallito il tentativo di
ricorrere ai deportati italiani in Germania, fu solo grazie ad una forzata chiamata alla
leva delle classi più giovani, che il ministro della difesa Graziani riuscì a mettere in
piedi quelle poche divisioni che non furono mai impegnate sul fronte di guerra ma
utilizzate, assieme ai volontari della milizia fascista, dai tedeschi , in appoggio alle
SS e alla GESTAPO, nelle azioni di rappresaglia e rastrellamento, nei confronti delle
bande partigiane; la RSI, in quanto stato satellite e collaborazionista del III reich,
creato e plasmato da Hitler, si rese dunque complice degli innumerevoli ed agghiaccianti
massacri compiuti dai tedeschi nel terribile periodo di occupazione.
Mussolini visse dunque lumiliazione di uno stato incapace di
sottrarsi al giogo nazista, privato di tutte le sue ricchezze e costretto a pagare alla
Germania indennità astronomiche; fu in questo clima, in questa situazione di decadenza,
che il fascismo ed il suo duce, al termine di una parabola discendente, si avviarono,
drammaticamente, al tragico epilogo, il 28 aprile 1945, nel giorno dellesposizione
dei cadaveri a piazzale Loreto; solo 2 giorni dopo, il 30 aprile 1945, Adolf Hitler, nel
bunker della cancelleria, poneva fine alla sua esistenza, suicidandosi con una capsula di
cianuro.
Fu questa la fine dei due dittatori, che, più di ogni altro, avevano
tentato di imporre il loro dominio e di conquistare il mondo in nome dell"asse
Roma-Berlino"; la conclusione della guerra segnò, dunque, il capolinea di un
percorso cominciato con un Hitler succube di Mussolini e conclusosi, radicalmente, in
senso opposto, con un duce, che, nonostante non lavesse mai completamente amato, si
ritrovò costretto ad aggrapparsi e a dipendere, totalmente, dal fuhrer del III Reich.