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Le testimonianze

Blitz Diaz: Anna e Josè, picchiati con manganelli e sedie
(ANSA) - GENOVA, 26 LUG - ''Stavamo entrando nei sacchi a pelo quando
abbiamo sentito urlare 'arriva la polizia'. Qualcuno ha chiuso il portone della scuola,
noi ci siamo messi contro il muro con le mani alzate. Non e' servito a nulla. Gli agenti
hanno cominciato a picchiarci con il manico dei manganelli, a tirarci addosso sedie e
banchi. Ci riparavamo la testa con le mani. Ma non si sono fermati finche' nella scuola
non hanno fatto il loro ingresso dei funzionari in borghese''. Anna Martinez, 25 anni,
assistente sociale, e Jose' Luis Sicilia, 41, impiegato delle poste, entrambi di Saragoza
(Spagna), ''rifugiati'' nel loro consolato a Genova dopo essere stati dimessi dall'
ospedale, hanno accettato oggi di raccontare la loro notte ''da dittatura sudamericana'' -
cosi' la definiscono - nella scuola Diaz quando la polizia ha fatto irruzione, la notte
tra il 21 e il 22 luglio. Erano venuti a manifestare a Genova insieme con altri 11
militanti spagnoli del ''Movimento di resistenza alla globalizzazione'', un'
organizzazione eco-pacifista di impronta anticapitalista. Loro non sono stati raggiunti
dal provvedimento di espulsione, ma partiranno ugualmente con i loro compagni espulsi
dall' Italia per 5 anni: ''Poliziotti italiani non vorremmo vederne mai piu'', dicono.
Anna Martinez ha ecchimosi in varie parti del corpo e un braccio rotto, ''spezzato -
racconta - da una manganellata mentre cercavo di ripararmi la testa, rannicchiata contro
il muro durante il pestaggio''. Jose' Luis Sicilia, accanto a lei, mostra ai fotografi la
schiena: tutto il fianco sinistro, la spalla e il braccio sono violacei e blu, ecchimosi
estese. Sulla testa ha una ferita, ricucita con cinque punti dai medici. ''E' stato
terrore puro - racconta Jose' Luis - la gente gridava, cercava di scappare ai piani
superiori. Io e Anna siamo rimasti al piano terreno con le mani alzate, appiattiti contro
il muro. Gli agenti hanno sfondato la porta e sono entrati: avevano addosso i caschi, il
volto coperto dai fazzoletti, e in mano i manganelli e le mazze, proprio quelle mazze che
oggi abbiamo visto nelle fotografie pubblicate sui giornali tra le armi che la polizia
dice di aver trovato nella scuola''. ''Mentre ci picchiavano - prosegue Jose' Luis -
urlavano 'bastardi comunisti, adesso vi ammazziamo'. Noi spagnoli eravamo in 11: ci siamo
accucciati, cercando di ripararci a vicenda. Mi hanno colpito alla testa e poi, mentre
stavo rannicchiato, al fianco, ripetutamente. Erano in dieci, sembravano impazziti. Quando
non arrivavano le manganellate, date con il manico per lasciare il segno, ma non
squarciare la pelle, ci colpivano a calci. Ma non bastavano i manganelli, erano infuriati,
prendevano le sedie e i banchi e ce li sbattevano addosso''. Sara' durato tutto forse 20
minuti - rammenta l' impiegato delle poste spagnole -, ma sono sembrate un' eternita'.
''E' accaduto tutto a luce spenta - precisa -, sentivamo le urla e i pianti degli altri
accanto a noi e ai piani superiori''. ''Quando sono entrati i funzionari in borghese -
prosegue Anna Martinez - hanno proseguito perquisendo i nostri zaini, ma non era una
perquisizione, era solo un rovesciare tutto per terra, rompere. Poi, sono arrivate le
ambulanze, ci hanno portati all' ospedale: anche li' polizia dappertutto, non ci
lasciavano avvisare i famigliari e neppure il nostro consolato''. Chabier Nogueras Corral,
36 anni, artigiano laureato in giurisprudenza, non ha avuto la stessa fortuna dei due
compagni Anna e Jose' Luis: lui ha una gamba ingessata fino all' inguine (frattura del
perone) ed ecchimosi in diverse parti del corpo, ma soprattutto, dopo essere stato
medicato, e' stato trasferito nella caserma della celere a Bolzaneto. ''Con una sedia,
dentro la scuola - racconta - mi hanno spezzato la gamba e picchiato. Ma il peggio, dal
punto di vista psicologico, e' venuto dopo, nella caserma: sono arrivato con le
radiografie sotto braccio, un agente me le ha strappate di mano e le ha sparse per terra.
Poi sono state ore di insulti e umiliazioni. Appena arrivavamo ci marcavano con un
pennarello sulla faccia, prima dell' identificazione. Un agente mi ha sferrato un calcio
alla gamba ingessata''. ''Io mi chiedo - conclude - come la polizia abbia potuto agire in
una situazione di totale impunita'. Ho paura per voi italiani, perche' ho l' impressione
che nel vostro Paese ci sia un regresso agli anni del fascismo. Un' impunita' simile puo'
essere garantita solo da una copertura politica''. (ANSA).
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