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La guerra di Etiopia (1935)
Dal diario
segreto di Ciro Poggiali, inviato speciale del "Corriere
della Sera" ad Addis Abeba nel '36-'37
28 agosto 1936: Proibizione assoluta di telegrafare in
Italia le notizie degli attacchi su Addis Abeba. Precauzione inutile, ché tutto il mondo
le saprà, perché i consoli e altri rappresentanti stranieri continuano a telegrafare
cifratamente e lungo la ferrovia. Tutte le notizie a noi impropizie arrivano a Gibuti e di
là si diffondono. Ma gli italiani non devono sapere nulla.
21 settembre 1936: Assisto a processi presso il tribunale
italiano per gli indigeni. Poiché non c'è un magistrato che sappia una parola d'indigeno
e nessuno si dà neppure la pena di mettersi ad impararlo (i funzionari vengono in Etiopia
non per spirito d'avventura o patriottico, ma perché il servizio in colonia conta il
doppio; e così, poiché son tutti vecchi, fanno più presto ad andare in pensione), i
processi si svolgono tutti a mezzo dell'interprete. Che cosa ne vien fuori Dio solo lo sa.
Non ho grande stima in genere dell'amministrazione della giustizia, ma questa è una
turlupinatura troppo grossa. Spesso è un'infamia senza nome quando visibilmente colpisce
degli innocenti sottoposti a una procedura per essi incomprensibile, che li porta a
condanne atroci senza che vengano neppure a sapere perché sono stati condannati.
18 novembre 1936: Sono arrivati mille operai campani
inquadrati nella milizia. Dovrebbero essere tutti manovali, muratori, carpentieri (... )
Nella gran massa si scoprono parrucchieri, commessi di negozio, lustrascarpe. L'alta paga
li ha indotti a frodare nascondendo la loro vera professione. Un caposquadra che
guadagnerà settanta lire al giorno era scrivano avventizio in una cancelleria di
tribunale, ove guadagnava dodici lire al giorno. Dovrebbero costruire quarantacinque
edifici pubblici, ma, poiché mancano i materiali, saranno adibiti alla sistemazione delle
strade. Una manovalanza un po' cara, evidentemente.
Protestano, evadono dai cantieri a cercarsi un lavoro più comodo, non vogliono sopportare
fatiche. Pionerismo da burla.
3 dicembre 1936: Mi racconta Bonalumi che sovente i
carabinieri incaricati di arrestare gli indigeni per sospetti reati, che magari non
esistono, cominciano, secondo il costume, a caricarli di botte. Se poi si accorgono di
averne date troppe e di aver prodotto cicatrici indelebili, perché gli arrestati non
possano piantar grane con i loro superiori li accoppano addirittura. Poi fanno il verbale
nel quale dicono che l'arrestato aveva tentato di fuggire o di ribellarsi.
19 febbraio 1937, subito dopo l'attentato al viceré
Graziani: Tutti i civili che si trovano in Addis Abeba, in mancanza di una organizzazione
militare o poliziesca, hanno assunto il compito della vendetta condotta fulmineamente coi
sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di
ferro, accoppano quanti indigeni si trovano ancora in strada. Vengon fatti arresti in
massa; mandrie di negri sono spinti a tremendi colpi di curbascio come un gregge. In breve
le strade intorno ai tucul sono seminate di morti. Vedo un autista che dopo aver abbattuto
un vecchio negro con un colpo di mazza, gli trapassa la testa da parte a parte con una
baionetta.
Inutile dire che lo scempio si abbatte contro gente ignara ed innocente.
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