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Dossier: La strage di Marzabotto

Le scuse della Germania

L'appuntamento con la storia, quella ancora scottante e in parte irrisolta del recente passato bellico, per il presidente della Repubblica Tedesca è fissato per il 17 aprile del 2002. E' stato lo stesso Johannes Rau, infatti, a chiedere al presidente Carlo Azeglio Ciampi di poter compiere, nella sua visita di Stato nel nostro Paese che comincerà tra pochi giorni, un gesto conciliatore sulla strage di Marzabotto che contribuisca a sanare una volta per tutte, se possibile, le ferite della Seconda Guerra Mondiale. «È il segno della nuova Europa»: per il sindaco di Marzabotto, Andrea De Maria è un evento storico la visita e la richiesta di perdono del presidente tedesco Rau. «Anche così si costruisce insieme la nuova cittadinanza europea, affermando sul luogo di un terribile eccidio i valori di pace, di libertà e di democrazia. L'Europa nasce per ragioni economiche, ma soprattutto come risposta a una storia terribile che ha visto i popoli europei massacrarsi fra loro per secoli».

pallanimred.gif (323 byte) L'intervista al sindaco storico di Marzabotto

MARZABOTTO — Come nasce la richiesta di perdono del presidente tedesco Rau a Marzabotto? «Penso che gran parte del merito debba andare al presidente Ciampi», rivela Dante Cruicchi, che è stato un sindaco storico di Marzabotto, lo fu dal '75 all'85, e che è presidente del comitato per le onoranze ai caduti.
Come ha appreso la notizia?
«Sono stato informato dal sindaco De Maria e poi dal Quirinale».
Quando?
«Ai primi di marzo, con una nota ufficiosa».
Qual è stata la sua reazione?
«Mi sono detto: a questo punto posso anche ritirarmi».
La sua famiglia è stata coinvolta nella strage?
«No, perché io sono di Castiglion de' Pepoli».
Perché vuole ritirarsi?
«Perché sono felice».
Perché felice?
«Perché è così che si fa l'Europa. La visita dei due presidenti, di Ciampi e Rau, è una manifestazione di grande importanza per l'Europa. Tanto più, quest'anno è anche il sessantesimo anniversario del manifesto di Ventotene».
Che cosa c'entra?
«C'entra, perché sa che cosa dissero Spinelli, Colorni e Rossi, questi tre grandi europeisti antifascisti nel 1942? Scrissero: 'Oggi bisogna saper gettare via i vecchi fardelli, diventati ingombranti. Tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge — si badi bene che siamo nel '41 quando Hitler dominava il mondo, senti quanta speranza, fiducia, intuizione, preveggenza in queste parole — così diverso da tutto quello che si è immaginato. Scartare gli inetti tra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani'».
Ma sono scuse che arrivano in ritardo, dopo più di 50 anni.
«Va be', comunque noi ci siamo battuti per arrivare a questo punto e per onorare anche i tedeschi che hanno combattuto per la libertà.Penso ai due soldati che a Marzabotto si rifiutarono di sparare e che sono rimasti ignoti. E mi viene in mente Rudolph Jacobs, tenente della marina, che vede a Sarzana i crimini tedeschi e si ribella, va con i partigiani, lotta, viene decorato con la medaglia d'argento. In Germania è considerato un disertore, non gli danno la pensione, la famiglia viveva con quel poco che le dava l'Italia».
Quante volte è stato chiesto un gesto come quello che si appresta a fare il presidente Rau?
«Ne abbiamo sempre parlato, io fra l'altro sono segretario generale dell'Unione mondiale delle città martiri. Sempre abbiamo detto che non si tratta di fare gesti clamorosi. Può darsi che dopo tanti anni quello del presidente tedesco venga considerato un gesto un po' stemperato. Ma è un grande fatto storico per l'Italia, la Germania e l'Europa. Noi ne siamo orgogliosi perché è grazie a uomini come il presidente della Repubblica Ciampi che siamo arrivati a questo».
Lei se l'aspettava?
«In questo momento no, ma vedevo che tutto convergeva in questa direzione. Noi andiamo in Germania tutti gli anni, e loro vengono qui a Marzabotto, promuoviamo scambi culturali tra i giovani».
La cosa chiude questo pellegrinaggio? Archivia l'argomento?
«No, perché la storia rimane».
Lei ritiene che questi orrori possano ripetersi?
«Non credo, il pericolo c'è sempre ma ormai siamo vaccinati».
Non le sembra giusto che anche per fatti come questi è bene che arrivi il giorno in cui siano dimenticati?
«Dimenticati no, certo la memoria non deve servire a sviluppare sentimenti di vendetta e di odio ma fornire contributi utili a estirpare ogni forma di violenza».
Degli slogan pronunciati in questi giorni da certi cortei, in cui gli ebrei sono paragonati ai nazisti, che pensa?
«Sono bestemmie».
Gesti come quello di Rau rimuovono i pregiudizi e le incomprensioni?
«Certamente. I familiari delle vittime mi hanno già espresso la loro gioia. E' una gioia il solo vedere il presidente della Repubblica tedesca venire a Marzabotto. Anche se non parlasse, anche se non chiedesse perdono, la sua presenza sarebbe di per sé già sufficiente».
Quanti furono i sopravvissuti?
«Un centinaio, forse qualcuno di più».
Quanti sono ancora vivi?
«Purtroppo negli ultimi anni ne sono scomparsi un'ottantina».
Dunque quanti saranno presenti alla cerimonia?
«Forse una decina».
Ma quante furono le vittime?
«A un primo censimento risultarono 1830. Ma una successiva, severa indagine ha accertato che 721 in realtà erano morti per cause di guerra estranee all'eccidio e che le vittime vere e proprie della strage furono 955, di cui quasi 700 fra donne, bambini e vecchi».

 

(a cura di Giovanni Morandi, La Nazione, 12 aprile 2002)












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