A me pare che il mondo resti fermo,
a cura di Mimmo Oliva
(Istituto storico Galante Oliva, Nocera Inferiore
2010)
Prefazione
di Mario Avagliano
Nella storia del Meridione dItalia
ci sono personalità della politica e del sindacalismo del Novecento che, pur avendo salde
radici nei territori di origine, con le loro idee, le loro battaglie, la loro lezione
morale, hanno travalicato i confini locali, assurgendo a modelli nazionali di quella bella politica di matrice popolare di cui tanto si
avverte la mancanza nel grigio inizio di terzo millennio che viviamo.
Uno di questi è il nocerino Galante
Oliva, la cui storia di riscatto e di impegno per gli altri è emblematica di come la
generazione uscita dal ventennio fascista e dal secondo conflitto mondiale seppe
rimboccarsi le maniche e contribuire alla ricostruzione e allimpetuoso sviluppo
democratico, industriale e sociale del nostro Paese, diventato nel volgere di pochi lustri
la sesta potenza economica del mondo.
Una generazione figlia della Costituzione
del 48, che aveva iscritto a chiare lettere nei suoi principì fondamentali (quelli
contenuti nella prima parte) che lItalia è una repubblica democratica fondata
sul lavoro e che riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Una generazione che si dimostrò
battagliera, ribelle, ma anche seria, concreta, pragmatica, rigorosa, capace di realizzare nei fatti unepoca nuova, che
condusse al riconoscimento dei diritti degli operai e dei braccianti, a condizioni più
umane nei luoghi di lavoro, allaumento dei salari e degli stipendi, al miglioramento
del tenore di vita delle famiglie, alla riduzione dellorario di lavoro fino alla
straordinaria conquista nel 1970 dello Statuto dei Lavoratori.
Galante Oliva,
classe 1932, era un protagonista di quella generazione. Negli anni difficili del
dopoguerra, caratterizzati da forti ristrettezze economiche (ai limiti della povertà) e
da violenti scontri politici e sociali, il giovane Oliva, rimasto a 14 anni orfano di
padre e tre anni dopo anche di madre, costretto per sopravvivere ai lavori più umili già
alletà di 12 anni (operaio, bracciante, contadino, cestaio: 15 ore al giorno, con
paghe infime), trovò nellattività sindacale in favore dei colleghi di lavoro
(nellambito della CGIL) e nella militanza politica nel Pci unoccasione di
crescita umana e intellettuale. Avendo come mentore un personaggio del calibro di Pietro
Amendola, figlio dellantifascista Giovanni, segretario della federazione del Pci
salernitano nel primo dopoguerra, che nel 1963 celebrerà le nozze di Galante in comune
(tra le prime celebrate nel Mezzogiorno dItalia) con Biagina Daniele, anchessa dirigente provinciale del partito
comunista oltre che dellUDI.
Ci si è dimenticati di quali incredibili
sedi di formazione fossero allora le sezioni dei partiti e dei sindacati. Ci si è
dimenticati di come in quel contesto, anche chi come Galante proveniva da condizioni
sociali modeste e non aveva potuto seguire il corso degli studi, avesse la possibilità di
maturare - nel serrato confronto sindacale e nella ricca vita di partito, con le sue
organizzazioni e le sue scuole (a partire da quella celebre di Frattocchie, che Oliva
frequentò dal 55 al 58) -
unidentità politica e culturale e la capacità di guardare oltre il giardino della propria città.
Allora il 1° maggio non era solo un
grande momento di aggregazione dei sindacati e una festa-concerto capace di richiamare
folle oceaniche in piazza e in televisione. Allora il 1° maggio era un appuntamento
collettivo di riflessione dei lavoratori, un appuntamento in cui fare il punto della
situazione e lanciare nuove sfide, nuove battaglie. Per la riforma agraria, per
loccupazione, per le libertà sindacali, per la nazionalizzazione dellenergia
elettrica, per la partecipazione ai benefici del miracolo economico anche da parte della
classe operaia, ma anche per la pace, per il disarmo atomico, e più tardi contro la
guerra in Vietnam, in favore del movimento studentesco e per il diritto al divorzio.
Appuntamenti che - soprattutto negli anni
Cinquanta - si svolgevano in piazze non sempre
affollate, anzi a volte semivuote, in quanto i padroni discriminavano con
minacce e ricatti chi svolgeva attività sindacale, chi scioperava, chi chiedeva il
rispetto dei propri diritti, tanto più se aveva in tasca la tessera comunista.
Appare quindi di sicuro interesse storico
loperazione di raccogliere in questo saggio tutti i discorsi tenuti da Galante Oliva
in quelloccasione, dal 1956 al 1974, parlando dal palco in Piazza Cianciulli a
Nocera Inferiore, davanti al Liceo Classico G.B. Vico, dove poi il regista Ettore Scola
ambienterà alcune scene del suo Ceravamo tanto amati.
E colpisce e commuove leggere le sue
richieste di lavoro, pane e libertà, i suoi accorati appelli alla fraternità
dei lavoratori, i suoi richiami alla Costituzione, le sue veementi reprimende nei
confronti delle ingiustizie e degli squilibri sociali a danno dei lavoratori e dei
pensionati, le sue precise analisi sulla situazione economica locale, così come le sue
denunce sugli sprechi nellutilizzo dei fondi pubblici da parte dello Stato, sulla
necessità di far rinascere il Mezzogiorno, sullindispensabile lotta alla corruzione
e alla camorra (che qualche anno più tardi lo costringeranno a vivere sotto scorta e a
nascondere la famiglia in posti sicuri).
Rimbalzano da queste pagine anche le
grandi lotte operaie e contadine degli anni 50-70 nelle campagne, nelle
industrie conserviere e negli stabilimenti dellagro-nocerino-sarnese, dalla MCM al
Confettificio Costabile, dal Pastificio Ferro alla Cartiera di Scafati fino alla Bussetto,
alla Cirio-Star. Oliva fu uno dei protagonisti di quelle lotte, come quella della MCM sul
finire degli anni Cinquanta, che coinvolse non solo i sindacati e le forze politiche, ma
vide la partecipazione e la solidarietà della popolazione e di personaggi illustri, a
partire dal musicista napoletano Raffaele Viviani.
Ma è interessante osservare come lo
sguardo (e le parole) di Oliva non fossero mai miopi, mai provinciali, ma - al contrario -
capaci di vedere lontano, di avere una valenza
nazionale e internazionale, di unire idealmente i lavoratori dellagro alle donne e
agli uomini che in ogni dove lottavano per il ripristino della democrazia e della libertà
nei paesi sottoposti a dittature fasciste (come la Spagna, il Portogallo, il Cile), a
quanti chiedevano la pace, la libertà e il disarmo atomico, agli studenti che
manifestavano nelle scuole, a chi combatteva per i diritti civili come il divorzio.
Certo, i discorsi di Galante riflettono
unottica di parte e sono figli, in qualche modo, dellepoca della guerra
fredda, di un mondo spaccato in due tra Occidente e Urss. Ma rappresentano anche
lorgoglio e le specificità di un militante di un partito comunista sui generis come quello italiano che, pur tra
contraddizioni e ambiguità, era profondamente democratico.
Opportunamente il curatore di questo
libro, il figlio Mimmo Oliva, ci conduce in punta di piedi nel mondo di Galante, con
unarticolata ma godibilissima introduzione, una sorta di diario che ripercorre anno
per anno, senza retorica, i primi maggio del padre e da uninterpretazione autentica (e umana) del pensiero
del sindacalista nocerino, raccontando il dietro le quinte di questo coraggioso e indomito
uomo di pianura. Prima di cedere il passo ai discorsi veri e propri di Galante Oliva, che molti ancora
ricordano per la straordinaria capacità di far vibrare, con la sua passione e la sua
oratoria roboante, il cuore e la carne viva degli operai, dei braccianti e dei
contadini dellagro-nocerino. Come quando, nel 1968, affermò che La colpa dei
lavoratori è che non vogliono più essere servi; o quando, nel 1972, motivò con
queste semplici ma forti parole i settanta giorni consecutivi di sciopero degli operai
della Buscetto: per essere cittadini della Repubblica italiana anche nella
fabbrica.
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