Roma, 24 settembre 2009 -
Dopo larmistizio dell8 settembre 1943 centinaia di migliaia
di militari italiani furono disarmati dai tedeschi e posti di fronte ad una drammatica
scelta: continuare la guerra sotto le insegne nazifasciste o essere deportati nei campi di
concentramento? La gran parte di loro - circa 650 mila, tra cui 30 mila ufficiali e 200
generali - rifiutarono di continuare a combattere al fianco dei tedeschi e scelsero di non
aderire alla Repubblica di Salò.
La conseguenza del loro 'no' fu la deportazione e linternamento nei
lager nazisti, non come prigionieri di guerra ma con lo status fino ad allora sconosciuto
di IMI, Internati Militari Italiani, voluto da Hitler per sottrarli alla Convenzione di
Ginevra e sfruttarli liberamente.
Questa pagina sconosciuta della seconda guerra mondiale, della guerra
civile tra italiani tra il 1943 e il 1945, della Resistenza e della Guerra di liberazione
italiana ed europea, è stata a lungo trascurata e dimenticata nel dopoguerra. Ora torna a
rivivere in un libro dal titolo 'Gli Internati Militari Italiani. Diari e lettere dai
lager nazisti 1943-1945', di Mario Avagliano e Marco Palmieri (Einaudi Editore) che
ricostruisce e la racconta attraverso la voce e gli occhi dei protagonisti, grazie a
centinaia di lettere (sottoposte a censura e talvolta mai recapitate) e diari (spesso
clandestini) scritti nei lager in quei drammatici giorni, rimasti fino ad ora inediti e
'sepolti' in archivi pubblici, privati e di famiglia.
I diari e le lettere degli IMI, inquadrati da una corposa introduzione
storica, sono raccolti in nove capitoli, dal viaggio in tradotta verso i lager al ritorno
a casa dei sopravvissuti, con unappendice di foto e disegni dai campi. Ne emerge un
affresco quanto mai nitido e dettagliato della vita (e della morte) nei campi di
concentramento nazisti.
Una sorta di storia 'dal vivo' e 'in presa diretta' della fame, del
freddo, del lavoro coatto, delle violenze, dei crimini di guerra e degli altri avvenimenti
che costarono la vita a circa 50 mila internati e segnarono per sempre tutti gli altri.
Dagli stratagemmi per aggirare la censura e le riflessioni segrete sui taccuini di fortuna
(dalle minuscole agendine tascabili alla carta igienica tenuta insieme con lo spago)
emerge inoltre come la scelta di non aderire - compiuta in massa da una generazione nata e
cresciuta sotto il fascismo - fu un vero atto di resistenza (il segretario del partito
comunista Alessandro Natta, ex internato, parlò di altra resistenza ma il suo
libro fu rifiutato nel 1954 e pubblicato solo quarantadue anni dopo da Einaudi), che
contribuì al riscatto dellItalia e degli italiani verso la democrazia e la
libertà.
In seguito a questa scelta gli IMI andarono incontro - volontariamente,
come scrisse nel suo diario clandestino Giovannino Guareschi, lautore di Don Camillo
e Peppone allepoca giovane sottotenente, a venti mesi di prigionia, lavoro coatto,
sofferenze e morte. Altri duecentomila (ai quali è dedicato un capitolo) fecero invece la
scelta opposta e decisero di aderire alla Repubblica Sociale, per motivazioni ideologiche,
ma anche per paura, ricatto, incertezza e confusione.
Lesperienza dei lager riguardò (e segnò) anche alcuni tra i più
importanti esponenti della cultura, dellarte, della politica e delle professioni del
dopoguerra, di cui nel libro sono contenuti diversi scritti inediti dellepoca (come
lattore Gianrico Tedeschi, i senatori Paolo Desana e Carmelo Santalco, lo storico
Vittorio Emanuele Giuntella, il manager dindustria Silvio Golzio, lintellettuale
cattolico Giuseppe Lazzati, il pittore Antonio Martinetti, il caricaturista Giuseppe
Novello, il filosofo Enzo Paci, il musicista Mario Pozzi, gli scrittori Roberto Rebora,
Mario Rigoni Stern e Giovannino Guareschi).
Il libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri riporta in piena luce,
attraverso gli scritti dei protagonisti, questa pagina importante di storia italiana.