Gli Internati militari italiani: tra Fascismo
e Resistenza; tra subordinazione e lager
Lesperienza drammatica ed eroica
degli Imi, in una toccante
raccolta di lettere e altre testimonianze pubblicata dallEinaudi
di Eliana Grande
Alcune fra le tragiche, ma, al tempo stesso, eroiche
testimonianze dei 650.000 militari italiani che, dopo lArmistizio dell8
settembre 1943, preferirono la reclusione nei campi di prigionia nazisti allo schieramento
tra le linee dei combattenti per il Terzo Reich di Hitler e la Repubblica sociale italiana
di Mussolini si trovano raccolte in Gli Internati militari italiani. Diari e lettere
dai lager nazisti. 1943-1945 (Einaudi, pp. 340, 20,00). Il volume è a cura di
Mario Avagliano e Marco Palmieri, giornalisti, studiosi di Storia contemporanea e
ricercatori dellAnpi (Associazione nazionale partigiani dItalia), ed è
arricchito dallinteressante saggio introduttivo dello storico Giorgio Rochat, il
primo studioso nel nostro paese ad essersi occupato della vicenda degli Imi (Internati
militari italiani).
La ricerca delle fonti e il criterio di selezione del materiale
Come già accennato, il libro offre al lettore interessato una raccolta di testimonianze
scritte lettere inviate alle famiglie o annotazioni tratte dai diari tenuti durante
la prigionia che coprono un arco temporale di importanza storica cruciale: dallautunno
del 1943 alla primavera del 1945.
Come sottolinea Rochat, i criteri che hanno guidato laccurata selezione di tali
documenti sono stati la predilezione di testi per lo più inediti, o al massimo pubblicati
in riviste o volumi a diffusione locale o anche solo familiare; la rappresentazione delle
più svariate appartenenze sociali, geografiche e culturali e la presenza dei diversi
ruoli ricoperti allinterno della gerarchia militare, dai generali ai semplici
soldati. Inoltre, sono state privilegiate le testimonianze più complete dal punto di
vista delle informazioni biografiche al fine di «dare un nome, unetà e un percorso
di vita e di esperienze alla voce narrante che cè dietro ogni
scritto».
Infine, si è preferito dare maggiore spazio alla documentazione diaristica, piuttosto che
a quella epistolare. In questultima, infatti, a causa della severa censura alla
quale venne sottoposta, mancano la spontaneità e la veridicità presenti, invece, in quei
fogli di diario «scritti per se stessi e, quindi, sottoposti allunica censura,
dettata da un lato dalla paura di essere scoperti dai carcerieri e dover pagare le
conseguenze per i giudizi e le idee segretamente espressi, dallaltro dalla
possibilità di una futura lettura da parte di parenti, amici o estranei».
Le testimonianze sono divise in capitoli che ripercorrono in ordine cronologico le varie
fasi della vicenda degli Imi, dalla cattura immediatamente successiva allArmistizio,
con conseguente deportazione nei campi di prigionia nazisti, fino alla Liberazione e al
rientro in Italia dopo la fine della guerra.
La forza morale e il coraggio della scelta
Liter dei prigionieri è scandito da una successione di pagine intense, in cui si
trovano riversate speranze, paure, sofferenze, nostalgie.
La maggior parte dei militari deportati gli autori valutano attorno all85 per
cento scelse, e reiteratamente, di non aderire alla Rsi (Repubblica sociale
italiana). Venne così smentita la convinzione nutrita da nazisti e fascisti che la
crudezza della vita nei campi di prigionia, la fame e il freddo estremi, il desiderio di
ritornare in patria per riabbracciare i propri cari e rassicurarsi sulle loro sorti
avrebbero prima o poi avuto la meglio sulle ragioni di coscienza che
animavano e sostenevano i prigionieri.
Riportiamo alcune annotazioni che, meglio di qualsiasi altra considerazione, trasmettono
il doloroso travaglio interiore, ma anche la straordinaria forza morale che accompagnarono
la scelta degli Imi: «Io, si legge in un diario ho impostato la risoluzione
del problema sotto il profilo morale; e lho definito subito, in grande serenità,
avendo presenti i miei doveri verso la patria, la famiglia e me stesso. Ho sentito che
dovevo rispondere di no, ho risposto di no e non ci ho pensato più».
Un altro scrive: «Anche se qualche volta la carne è stanca, lo spirito è sempre pronto.
Prego Dio che mi dia fortezza per resistere, pazienza per soffrire, costanza per durare».
E un altro ancora: «se con la mia astensione potrò anticipare di un solo minuto la fine
della guerra avrò salvato la vita a migliaia di esseri».
La prova fu durissima sotto tutti i punti di vista, si tentò di colpire i prigionieri in
ogni modo, nellattesa di raggiungere prima o poi un punto più debole, o nel
tentativo di fiaccarne la volontà per stanchezza, paura, disperazione, «Ma cè
qualcosa in me, in noi, che supera ogni lato affettivo, ogni tentazione, ogni lusinga,
qualcosa che ci permette di vincere anche il nostro egoismo che si fa spesso tanto
prepotente».
Verso una nuova consapevolezza
La dignità umana, nonostante ogni minaccia e offesa, oltre ogni sofferenza del cuore,
della mente, del corpo, continuò la sua resistenza.
E se da un lato le privazioni e il lavoro fisico estenuante provocarono una sorta di
intorpidimento delle stesse facoltà mentali, dallaltro la forza degli ideali con la
quale tali sofferenze venivano affrontate diede a molti una nuova lucidità nella
comprensione dei fatti storici che proprio lì, in mezzo a loro, nei campi di prigionia e
via via, allargando progressivamente la prospettiva, nel mondo intero, si stavano
consumando: «A guerra finita a noi incomberà il compito della ricostruzione dItalia,
compito gravoso che però accettiamo serenamente sicuri di portarlo a termine perché le
sofferenze attuali e il volontario sacrificio ci avranno maturati spiritualmente».
Linternamento nei campi nazisti fu, dunque, unesperienza allestremo
limite della sopportazione umana, ma, al tempo stesso, rappresentò per la grande
maggioranza dei militari italiani che la conobbe il fertile humus nel quale
germogliarono nuovi semi di consapevolezza intorno ai valori eterni della libertà e del
rispetto incondizionato per la vita umana.
«Tra gli internati rinchiusi nei campi di concentramento e di lavoro scrive,
infatti, Rochat [...] riaffiorarono idee e sentimenti mai completamente sopiti
durante il regime, riconducibili al cattolicesimo, al liberalismo, al socialismo e alla
tradizione risorgimentale [...] Lesperienza drammatica della prigionia, sommata a
quella precedente della guerra, li spinse come minimo alla più elementare repulsione
verso ogni forma di dittatura e di privazione della libertà, di cui pativano così
duramente le conseguenze».
Eppure, nonostante questo e «per evidenti motivi di opportunità, vergogna, disinteresse
generale e desiderio di voltare pagina», la vicenda degli Imi non ricevette la debita
attenzione da parte della ricerca storiografica nei decenni immediatamente successivi alla
fine della guerra e, ancora oggi, la sua ricostruzione storica è resa difficile dalla
carenza di fonti documentali.
A maggior ragione, dunque, il testo di Avagliano e Palmieri rappresenta una preziosa
occasione di conoscenza e approfondimento di una pagina importante della Storia italiana.