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pallanimred.gif (323 byte) La recensione de Il Velino

(21 ottobre 2009)

Libri, gli internati militari italiani nei lager nazisti

Roma, 21 OTT (Velino) - Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 centinaia di migliaia di militari italiani furono disarmati dai tedeschi e posti di fronte ad una drammatica scelta: continuare la guerra sotto le insegne nazifasciste o essere deportati nei campi di concentramento?

La gran parte di loro - circa 650 mila, tra cui 30 mila ufficiali e 200 generali - rifiutarono di continuare a combattere al fianco dei tedeschi e scelsero di non aderire alla Repubblica di Salo'. La conseguenza del loro "no" fu la deportazione e l'internamento nei lager nazisti, non come prigionieri di guerra ma con lo status fino ad allora sconosciuto di IMI, Internati Militari Italiani, voluto da Hitler per sottrarli alla Convenzione di Ginevra e sfruttarli liberamente. Questa pagina sconosciuta della seconda guerra mondiale, della guerra civile tra italiani tra il 1943 e il 1945, della Resistenza e della Guerra di liberazione italiana ed europea, e' stata a lungo trascurata e dimenticata nel dopoguerra. Ora torna a rivivere in un libro che la ricostruisce e la racconta attraverso la voce e gli occhi dei protagonisti, grazie a centinaia di lettere (sottoposte a censura e talvolta mai recapitate) e diari (spesso

clandestini) scritti nei lager in quei drammatici giorni, rimasti fino ad ora inediti e "sepolti" in archivi pubblici, privati e di famiglia. Il volume "Gli Internati Militari Italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945"

(Einaudi) di Mario Avagliano e Marco Palmieri (Einaudi) verra' presentato domani a Roma all'Auditorium di piazza Adriana dai due autori, da Antonio Parisella, presidente del Museo storico della Liberazione, Elena Aga Rossi, docente dell'universita' dell'Aquila, Stefano Caccialupi, segretario generale Anei e Michele Montagano, presidente vicario Anrp.

(segue) (gat)

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Libri, gli internati militari italiani nei lager nazisti (2)

Roma, 21 OTT (Velino) - I diari e le lettere degli IMI, inquadrati da una corposa introduzione storica, sono raccolti in nove capitoli, dal viaggio in tradotta verso i lager al ritorno a casa dei sopravvissuti, con un'appendice di foto e disegni dai campi. Ne emerge un affresco nitido e dettagliato della vita (e della morte) nei campi di concentramento nazisti. Una sorta di storia "dal vivo" e "in presa diretta"

della fame, del freddo, del lavoro coatto, delle violenze, dei crimini di guerra e degli altri avvenimenti che costarono la vita a circa 50 mila internati e segnarono per sempre tutti gli altri. Come nel caso del generale di brigata nato ad Arccia, Paolo Grimaldi, che annota: "Si giunge il 4 novembre a Flossemburg, campo di punizione per politici e criminali comuni. Nudo in bagno, ci portano via tutto e ci vestono da veri straccioni: siamo nella neve, senza berretto, sandali ai piedi, ogni indumento e' uno straccio". Qui Grimaldi viene condannato a morte per non aver voluto aderire e si salvera' solo durante una marcia di trasferimento a Dachau, per l'arrivo degli Alleati. Oppure dell'ufficiale romano Gastone Petraglia che nel febbraio descrive la giornata tipo nel campo di Wietzendorf: "Il cielo e' sempre coperto ed imbronciato; raramente appare un raggio di sole; pochissime volte un lembo di cielo azzurro. C'e' poi sempre vento. Spesso piove. Si spera che, passato questo mese, ed entrando in marzo si possa stare meglio. Tutto il giorno siamo rintanati nello stanzone che, tra il grigiore di fuori e la semi oscurita' dell'interno, sembra un antro e in realta' lo e'. Le ore sono interminabili". (segue) (gat)

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Libri, gli internati militari italiani nei lager nazisti (3)

Roma, 21 OTT (Velino) - Dagli stratagemmi per aggirare la censura e le riflessioni segrete sui taccuini di fortuna (dalle minuscole agendine tascabili alla carta igienica tenuta insieme con lo spago) emerge inoltre come la scelta di non aderire - compiuta in massa da una generazione nata e cresciuta sotto il fascismo - fu un vero atto di resistenza (il segretario del partito comunista Alessandro Natta, ex internato, parlo' di "altra resistenza" ma il suo libro fu rifiutato nel 1954 e pubblicato solo quarantadue anni dopo da Einaudi), che contribui' al riscatto dell'Italia e degli italiani verso la democrazia e la liberta'. Un esempio emblematico sta in un'annotazione di Armando Ravaglioli, romano d'adozione e nel dopoguerra ideatore di molte manifestazioni culturali della capitale, nell'ottobre 1943 a

Fillingbostel: "Quanti problemi da risolvere nel nostro spirito per essere finalmente liberi nel cuore, benche'

chiusi nel filo spinato e costretti dentro le dure regole germaniche! Benche' disarmati e privi di inquadramento, abbiamo comunque dalla nostra il peso della massa e il valore della giovinezza. Per adesso, ci siamo avvalsi del numero solamente per sottrarre alla continuazione della guerra sotto la totale egida tedesca un notevole numero di potenziali divisioni. Dovremo d'ora in poi valerci della limpidezza morale e dell'entusiasmo della giovinezza per risolvere con maggiore consapevolezza anche il problema dello schieramento ideale fra le tante vie che si offrono al nostro popolo.

Sara' un modo di combattere una nostra guerra; questa variante di guerra avra' un suo peso nel testimoniare la speciale situazione morale del nostro popolo; esso sta attualmente liberandosi di una ideologia che lo ha anchilosato per due decenni e adesso deve cercare nuove strade di collaborazione civica". "Per servire la Patria - scrive nel lager di Deblin, in Polonia, lo storico romano Vittorio Emanuele Giuntella, che nel dopoguerra sara' tra i maggiori studiosi del sistema concentrazionario nazista - sono rimasto e rimarro' tra i reticolati". (segue) (gat)

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Libri, gli internati militari italiani nei lager nazisti (4)

Roma, 21 OTT (Velino) - "La rivendicazione della Resistenza antifascista - scrive lo storico Giorgio Rochat nella prefazione del volume - si e' ridotta per decenni al dibattito politico sulla guerra partigiana. Negli ultimi anni registriamo il recupero di una dimensione piu' ampia.

Contiamo la resistenza contro i tedeschi delle forze armate

all'8 settembre. Poi la guerra partigiana e la deportazione politica e razziale nei lager di morte. La partecipazione delle forze armate nazionali alla campagna anglo-americana in Italia. E infine la resistenza degli Imi nei lager tedeschi:

le centinaia di migliaia di militari che invece della guerra nazifascista scelsero e pagarono la fedelta' alle stellette della patria. Tutti avevano ragione di sentirsi traditi dal re e da Badoglio, che li avevano abbandonati senza ordini agli attacchi tedeschi. Cio' nonostante, una grande maggioranza di questa massa di sbandati preferi' la fedelta'

alle stellette e la prigionia nei lager". In seguito a questa scelta gli IMI andarono incontro - "volontariamente", come scrisse nel suo diario clandestino Giovannino Guareschi, l'autore di Don Camillo e Peppone all'epoca giovane sottotenente, a venti mesi di prigionia, lavoro coatto, sofferenze e morte. Altri duecentomila (ai quali e' dedicato un capitolo) fecero invece la scelta opposta e decisero di aderire alla Repubblica Sociale, per motivazioni ideologiche, ma anche per paura, ricatto, incertezza e confusione.

L'esperienza dei lager riguardo' (e segno') anche alcuni tra i piu' importanti esponenti della cultura, dell'arte, della politica e delle professioni del dopoguerra, di cui nel libro sono contenuti diversi scritti inediti dell'epoca: l'attore Gianrico Tedeschi, i senatori Paolo Desana e Carmelo Santalco, lo storico Vittorio Emanuele Giuntella, il manager d'industria Silvio Golzio, l'intellettuale cattolico Giuseppe Lazzati, il pittore Antonio Martinetti, il caricaturista Giuseppe Novello, il filosofo Enzo Paci, il musicista Mario Pozzi, gli scrittori Roberto Rebora, Mario Rigoni Stern e Giovannino Guareschi. (gat)

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