di
CARLO DE RISIO
È ABBASTANZA inusuale che la presentazione di un
libro offra il destro per una presa di distanza dal parere del presidente della Repubblica
e di un sottosegretario di Stato. Ma è proprio quello che è accaduto alla Casa della
Memoria e della Storia, in occasione della presentazione del libro «Generazione ribelle -
Diari e lettere dal 1943 al 1945» (Einaudi, 448 pagine, 24 euro), curato da Mario
Avagliano. Massimo Rendina, presidente dellAssociazione nazionale partigiani
Roma-Lazio, ha decisamente respinto laccusa che la Resistenza si rese responsabile
di aberrazioni, imputabili unicamente ai fascisti repubblichini, servi dei nazisti. Motivo
del dissenso, la dichiarazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico
Micheli, letta da Rendina in assenza dellinteressato, trattenuto da impegni
istituzionali. Che cosa ha detto il sottosegretario? Vediamo. «La raccolta di Avagliano
di lettere e di diari di partigiani, di deportati e di internati militari ha il merito di
raccontare la Resistenza così comera, dal di dentro, nei suoi aspetti umani, negli
effetti, nella pratica della guerra civile, senza lalone del mito che sarebbe
arrivato dopo il 45, né le esagerazioni revisionistiche di certa storiografia».
«Laltro merito di Avagliano - continua Micheli - è quello di riportare finalmente
la storia di quel drammatico biennio ai documenti, che hanno una loro forza straordinaria
ed una grande intensità emotiva, senza politicizzare gli avvenimenti e allo stesso tempo
senza ignorare zone dombra, eccessi e aberazioni del movimento di Liberazione, come
giustamente ha invitato a fare il presidente della repubblica Napolitano». È stato a
questo punto che Massimo Rendina è insorto, definendo «sopra le righe» ciò che ha
detto il presidente della Repubblica, parere ripreso dal sottosegretario Micheli, che lo
ha fatto suo. Si pensa, istintivamente, ai libri di Giampaolo Pansa «Il sangue dei
vinti» e «Sconosciuto 1945» - che tante polemiche hanno sollevato, ma che sono frutto
di una ricerca molto accurata - con la cronaca delle migliaia di esecuzioni di fascisti, o
presunti tali, prima e soprattutto dopo il 25 aprile. Non furono «aberrazioni» quelle?
Non lo fu anche lo scempio di piazzale Loreto, che fece fremere di sdegno Sandro Pertini
(«Avete visto? Il movimento insurrezionale è disonorato»), mentre Ferruccio Parri
commentava: «È terribile e indegno: nuocerà al movimento partigiano per gli anni a
venire. Non Clara Petacci! Non è una esibizione da "macelleria messicana"!».
Furono «eccessi e aberazioni» anche quelli che si verificarono nellambito dello
stesso movimento partigiano, tra formazioni di obbedienza comunista e filo-titina, e
formazioni non comuniste. Massimo Rendina ha dato una spiegazione, per la verità non del
tutto convincente, delleccidio di Porzus - appunto ad opera di comunisti - che
costò la vita anche a Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo. È innegabile, peraltro,
che i partigiani che combattevano in Friuli-Venezia Giulia, respinsero le
"avances" della Decima Mas di Valerio Borghese per una forma di collaborazione,
in funzione anti-slava. Pagina, questa, ancora tutta da chiarire e da raccontare, in
quanto proprio le autorità del Sud fecero pressione su Borghese, perché concentrasse
tutti i suoi battaglioni sulla frontiera orientale, contro il IX Corpus di Tito, che
tendeva a Trieste e anche a Udine. I particolari riguardanti limpiego della Decima
Mas - come volevano peraltro anche gli inglesi - furono definiti nellincontro
segreto di Montecolino, sul lago dIseo, il 16 novembre 1944. A questo riguardo, non
si possono sbrigativamente definire «servi dei tedeschi», torturatori e cacciatori di
ebrei tutti coloro che accorsero sotto le bandiere della Rsi. È stato Luciano Violante ad
affermare che bisogna pur dare una spiegazione al fenomeno di decine di migliaia di
giovani e giovanissimi (anche ragazze) che fuggirono di casa per arruolarsi nelle forze
armate della Repubblica di Mussolini. Chi «andò in montagna», in nome della libertà,
scrisse una pagina che ha trovato giusta collocazione nella storia patria: non tutti i
«vinti» del 1945 però hanno avuto almeno un riconoscimento morale, perché molti erano
parimenti animati da amor patria, non di parte. Il libro di Mario Avagliano - che ha
richiesto sei anni di paziente compilazione - offre uno spaccato della realtà umana e non
solo combattentistica di quegli anni, attraverso gli scritti non soltanto delle figure di
spicco della Resistenza - da Pertini a Parri, da Boldrini a Pintor, a Giuseppe Cordero
Lanza di Montezemolo, immolato alle Fosse Ardeatine - ma anche di partigiani, internati,
militari, deportati. Si scrisse molto in quegli anni, più di quanto non si creda. Di qui
un quadro autentico, "dal di dentro" appunto, del movimento partigiano: il che
ha costretto lautore a una minuziosa opera di ricerca e di consultazione presso
archivi pubblici e privati. Quanto allarco di tempo considerato, esso va dal 25
luglio (con le effimere illusioni dei quarantacinque giorni del governo Badoglio), all8
settembre e al trauma che ne seguì, fino alle scelte compiute da chi decise di opporsi
con le armi ai tedeschi e alle formazioni della Rsi. Il libro curato da Mario Avagliano si
colloca, in conclusione, a buon diritto nella bibliografia essenziale per lo studio del
periodo più drammatico della nostra storia contemporanea. |