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Terza Guerra Mondiale?

La partecipazione dell'Italia

trangolino.gif (131 byte) «Pronti alla missione in Macedonia»

CONCESSE LE BASI DI AVIANO E SIGONELLA: «NON CI CHIEDONO DI ESSERE IN PRIMA LINEA»

Cinquecento fanti verso lo scacchiere kosovaro

L’ITALIA, come peraltro tutta l’Europa che si trova lontanissima dai luoghi della crisi, militarmente parlando, manterrà un basso profilo. Dice il ministro della Difesa, Antonio Martino: «Le misure che ci sono state chieste sono limitate, ma di grande profilo politico». Significa che agli americani è stato concesso il permesso di sorvolo, pieno accesso alle basi di Aviano e Sigonella, assistenza logistica in porti e aeroporti, incremento delle misure di sicurezza. Ci sarà piena collaborazione sul piano dell’intelligence. Nessun soldato o aereo. Potrebbe essere spostato, invece, qualche pilota che faccia parte di equipaggi interalleati sugli aerei-radar.
E’ in vista soprattutto una riorganizzazione della presenza militare nei Balcani. Attualmente ci sono 700 fanti della «Sassari» in Macedonia. La missione «Essential Harvest» è terminata, un’altra subentra a protezione degli osservatori internazionali. Si chiamerà «Amber Fox», volpe ambrata, mille soldati della Nato. Gli europei sono chiamati a fare la parte principale. L’Italia parteciperà con 200 soldati. Costo previsto, 6 miliardi.
Ma non c’è solo la Macedonia. In Bosnia e in Kosovo ci sono 6000 statunitensi. Ebbene il Pentagono ha bisogno di spostare uomini e mezzi verso il Medio Oriente. Ha perciò chiesto agli europei di coprire i buchi che potrebbero crearsi. L’Italia sta valutando di utilizzare sullo scacchiere kosovaro i 500 fanti che rientrano dalla Macedonia.
E non c’è solo la terraferma. La Sesta Flotta statunitense, che presidia il Mediterraneo e che è di stanza tra Gaeta e Napoli, potrebbe presto raggiungere la Quinta Flotta nel Golfo Persico. Ecco quindi un altro vuoto che va colmato. Ai partner europei della Nato è stato chiesto di fare uscire in mare le proprie navi militari e concentrarsi nel Mediterraneo orientale. Si muoveranno per prime due cacciatorpediniere tra le più moderne, il «Durand de la Penne» e il «Mimbelli».
«Penso che da Taranto potranno muoversi entro breve alcune delle nostre unità - spiega l’ex sottosegretario alla Difesa, l’onorevole Massimo Ostillio - . Agiranno sotto il comando Nato a supporto delle azioni militari che si svolgeranno, presumiamo, in un altro quadrante, quello del Golfo Persico e dell’Oceano Indiano. Non saremmo, a queste condizioni, in prima linea, ma questo è quanto ci viene richiesto al momento».
La partita che viene chiesta all’Italia è dunque legata alla sicurezza interna (non si può dimenticare l’allarme lanciato da Washington due giorni fa a proposito di attentati contro obiettivi Usa) e alla cosiddetta «riserva strategica». Le forze americane e inglesi si attestano in prima linea; gli alleati devono coprire loro le spalle. Ci sono poi le indagini finanziarie e le investigazioni antiterrorismo, su cui la cooperazione è ottima. E c’è infine lo spionaggio. Al Sismi, che tradizionalmente è orientato a coprire l’area balcanica e quella maghrebina, è chiesto un supplemento di attenzione in queste zone contro le infiltrazioni islamiche. Non è un mistero che ci siano cellule terroristiche, oltre che in casa nostra, in Albania, in Kosovo e in Bosnia.
Dei problemi balcanici, che sommano irridentismi locali e fanatismo religioso, si è parlato a lungo ieri allo stato maggiore dell’Esercito per una riunione della Sedm (Ministri Difesa Sud-Est Europa). Erano presenti ben otto viceministri di diversi Paesi Balcanici, con la presenza di un rappresentante Usa e uno della Nato, coordinati dal sottosegretario Salvatore Cicu. Un colpo d’occhio notevole. Allo stesso tavolo siedono Paesi che a lungo hanno litigato se non guerreggiato tra loro. C’è il rappresentante greco accanto a quello turco, l’albanese con il macedone, il croato con lo sloveno, il bulgaro con il rumeno. Ma le vecchie ruggini sembrano accantonate. E di fatto per alcuni di questi Paesi la Sedm è un’anticamera della Nato.
La Sedm sulla carta ha a disposizione dal 1999 una brigata multilaterale da utilizzare in operazioni di pace. Ieri però l’attualità ha fatto da protagonista nei lavori. «Abbiamo parlato a lungo - spiega il sottosegretario Cicu - di terrorismo. Tutti i Paesi partecipanti hanno condannato l’atto di New York e dichiarato il loro pieno appoggio agli Usa. Che sia terrorismo internazionale non c’è dubbio». Hanno così istituito un gruppo di lavoro permanente contro il terrorismo, la sicurezza delle frontiere, la proliferazione delle armi nella regione. Sono state decise anche esercitazioni comuni e l’interconnessione satellitare degli ospedali militari.

(la Stampa, 5 ottobre 2001)

 

La Nato dice sì agli Usa
L'Italia non invierà truppe

Martino: "Per il nostro paese impegno militarmente limitato"
Ruggiero: sulla partecipazione ci sarà un voto parlamentare

BRUXELLES - La Nato dice sì alle richieste americane. I paesi dell'Alleanza atlantica affiancheranno a pieno titolo gli Usa nella campagna militare contro i terroristi islamici responsabili degli attentati alle Torri gemelle e al Pentagono: forniranno basi, navi, spazio aereo, supporto logistico e di intelligence. Aiuteranno gli Stati Uniti, che però saranno i primi protagonisti dell'offensiva militare. La risposta agli impegni chiesti da George Bush è stata immediata: e dopo un solo giorno l'organizzazione ha deciso di sciogliere ogni riserva.

Anche l'Italia si metterà a disposizione degli alleati. La sua partecipazione sarà soprattutto in termini di intelligence e di logistica: aeroporti e basi navali saranno utilizzati dalle forze armate americane, che sfrutteranno la posizione geografica della Penisola. Gli italiani potranno rinforzare l'equipaggio di qualche aereo, forse invieranno una nave. Le truppe, invece, resteranno a casa: le misure chieste sono "militarmente limitate", come ha spiegato il ministro della Difesa Antonio Martino: "Le definirei - ha aggiunto - di basso profilo, anche se di grande rilevanza politica e modificabili nel tempo".

Sulle modalità dell'intervento italiano saranno comunque informate le Camere. Lo ha garantito il ministro degli Esteri Renato Ruggiero. Che ha spiegato: "Anche se costituzionalmente non obbligatorio, perché ci sono degli automatismi previsti dall'articolo 5 del trattato, riteniamo altamente opportuno, desiderabile, coinvolgere il Parlamento con un voto su una risoluzione. Quello che noi auspichiamo - ha aggiunto - è un generale sostegno politico bipartizan".

L'Italia aderirà quindi disciplinatamente al fronte della Nato. Che a sua volta ha accettato in pieno le otto richieste statunitensi. L'Alleanza parteciperà al conflitto nei modi più svariati: dal rafforzamento delle attività di intelligence ai diritti di sorvolo per aerei Usa o di altri paesi impegnati in operazioni anti-terrorismo; dall'accesso a porti e aeroporti a misure più strette di protezione per basi, impianti o forze americane in paesi alleati; dalla disponibilità a muovere unità della forza navale permanente della Nato nel Mediterraneo all'utilizzo dei 17 aerei-radar Awacs di stanza a Geilenkirchen (Germania); da interventi a favore di paesi che subiscono minacce terroristiche, fino al rimpiazzo (se necessario) di truppe o mezzi americani attualmente impiegati in missioni dell'Alleanza (nei Balcani, per esempio).

"La decisione di oggi - ha spiegato il segretario generale dell'Alleanza George Robertson - rende operativo l'articolo 5 del trattato Nato e dimostra la determinazione e l'impegno degli alleati a sostenere gli Usa. Queste misure aumentano il numero di opzioni operative a disposizione degli Stati Uniti e le probabilità di successo nella campagna contro il terrorismo".

Quando scatterà l'attacco è però ancora impossibile da prevedere. Oggi il primo ministro britannico Tony Blair si è limitato a dire che "si sta avvicinando". Più tardi però Martino si è mantenuto più vago: "L'azione militare potrebbe essere imminente, ma potrebbe anche non esserlo. Non lo sappiamo".

(la Repubblica, 4 ottobre 2001)


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