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I
terroristi
Minaccia islamica sull'Italia. Il rapporto dei servizi segreti
L'allarme del Viminale. Raffica di interrogatori
di Claudia Fusani
ROMA - Italia «sotto la minaccia del terrorismo islamico». E
«territorio di copertura per basi di supporto logistico, di
proselitismo e di finanziamento anche con il ricorso ad
operazioni illecite». Tre soprattutto, le sigle integraliste che
trovano appoggio in Italia: «Gli algerini del Gia, gli egiziani
della Al Jamaat Al Islamya e marocchini della Tabligh
Eddawa Illalah». Lo scrive il Rapporto sulla sicurezza e
sull'ordine pubblico del Viminale redatto nel febbraio scorso,
«a dimostrazione - spiegano dal ministero dell'Interno - di
quanto la minaccia sia stata sempre una delle nostre priorità
soprattutto durante il Giubileo», ma tornato di attualità in
questi giorni. Osama bin Laden resta sullo sfondo del
rapporto, nel senso che sono solo sospetti i legami delle
cellule islamiche scoperte in Italia con Al Qaeda, il network
del terrore che fa capo al principe sceicco che raccoglie più
di cento sigle in oltre sessanta paesi. «Ma tutte le
organizzazioni integraliste radicali - sottolinea il rapporto - pur
nella diversità delle origini e degli scopi, si prestano
vicendevole assistenza». Il nemico, cioè, è per tutti lo stesso:
l'Occidente. E identico il metodo per sconfiggerlo: il
terrorismo.
C'è molta preoccupazione al Viminale e negli uffici
investigativi interforze. La paura si chiama «controreazione»
della Jihad in caso di attacco militare se è vero, come dice
una segnalazione dei servizi d'informazione Nato del 13
settembre, che il fronte integralista «ha già individuato trenta
nuovi obiettivi» fra cui uno «dall'alto valore religioso». E se è
vero che Cia e Fbi insistono nel dire che «sono in circolazione
in Occidente almeno altre venti, trenta cellule in grado di
colpire».
Decine di cittadini musulmani in questi giorni sono stati presi
a verbale dagli investigatori italiani in quanto persone
informate sui fatti. Non direttamente coinvolti nell'attacco
terroristico agli Usa ma in grado, forse, di dare informazioni
sui diciannove kamikaze che hanno dirottato i quattro aerei
americani la mattina dell'11 settembre. «Abbiamo attivato
vecchie e nuove conoscenze» spiegano all'Ucigos,
«rimodulando i criteri di indagine: è dimostrato che nessuno
può essere più al di sopra di ogni sospetto: essere studenti
modello e perfettamente inseriti, addirittura integrati
professionisti, non significa più nulla». Finora «nessun
elemento utile è emerso» dai riscontri sui nomi e sui fotokit
diffusi da Cia e Fbi e di cui si stanno occupando gli esperti di
antiterrorismo dell'Ucigos della polizia e del Ros dei
carabinieri. «La nostra più grande difficoltà sono gli alias e i
nomi falsi di queste persone» dicono. Mohammed Atta, ad
esempio, già Al Sefir quando era studentelavoratore ad
Amburgo: è ufficiale da ieri che anche Atta era una falsa
identità e tutti i riscontri, gli incroci fatti finora per verificare
passaggi e contatti di Atta in Italia sono al momento
congelati.
Da ieri comunque l'attività investigativa di polizia e carabinieri
e delle procure che in Italia hanno già inchieste aperte, alcune
già a processo, su cellule integraliste farà riferimento al pool
antiterrorismo della procura di Roma che ha aperto un
fascicolo per strage, per ora contro ignoti, relativo all'attacco
alle Twin Tower di New York dove sono morti cittadini
italiani. Ieri mattina, negli uffici giudiziari di piazza Adriana, il
pool antiterrorismo di Roma, i sostituti Ionta, Salvi, De Siervo,
Saviotti, coordinati dall'aggiunto Ormanni, si sono incontrati
con i colleghi di Torino, Napoli e Milano per coordinare
informazioni e indagini. All'incontro ha partecipato anche il
procuratore di Eurojust Giancarlo Caselli che ha spiegato le
nuove direttive Ue per la lotta al terrorismo. I magistrati
italiani sono convinti della necessità di avere in Europa uno
strumento di lotta comune come il mandato di cattura
internazionale per reati di terrorismo.
(la Repubblica, 22settembre 2001)
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