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La questione mediorientale

trangolino.gif (131 byte) Peres accusa i militari: "Vogliono uccidere Arafat"

Le Forze Armate israeliane vogliono uccidere Yasser Arafat. L'accusa non è nuova: fonti palestinesi lo sostengono da quando Ariel Sharon è diventato primo ministro. Ma adesso a pronunciarla non è un palestinese, bensì un illustre israeliano: Shimon Peres. In un'intervista al quotidiano Yedioth Ahronoth, il ministro degli Esteri confida che il generale Moshe "Bughy" Yaalon, vicecapo di Stato Maggiore, vuole «eliminare fisicamente» il capo dell'Olp. Commenta Peres: «Ammettiamo pure che lo eliminino. Cosa accadrà dopo? Al suo posto andranno al potere Hamas, la Jihad islamica, gli Hezbollah. Arafat accetta l'esistenza dello Stato di Israele, vuole negoziare con noi, vuole essere un interlocutore dell'Occidente. Invece quegli altri vogliono creare un unico Stato dall'Iraq al Mediterraneo».
La clamorosa rivelazione chiama in causa uno dei "falchi" più noti del ministero della Difesa, il generale Yaalon. Ma in realtà Peres mette sotto accusa l'intero Stato maggiore. Da mesi i militari si oppongono a "sdoganare" Arafat, lo bollano come «un terrorista», sostengono che è tempo perso provare a fare la pace con lui. Ora Peres ha deciso di andare al contrattacco, e non solo contro lo Stato maggiore. Negli ultimi tempi il 78enne premio Nobel per la pace è infatti criticato come non succedeva da anni. Un gruppo clandestino ebraico di estrema destra, il movimento Kach, ha addirittura invitato apertamente ad «assassinarlo». I ministri del Likud lo descrivono come un «malato di pacifismo» incapace di difendere la patria. A uno di questi, il ministro degli Interni Uzi Landau, Peres ha così replicato durante l'ultimo consiglio dei ministri: «La stampa straniera scrive che Israele ha una centrale nucleare. Non mi risulta che sia stato il ministro Landau a costruirla», un'allusione al potenziale atomico dello Stato ebraico, un «segreto di Stato» di cui Peres è notoriamente l'architetto.
Per ora non ci sono reazioni da parte dello Stato Maggiore. Ce ne sono da Arafat, che ha detto: «I generali israeliani vogliono assassinarmi? Fosse solo questo, c'è molto di più». Quindi ha accusato Israele di aver provocato deliberatamente l'escalation degli ultimi giorni, per far fallire la tregua. Scontri e sangue non sono mancati neanche ieri. Il bilancio della giornata: tre morti e trenta feriti, tutti palestinesi. Due delle vittime erano operai che andavano al lavoro su un taxi che non si è fermato subito a un posto di blocco: e i soldati hanno aperto il fuoco. Il terzo era un agente dei servizi di sicurezza che vigilava per impedire incidenti. Dal 26 settembre, giorno del vertice PeresArafat, tra i palestinesi ci sono stati venti morti e duecento feriti. «Ciononostante, non mi oppongo a continuare i contatti», afferma Arafat. Ieri due suoi consiglieri, Saeb Erekat e Abu Ala, hanno incontrato Peres. Ma Sharon ha dato un altro ultimatum: se entro «48 ore» Arafat non ferma i disordini e non arresta terroristi, Israele ricomincerà le «operazioni offensive».

 

(1 ottobre 2001, dal sito di repubblica.it)

 

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