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All’indomani dell’attacco Usa in Afghanistan i Paesi musulmani si schierano pro o contro l’azione militare

La guerra divide i figli di Maometto

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I governi compiacenti devono combattere i movimenti d’opposizione interna

ROMA - Il giorno dopo l’attacco Usa in Afghanistan il mondo arabo fa sentire la sua voce. Ecco, paese per paese, le reazioni a caldo e le divergenze di opinione. EGITTO - Più voci si levano per condannare l'attacco contro l'Afghanistan, chiederne la fine immediata e riportare ogni operazione sotto l'ombrello dell'Onu.
La potente confraternita dei Fratelli Musulmani - fuorilegge ma tollerata in Egitto - ha chiesto di «cessare immediatamente questa aggressione e avviare procedimenti giuridici basati sulla Carta dell'Onu», perchè «le aggressioni americane aumentano i rancori e di conseguenza il terrorismo». Alla voce dei «Fratelli» si è unita quella degli avvocati integralisti aderenti all'associazione egiziana della categoria, i quali denunciano la morte di «almeno 25 civili afghani» negli attacchi, «condotti dagli Stati Uniti sulla base di dubbi e sospetti e senza alcuna prova». Il governo de Il Cairo ha espresso comprensione, comunque, per la decisione anglo-americana di attaccare il territorio afghano. Secondo Osama el Bas consigliere di Mubarak «si tratta del diritto degli Usa alla ritorsione militare». Premessa essenziale resta l’esistenza di prove certe contro il leader Osama Bin Laden e la rete terroristica Al Quaeda.
GIORDANIA - Mentre il governo di Amman dichiarava il proprio sostegno all'attacco anglo-americano contro Osama Bin Laden e i Taleban in Afghanistan, l'opposizione islamica del Paese ha condannato le operazioni militari definendole «una sporca guerra di sterminio contro una fragile e primitiva nazione musulmana». «La Giordania appoggia gli sforzi internazionali contro il terrorismo» recitava un comunicato ufficiale diffuso ieri dall'agenzia di stampa governativa. Il Fronte di Azione Islamico (Fai), il più grande partito politico del Paese, denunciva invece «la nuova aggressione contro i musulmani» accusando gli Stati Uniti di voler imporre la loro versione di terrorismo sul resto del mondo.
SIRIA - La Siria ha dichiarato il suo sostegno agli sforzi americani per combattere il terrorismo, ma ha aggiunto che il successo della campagna dipende dal far rispettare la legge internazionale anche a Israele. Come misura precauzionale, gli Stati Uniti hanno intanto deciso di tenere ieri chiusa l'ambasciata a Damasco. Un esponente del Fronte Popolare della Liberazione della Palestina in Siria, Abu Ahmad Fuad, ha denunciato i raid di questa notte contro l'Afghanistan come «un atto criminale».
TURCHIA - I due partiti islamici turchi hanno preso posizioni divergenti sull'attacco angloamericano contro l'Afghanistan. Mentre Recai Kutan, il capo del Partito della Felicità (Rp, radicale) ha messo in dubbio la legittimità dell'intervento militare, il capo del Partito della Giustizia e dello Sviluppo ha, invece affermato di essere favorevole ad una «lotta internazionale contro il terrorismo».
SUDAN - Il Sudan ha condannato gli attacchi americani in Afghanistan contro le postazioni talebane e la rete di terroristi che fa capo a Osama bin Laden. Il governo di Khartum ha affermato che gli Usa devono porre fine «alla guerra contro una popolazione islamica» osservando che le vittime sono «afghani senza colpe».
INDIA - Circa mille simpatizzanti di un gruppo indiano di sinistra ha ieri bruciato a Calcutta un'effigie di George W. Bush per protestare contro l'attacco angloamericano in Afghanistan. A renderlo noto uno dei leader del Centro socialista per l'India (Suci), Prabash Ghosh che ha condannato i raids americani e britannici, dichiarando che «tutto il mondo è contro questa guerra» e che gli Stati Uniti non hanno dato alcuna prova circa la responsabilità di Osama Bin Laden negli attentati a New York e Washington dell'11 settembre.
CECENIA - I ribelli ceceni non sosterranno la resistenza dei taleban contro gli attacchi anglo-americani perchè non vi sono uomini disponibili per partire per l'Afghanistan. Lo ha affermato Mairbek Vashagayev, uno degli uomini più vicini ad Aslan Maskhadov, il Presidente ceceno deposto da Mosca nel settembre del 1998, citato dall'emittente radiofonica russa, Eco Moskvy.
VIETNAM
- Il Vietnam si allinea al «fronte del rifiuto». I media del paese asiatico hanno condannato ieri all'unisono gli attacchi Usa all'Afghanistan. «Non si può combattere il terrorismo attaccando una nazione sovrana ed indipendente», scrive il quotidiano «Quan Doi Nhan Dan», «chiediamo all'America di cessare immediatamente questa guerra».
IRAQ - «L’attacco contro l’Afghanistan è un’aggressione sleale. Ciò che ha fatto l’America è aver messo nel mirino una nazione che è la più povera del mondo» si legge in una nota del governo iraniano. Bagdad condanna l’intervento americano «non perchè viene dall’America ma perchè è al di fuori della cornice del diritto internazionale e perchè l’America non presenta una prova convincente contro coloro che accusa di terrorismo». In questo modo, ritiene il regime di Saddam Hussein, si crea una situazione di illegalità e instabilità nel mondo.
LIBIA - Il leader libico Mohammar Gheddafi si è scoperto pro-intervento addirittura prima che questo cominciasse. In un documento scritto cinque giorni fa Gheddafi ha riconosciuto agli Stati Uniti «il legittimo diritto all’autodifesa in seguito all’orribile attacco dell’11 settembre». Quanto ai taleban non li considera musulmani bensì «un movimento di ipocriti, atei e depravati già apparso da quelle parti ai tempi del Califfato e ora... tornato a seminare morte e distruzione con il folle disegno di distruggere l’Islam».
FILIPPINE - Manila ha appoggiato gli attacchi ma è in allerta per eventuali rappresaglie dei ribelli musulmani. L’esercito filippino combatte da anni contro il gruppo secessionista di Abu Sayyaf, vicino a Bin Laden.
BANGLADESH - Il partito di maggioranza ha condannato l’attacco come «un’aggressione contro il mondo islamico».
BOSNIA - La Bosnia appoggia in pieno gli attacchi «contro obiettivi militari e campi di addestramento in Afghanistan, contro Bin Laden e i suoi terroristi che, esistono chiare prove, hanno organizzato una serie di attentati terroristici negli Usa». È quanto si legge in un comunicato del ministero degli Esteri bosniaco diffuso ieri a Sarajevo. L'esponente musulmano della presidenza collegiale bosniaca, Beriz Belkic, che ha definito gli attacchi «attesi e inevitabili», dal canto suo ha ribadito oggi che la Bosnia resta fermamente decisa a partecipare alla coalizione internazionale antiterrorismo.
ALBANIA - Tre famiglie di cittadini arabi che vivevano e lavoravano in Albania presso organizzazioni islamiche sono state espulse ieri dal paese su decisione delle autorità di polizia. Il provvedimento sembra tuttavia legato alle indagini avviate dalle autorità albanesi in collegamento con quelle americane dopo i tragici attentati dell'11 settembre a New York e Washington.

(Il Tempo, 9 ottobre 2001)

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