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I fronti "caldi" del pianeta: Somalia

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Secondo il Washington Post l'amministrazione Usa considera la Somalia il più probabile rifugio di Osama Bin Laden nel caso che questi fugga dall'Afghanistan.

La Somalia prima dell'11 settembre
La Somalia compare in un rapporto del Centro di ricerche del Congresso degli Stati Uniti su Osama Bin Laden e la sua organizzazione Al Qaeda presentato lunedì 10 settembre, 24 ore prima degli attentati al World Trade Center e al Pentagono. Nel rapporto si sostiene che la Somalia (insieme ad altri 34 Paesi, tra cui anche Usa e Gran Bretagna) ospita cellule di terroristi legati a Bin Laden.

Dopo l'11 settembre
Il governo somalo ha espresso solidarietà al popolo statunitense attraverso una e-mail inviata al vicepresidente Dick Cheney.

Al-Ithaad: longa manus di Bin Laden?
Al Ithaad Al Islamya. Vuol dire "Unità dell'Islam.. E' il gruppo fondamentalista islamico che opera in Somalia. Il Pentagono lo tiene d'occhio. Dal 1995 centinaia di militanti di Al Qaeda si sarebbero addestrati nel Corno d'Africa e sarebbero stati la base logistica per gli attentati dell'estate 1998 alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania. Bin Laden avrebbe utilizzato Al Islamya come testa di ponte per infiltrarsi in Africa. Lo stesso sceicco saudita avrebbe soggiornato alcune settimane in Somalia dopo essere stato costretto a lasciare il Sudan nel 1996. I leader egiziani di Al Qaeda avrebbero poi provveduto a spostare nel Corno d'Africa i militanti fondamentalsiti di stanza nello Yemen. Per due anni una cellula di Al-Ithaad si è nascosta dietro una società di commercio del pesce, utilizzando navi e porti somali. I viaggi dei guerriglieri di Osama sarebbero stati finanziati da Al B., una società saudita con base a Dubai sospettata di sostenere formazioni terroristiche in tutto il Medio Oriente.

Strani movimenti dopo l'11 settembre
Nei giorni successivi agli attentati negli Usa cinque pescherecci con centinaia di guerriglieri a bordo sono partiti dal porto di Bosaso alla volta di Karachi, in Pakistan. Da qui si sarebbero diretti in Afghanistan per unirsi ai battaglioni di Al Qaeda.

Basi somale di Al Qaeda?
Sarebbero nella regione di Ras Komboni, nel Sud, vicino al confine con il Kenya. Al Qaeda sarebbe presente anche nella regione semiautonoma del Puntland. Molti dei guerriglieri partiti per l'Afghanistan dopo l'11 settembre proverrebbero da qui.

Le prove raccolte dall'Etiopia
Nel 1997 il governo di Addis Abeba ha sferrato diversi attacchi a formazioni militari somale che avevano oltrepassato il confine. Tra le vittime e i prigionieri ci sarebbero circa trenta arabi. I soldati etiopi avrebbero inoltre sequestrato documenti che provano i legami tra Al Qaeda e Al Islamya. In caso di un'azione contro le basi somale di Bin Laden, l'esercito etiope potrebbe intervenire al fianco delle alle forze Usa.

Ruolo dell'Italia nell'eventuale rappresaglia
Gli Usa potrebbero chiedere agli alleati di partecipare all'attacco contro le basi somale di Bin Laden. Secondo alcuni osservatori Nato l'Italia potrebbe partecipare attivamente nella sua ex colonia.

Il fallimento di Restore Hope
Nel dicembre 1992 un contingente della forza di pace delle Nazioni Unite (Onusom), guidato dagli Stati Uniti, viene inviato nella Somalia devastata dalla guerra civile per permettere alle organizzazioni internazionali di riprendere la distribuzione di viveri e fornire assistenza umanitaria. L'operazione è chiamata Restore Hope ("riportare la speranza"). Lo scontro principale è tra le fazioni rivali del generale Mohamed Farah Aidid e di Mohamed Ali Mahdi. Il contingente dell'Onu non riesce però a gestire la situazione e si macchia di gravi violenze ai danni della popolazione civile.

Osama contro Restore Hope
Nel 1993 Bin Laden emana una fatwa (editto religioso) in cui esorta i somali a cacciare gli americani dal Paese. Diciotto Rangers vengono uccisi e i loro cadaveri sono trascinati per le strade di Mogadiscio nel tripudio della folla. Nel marzo del 1995 le forze dell'Onusom battono in ritirata. Osama ha ricordato con orgoglio quell'episodio nel discorso televisivo del 7 ottobre .

Paese senza governo
Il Paese è in una situazione di anarchia. Dal 1991 non ha più un governo. Clan diversi si contendono il controllo del territorio. Dodici conferenze di pace non sono riuscite a restituire un assetto stabile alla Somalia.

Un Paese, tre governi, centinaia di clan
Nel luglio 2000 a Gibuti l'Onu ha organizzato una conferenza insieme alla Lega Araba e all'Unione Europea sul futuro della Somalia. Erano presenti duemila delegati somali, tra cui alcuni "signori della guerra", cioè i capi dei clan che attualmente controllano la Somalia. E' stato istituito un governo transitorio, affidato per tre anni ad Abdiqasim Salad hassan, esiliato ex ministro dell'Interno. Mancavano però i rappresentanti dei governi autoproclamati del Somaliland (Nord Ovest) e del Puntland (Centro). Il nuovo governo di transizione è osteggiato da vari gruppi armati, soprattutto dell'Esercito di Resistenza degli Rahanwein (Rra) guidato da Hassan Mohamed Nur, appoggiato dalla vicina Etiopia. Il Somaliland guidato da Mohamed Ibrahim Egal cerca senza successo il riconoscimento a livello internazionale. Nel Sud comanda ancora l'alleanza nazionale somala guidata da Hussein Mahamed Aidid, figlio di Aidid, morto in combattimento nell'estate del 1996. La guerra continua. Impossibile prevedere una soluzione in tempi rapidi.

Quando comincia il caos
Nel 1991 viene destituito il presidente dittatore Siad Barre. Inizia una violentissima guerra di potere tra i vari clan del Paese, guidati dai cosiddetti "signori della guerra". In tre anni di Restore Hope (1992-95) l'Onu non riesce a risolvere la crisi e abbandona la Somalia in una spirale di violenze che, fino ad oggi, ha provocato quasi mezzo milione di morti (contando anche quelli dovuti alla carestia generata dalla guerra).

Ordinamento dello Stato
La destituzione del presidente Muhammad Siad Barre nel gennaio 1991 ha causato in Somalia lo scoppio della guerra civile e la scomparsa di un'autorità centrale di governo. Precedentemente, in base alla Costituzione del 1979 e ai successivi emendamenti, il potere esecutivo veniva esercitato dal presidente, che era capo di stato e uomo-guida dell'unico partito legale del paese, il Partito socialista rivoluzionario somalo. Candidato dalla Commissione centrale del partito, il presidente veniva eletto a suffragio universale diretto con un mandato di sette anni; contemporaneamente ricopriva anche la carica di comandante in capo delle forze armate. Il potere legislativo veniva conferito ai 177 membri dell'Assemblea del popolo, di cui 6 venivano nominati dal presidente e gli altri 171 venivano eletti con voto popolare per durare in carica cinque anni. Il sistema giudiziario somalo era formato dalla Corte suprema, massima autorità civile giudiziaria, da due corti d'appello, da otto corti regionali e da 84 corti distrettuali con sezioni civili e penali. Amministrativamente la Somalia era divisa in 18 regioni e 84 distretti.

Un Paese musulmano
Nell'antichità la regione era conosciuta dagli egizi con il nome di "terra di Punt"; a partire dal II e fino al VII secolo d.C. parte del territorio fu incluso nel regno etiope di Axum. Nel VII secolo alcune tribù arabe si stanziarono lungo le coste del golfo di Aden e diedero vita a un sultanato che aveva il suo centro nel porto di Zeila. Nel XIII secolo, alcune tribù provenienti dallo Yemen si insediano nella regione e nel corso del XVI secolo il sultanato viene smembrato in piccoli stati indipendenti, alcuni dei quali furono retti da capi somali. Zeila divenne una dipendenza dello Yemen e in seguito venne conquistata dagli ottomani. In Somalia manca un'identità nazionale vera e propria. L'elemento di unità è la religione: sono musulmani sunniti il 99 per cento dei somali.

La colonizzazione europea
Nel 1839 la Gran Bretagna stabilsce il controllo del golfo di Aden, allo scopo di proteggere le vie di commercio e di offrire alle sue navi un ancoraggio sicuro. Alla metà degli anni Settanta l'Egitto, ignorando le proteste dei turchi, occupò alcune città costiere somale e parte delle zone interne a esse adiacenti. Quando nel 1882 le truppe egiziane si ritirarono nel tentativo di placare la ribellione del Mahdi nel Sudan, la Gran Bretagna - che mirava al controllo della rotta per l'India attraverso il canale di Suez, inaugurato nel 1869 - occupò il territorio e nel 1887 ne fece un protettorato, conosciuto con il nome di Somaliland britannico. Gli interessi italiani nei confronti della costa somala crescono verso la fine del XIX secolo. Attraverso trattati con sultanati locali e accordi con Gran Bretagna, Etiopia e Zanzibar, l'Italia riesce a ottenere un punto d'appoggio lungo le coste dell'oceano Indiano. Tra il 1899 e il 1910 il controllo britannico delle zone interne del protettorato è contrastato dalle rivolte dei dervisci guidati da Muhammad Abdullah Hasan (ribattezzato dagli inglesi Mad Mullah, "mullah pazzo").

La colonizzazione italiana
Nel corso di questo periodo l'Italia estende il proprio controllo verso l'interno, nel quadro del trattato di Londra del 1915 e di altri accordi seguiti alla Prima Guerra Mondiale. Nel 1936 riunisce i territori in suo possesso con quelli dell'Eritrea e dell'Etiopia, appena conquistata, per formare lo stato coloniale dell'Africa orientale italiana. In seguito all'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale a fianco della Germania, nel 1940 le truppe italiane invadono il Somaliland britannico, che gli inglesi riconquistano l'anno seguente. Con il trattato di pace di Parigi del 1947, l'Italia è costretta a rinunciare ai possedimenti in Africa e la responsabilità per l'assetto delle ex colonie è assegnata ai cosiddetti "quattro grandi" (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica). Nel 1948, non avendo raggiunto un accordo soddisfacente, i "quattro grandi" riportano la questione al vaglio dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che nel novembre 1949 approva un piano che assegnava all'Italia la sua ex colonia in amministrazione fiduciaria per un periodo di dieci anni (1950-1960), finito il quale la Somalia diventa indipendente.

L'indipendenza
Il 1° luglio 1960 la Somalia diventa indipendente e si unisce all'ex protettorato britannico del Somaliland, divenuto indipendente il 26 giugno. Il primo presidente della nuova nazione, Aden Abdullah Osman Daar, eletto nel 1960, è spodestato nel 1967 da Abdi Rashid Ali Shirmarke.

Siad Barre al potere: Somalia è socialista
Il 15 ottobre 1969 Shirmarke è assassinato e, alcuni giorni dopo, un colpo di stato militare portò al potere Muhammad Siad Barre. Nel 1970 Barre dichiara la Somalia stato socialista e negli anni successivi nazionalizza la maggior parte delle attività economiche del Paese.

Siccità e guerre
Nel 1974 e nel 1975, la siccità causa il diffondersi della carestia in tutto il territorio somalo. A metà del 1977 il gruppo etnico somalo della regione etiope dell'Ogaden inizia a combattere per la propria autodeterminazione, sostenuto dalla Somalia, che invia in rinforzo anche le proprie truppe. Alla fine del 1977 la Somalia controlla gran parte del territorio dell'Ogaden. L'Etiopia, sostenuta da Cuba e Urss, riesce a ripristinare il controllo sulla regione all'inizio del 1978, infliggendo gravi perdite all'esercito somalo. Comincia a sostenere inoltre i movimenti dissidenti della Somalia, stanziati soprattutto nel Nord del Paese. In seguito agli scontri nell'Ogaden circa due milioni di profughi cercano rifugio in Somalia. Gli Stati Uniti forniscono aiuti umanitari e militari a entrambi i contendenti in cambio dell'utilizzo della base navale di Berbera, utilizzata in precedenza dai sovietici. Le ostilità con l'Etiopia continuano fino al trattato di pace del 1988.

Il conflitto etnico e la fine di Barre
Nel corso degli anni Ottanta il Movimento nazionalista somalo prosegue la campagna militare contro il governo di Barre, conquistando parte del Nord. Alla fine degli anni Ottanta emergono altri movimenti di opposizione, sostenuti dai diversi gruppi etnici. La guerra civile riprende vigore e Barre è costretto ad abbandonare la capitale nel gennaio 1991. Nel corso dello stesso anno l'ex Somaliland britannico proclama l'indipendenza ed elegge presidente Mohamed Ibrahim Egal. Nei due anni successivi circa 50.000 persone sono uccise in scontri armati tra opposte fazioni e quasi 300.000 persone muoiono di fame.

Antonello Sacchetti (grandi notizie.it)

 

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