home |
|
Biografie
Pertini antifascista. Una cravatta rossa fra le camicie nere
a cura di Katia Romagnoli
"Io lasciai lItalia nel 1926. La mia vita si è svolta prima
allUniversità di Genova, poi a quella di Firenze, quindi come professionista a
Savona. Il mio studio fu devastato due o tre volte. Vidi un Paese di violenti, gli anni
Venti furono il periodo della sopraffazione fascista. Molti erano intimiditi da quelle
violenze e sostenevano che non si dovevano provocare i fascisti, per non indurli a
infierire. Questo non è mai stato il mio atteggiamento.
Sono stato bastonato perché il Primo Maggio andavo in giro con una
cravatta rossa. Sono stato mandato allOspedale perché, nella ricorrenza della sua
morte, ho appeso alle mura di Savona una corona di alloro in memoria di Giacomo Matteotti.
Sono stato arrestato per aver diffuso un giornale significativo: "Sotto il barbaro
dominio fascista".
Ho vissuto i miei ventanni così e non me ne pento."
Così si legge fra le testimonianze e gli scritti lasciati dal
Presidente più amato dagli italiani in Sandro Pertini, combattente per la libertà,
a cura di S. Caretti e M. deglInnocenti, Piero Lacaita Editore, 1996, p. 21.
Alessandro Pertini nacque a Stella in provincia di Savona, il 25
settembre 1896.
Di famiglia benestante, frequentò dapprima il Collegio dei salesiani
"Don Bosco" di Varazze, poi il Liceo "Chiabrera" di Savona.
Negli anni delladolescenza si avvicinò agli ideali del
socialismo riformista turatiano, grazie allinflusso politico, che ricevette
dall insegnante di Filosofia, Adelchi Baratono, già collaboratore di Filippo Turati
e della compagna di questi Anna Kuliscioff nella rivista "Critica Sociale".
Il ricordo degli anni del Liceo e delle frequentazioni con gli ambienti
degli operai genovesi sarà di sostegno e di conforto nellanimo indomito del giovane
Pertini, durante gli anni dellesilio e del carcere.
Nel 1924, profondamente turbato per il barbaro assassinio del Deputato
socialista Giacomo Matteotti, il giovane Pertini chiese (ed ottenne) la tessera del
Partito Socialista Unitario, del quale luomo politico era stato Segretario.
Il 23 maggio 1925 venne tratto in arresto, perché sorpreso a
distribuire un foglio di propaganda avversa al regime, dal titolo: Sotto il barbaro
dominio fascista.
Questo episodio gli procurò lostilità, le perquisizioni e una
condanna a otto mesi di carcere, provvedimenti, attraverso i quali dittatura fascista
iniziava a condurre inesorabilmente al "silenzio" tutte le voci del dissenso.
[
]Torniamo alle spedizioni fasciste. Qualcuno di voi ne ha
personalmente conosciuto il danno. Voglio ricordare ciascuno reca la propria
esperienza personale- la distruzione del mio studio a Savona. La distruzione venne fatta
in questo modo: un avvocato di Savona [
] alla testa di altri manigoldi, tutti avanzi
di galera, penetrò nel nostro studio; costoro, col pugnale alla mano, cominciarono a
tagliare le poltrone di cuoio. Questo egregio Avvocato li redarguì: <<Non siate
scemi, non è così che potete gettare a terra uno studio: bisogna distruggere le
pratiche>>. E così tutte le pratiche vennero strappate ad una ad una."
Con queste parole Pertini rievoca, durante una seduta alla Camera dei
Deputati (23/02/1955) i soprusi subiti per il suo attivismo politico, ostile al regime.
Nel 1926 la dittatura fascista sopprime lultimo baluardo delle
istituzioni democratiche parlamentari, sciogliendo tutti i partiti politici e decretando
la decadenza dal mandato dei 120 deputati antifascisti. Giornali, periodici e
pubblicazioni avverse al regime vengono soppressi. In concomitanza, viene istituito il
Tribunale Speciale per la difesa dello Stato (organo competente per i crimini politici,
contro le cui sentenze non era consentito il ricorso in appello) e viene introdotto un
nuovo provvedimento di pubblica sicurezza, il cosiddetto "confino di polizia";
trattasi di domicilio coatto in piccole isole.
In quello stesso anno il giovane Avvocato Pertini fu condannato dal
Tribunale Speciale a 5 anni di confino. Insieme ad altri illustri latitanti organizzò,
nella notte del 12/12/1926 una rocambolesca fuga in motoscafo dal porto di Savona, per
trovare riparo in Corsica.
"Sono le 10 di sera. Si sale sul motoscafo. Si parte. Il cielo è
tutto stellato. Io guardo la mia città, ove sono cresciuto ed ove ho iniziato la mia
lotta da uomo libero. Penso a mia madre. Carlo Rosselli si china su Turati e lo bacia. A
bordo abbiamo per fortuna due bravi uomini di mare, Dabove e Oxilia. [
] Al largo
veniamo investiti da un furioso vento di libeccio. Ondate su ondate si rovesciano sul
motoscafo. [
] Al mattino del 13 dicembre ci apparve la Corsica. [
]Alle 10
entriamo nel porto di Calvi.[
] I corsi pensavano si trattasse di una spedizione
fascista. Già allora il fascismo, nella sua follia, andava rivendicando Nizza, Savoia e
la Corsica. Scendemmo a terra inzuppati dacqua. Fummo dai gendarmi condotti alla
Capitaneria. Ci fanno sedere come tanti imputati, dinanzi al Comandante della Capitaneria,
il quale come prima cosa, ci chiede chi è il capitano del motoscafo. Ci guardammo
lun laltro perplessi, nessuno di noi aveva pensato a questa formalità. Ma
Turati si alza e dice: <<Moi, Filippo Turati>>. A quel nome i volti dei
gendarmi francesi, come per incanto, si rasserenano.[
] Turati chiedeva al governo di
Francia asilo politico per sé e per me[
] Le autorità di Calvi furono invitate a
darci tutta lassistenza di cui avevamo bisogno[
] Turati, ricordo, voleva
indurre Rosselli a sostare con noi, a non far ritorno in Italia. Ma vane furono le nostre
insistenze. Così giunse lora del distacco. Carlo Rosselli, Parri, Oxilia, Dabove,
Bojancè, Ameglio, il giovane meccanico del motoscafo, decisero di ripartire. Ricordo
questa partenza come fosse avvenuta ieri. Ci abbracciammo senza pronunciare parola e
cercando di trattenere la commozione, che saliva dai nostri animi. Ed io mi rivedo a
fianco del Maestro, sul molo e attorno a noi muta sta la gente di Calvi. Il motoscafo si
stacca. Rosselli toglie il tricolore che avevamo issato a bordo e lo agita. E
lestremo saluto della Patria per Turati e anche per me. Rimanemmo sul molo, finché
potemmo vedere i nostri compagni. Turati aveva gli occhi velati dalle lacrime. [
[
E difficile dire oggi, senza sciupare tutto con parole povere, quello che accadeva
in noi in quel momento. [
] Ci sedemmo su una panchina. Che silenzio intorno a noi.
Io ascoltavo il mio dolore e quello del Maestro. Ad un tratto egli si mise a dire
sottovoce versi da lui fatti nella sua giovinezza. Erano commosse parole di poesia, che lo
riportavano indietro, negli anni alle sue prime lotte per il socialismo, insieme alla
compagna della sua vita: Anna Kuliscioff. [
]<< Questa partenza, -mi disse-, è
necessaria non vè dubbio. [
]Tu sei giovane e tornerai in Italia, fatta
finalmente libera. Io sono vecchio, ritornerò, ma su un vagone funebre".
Questa la toccante testimonianza dellespatrio in Corsica, narrata
dallo stesso Pertini.
Mentre Parri e C. Rosselli vengono arrestati al loro rientro in Italia,
Turati e Pertini si trasferiscono in Francia. A Parigi, poi a Nizza, il giovane esule si
guadagna di che vivere, accettando lavori umili, quali il "laveur de taxis"
(lavatore di taxi), l"ouvrier maçon" (manovale muratore) e il
"peintre en batiment" (verniciatore di porte e persiane). Da Nizza Pertini viene
espulso nel 1929, perché la gendarmeria locale scopre la sua stazione radio clandestina,
dalla quale mandava messaggi in Italia.
Con Turati, Treves e Buozzi si stabilisce in Svizzera, dove si procura
il passaporto falso per rientrare in Italia, "per dare una ragione alla nostra
vita", come lo stesso Pertini dichiara nel fitto carteggio epistolare, che tiene con
Turati. "Da un anno Maestro- siamo in esilio e ogni buona ed alta speranza che
qui con me avevo portata, va oggi morendo nel mio cuore. Mi guardo attorno e non vedo che
dei poveri naufraghi. [
] E di là vengono voci, che sembrano chiamare noi [
]
Ed io ho paura di non sapere resistere a questo richiamo Maestro-, sento la
nostalgia della mia terra, della lotta, che conducevo nellombra, nella piccola
Savona, sotto un continuo pericolo
"
Funzionari antifascisti del Ministero degli Esteri, dunque, procurano
passaporti falsi per il rientro in Italia di Pertini, Turati e Treves.
Il 16 aprile del 1929 il giovane socialista viene riconosciuto da un
avvocato savonese, mentre stava attendendo un amico antifascista, nei pressi della Torre
di Pisa. Segnalato, poi inseguito da un gruppo di militi, viene arrestato e condannato ad
11 anni di reclusione dal Tribunale Speciale di Difesa dello Stato. Pertini accoglie la
sentenza al grido: "Viva il socialismo, abbasso il fascismo".
Dal Regina Coeli di Roma lirriducibile antifascista scrive alla
madre (23/12/1929): "Mia buona mamma, sono riuscito a procurarmi un pezzo di lapis e
un po di carta e tento di scriverti, nonostante questi maledetti ferri, che mi
stringono i polsi. Voglio che ti giungano i miei auguri per il nuovo anno
"
Da Roma viene trasferito dapprima a Napoli, poi nel carcere di Turi, in
provincia di Bari, dove stringe una fraterna amicizia con un altro insigne antifascista,
Antonio Gramsci.
"Un giorno mi trasferiscono, perché ho preso le difese di Gramsci
(gravemente debilitato dal carcere duro)
e glielo dico: <<Gramsci, mi
rincresce, devo andare
mi rincresce lasciare Turi
perché lascio te e la tua
compagnia
con te io avevo sempre da imparare qualcosa, Gramsci
>>. Così,
nel corso di unintervista del 1982 a Enzo Biagi, Pertini documenta il suo
trasferimento nel carcere di Pianosa. Come si legge nella laconica ricostruzione
biografica, pubblicata sul Sito del Quirinale, Pertini sconta i primi sette anni di
carcere, poi viene assegnato al confino per otto anni. Nonostante laggravarsi delle
condizioni di salute, respinge la richiesta di grazia, presentata dalla madre,
"perché, mamma, nella vita talvolta è necessario saper lottare, non solo senza
paura, ma anche senza speranza. E così oggi lotto io, mamma. Lasciatemi qui in carcere
con la mia fede [
]." Nella piccola isola di Ventotene Pertini sconta gli anni
del confino di polizia, insieme a molti altri compagni socialisti e comunisti, tra i quali
Terracini, Fancello, Scoccimarro, Secchia e Spinelli.
"Noi laggiù vivevamo secondo regole immutate, che dovevano essere
rispettate con rigore: si poteva uscire dagli stanzoni, dove alloggiavamo dalle 3 alle 50
persone, verso le otto del mattino; bisognava rientrare per le otto di sera. Non si doveva
superare un certo limite, appunto il confino." Questa è la descrizione sulla vita
dei confinati politici, che viene resa dallo stesso Pertini in unintervista ad Enzo
Biagi per La Stampa (7/08/1973).
Il 25 luglio 1943 la radio diffonde la notizia delle dimissioni di
Mussolini, il quale in realtà era stato arrestato dai carabinieri e trasportato a bordo
di unautoambulanza. Il governo viene affidato al Maresciallo Badoglio. Pertini e i
compagni al confino, vengono liberati nellagosto dello stesso anno. Tuttavia, per un
tentativo di evasione, quando ancora era in carcere al Regina Coeli, viene nuovamente
arrestato dalle SS. Benché gli fosse stata inflitta la condanna capitale, la sentenza non
verrà mai eseguita. Nel 1944 Pertini riesce ad evadere dal carcere con Saragat e riprende
"lopera di combattente audacissimo della Resistenza", in qualità di
responsabile del Comitato di Liberazione Nazionale per lAlta Italia (C.L.N.A.I.),
grazie alla quale viene insignito della medaglia doro al valore militare.
Lattività giornalistica e quella parlamentare caratterizzeranno
limpegno, negli anni del dopo-guerra, del "Presidente dei viventi e non dei
burocrati"; così Prezzolini definì Pertini .
Per tre volte ha assunto la direzione dellAvanti. E
stato eletto Deputato per sei legislature consecutive. Lelezione a Presidente della
Repubblica è giunta il 08/07/1978.
Marzio Breda sul Corriere della Sera del 20/02/2000 sostiene che
la gente lo adorava, mentre la politica lo criticava, "anche perché si pagava il
biglietto daereo, andava a sciare con il Papa, festeggiava come un qualsiasi tifoso
la nazionale di calcio, vegliava lagonia di un bimbo e di Berlinguer".
Peter Nichols del Times definisce il periodo in cui Pertini
ricoprì la massima carica dello Stato, con queste parole: "Per la prima volta in
Italia la gente sente dire da uno che sta molto in alto, quello che dicono i vicini di
casa".
Sandro Pertini, "il combattente per la libertà" è deceduto
a Roma il 24 febbraio 1990.
torna a biografia Pertini
torna alla home
torna a indice biografie |