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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Gianni Corbi

Nato nel 1926 ad Avezzano. Suo padre era un avvocato abruzzese, sua madre veniva da una culturalmente illustre famiglia pugliese, i De Feo. Sandro De Feo e Nicola De Feo (che firmava con lo pseudonimo di Nicola Adelfi) erano suoi zii materni. Suo zio paterno era Bruno Corbi, partigiano, deputato «ribelle» del Pci (ne uscì dopo l'Ungheria) e poi giornalista della Repubblica. Trasferitosi con la famiglia a Roma, frequentò il liceo Orazio. Qui maturò il suo antifascismo, insieme ai compagni di scuola o di istituto Ferdinando Agnini, Nicola Rainelli, Lallo Orlandi. Nell'ottobre del '43, insieme ad Agnini e Rainelli, fu uno dei principali fondatori dell'Arsi, l'associazione degli studenti universitari, di carattere repubblicano e progressista, di cui facevano parte giovani di differenti opinioni politiche, collegati con alcuni gruppi clandestini, specie di operai. All'inizio gli scopi fondamentali dell'Arsi consistevano nella raccolta di armi e nella diffusione del giornale "La nostra lotta". Poi, insieme a numerosi antifascisti di Monte Sacro, i giovani dell'Arsi portarono a termine numerose azioni di sabotaggio contro i tedeschi sulla via Nomentana, sulla via Salaria, nei quartieri dei Prati Fiscali e di Pietralata. A fine novembre il rettore emise una circolare in cui si ammettevano agli esami i soli studenti che rispondevano ai bandi della Repubblica di Salò. Per reagire al sopruso, il 3 gennaio del '44 Agnini e Gianni Corbi dell'Arsi e i rappresentanti dei giovani del Pci, del Movimento dei cattolici comunisti, del Psiup e del Partito d'Azione, diedero vita al Csa, il comitato studentesco di agitazione, diretto dal giovane comunista Maurizio Ferrara. Con irruzioni improvvise, distribuzione di volantini e azioni di forza, il Csa riuscì a far sospendere i corsi e gli esami di scienze, di medicina, di lettere, di legge, di architettura e di ingegneria.
Nel dopoguerra, Corbi cominciò a scrivere sul Messaggero, e poi sull'Espresso, poco dopo la nascita del settimanale. Con Arrigo Benedetti nume collerico e primo direttore, e poi con Eugenio Scalfari, protagonista a tutto campo del giornalismo e della politica. Già con Benedetti era infatti diventato redattore capo, ruolo ingratissimo con quel direttore. Diventò vicedirettore con la direzione di Scalfari. E quando, nel vortice dello scandalo Sifar, l'inchiesta dell'Espresso e il partito socialista portarono Scalfari e Lino Jannuzzi in Parlamento, l'editore chiese al molto titubante Corbi di prendere la direzione del settimanale. Fu direttore dal marzo 1968 all'aprile 1970, la stagione dell'insurrezione giovanile per le strade, di piazza Fontana.
Corbi non era affatto agnostico. In una sua intervista a Giorgio Amendola che fece allora colpo, riecheggiò l'accusa di «nicodemismo» che il dirigente del Pci rivolgeva allora agli intellettuali che, come Sciascia, sostenevano «né con lo Stato, né con le Br». Ma le sue convinzioni politiche le trasfondeva, sul giornale, in articoli documentati, in inchieste frutto di lavoro certosino sui dati, sulle leggi, sui controlli.
Quando andò in pensione, si lasciò alle spalle inchieste che a suo tempo avevano fatto epoca (L'asino nella bottiglia, in collaborazione con Livio Zanetti, sulle sofisticazioni alimentari, con un brillante incipit: «Avete mai bevuto un asino?») e veri scoop: un'intervista a Juan Peron sull'aereo che lo riportava trionfalmente in Argentina, «Muchacho peronista», titolo «cantante» in senso stretto, visto che veniva dalla canzonetta sull'epopea dei «trabajadores». Memorabili furono le sue numerose inchieste sul potere in Urss, fra economia e politica. Era diventato un esperto del mondo comunista, oltre che dell'Italia del dopoguerra. Questi suoi talenti si sono versati in una serie di volumi a sua firma: "L'avventurosa storia della Repubblica", "Togliatti a Mosca", "Nilde" (una biografia di Leonilde Jotti).
A nessuno, all'Espresso e alla Repubblica, i due giornali della sua vita, faceva piacere pensare che Corbi si sarebbe allontanato sul serio. Fu subito «riassunto» come collaboratore di politica interna ed estera, come recensore di libri di storia e soprattutto come «garante dei lettori». E' morto a Roma il 31 luglio 2001.

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