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Biografia
CALOGERO il più giovane dei miei
maestri
di Norberto Bobbio
Il ricordo che ho di Calogero è quello di una bella amicizia,
ma prima di tutto di una profonda, straordinaria, ammirazione: di quellammirazione
che si prova di fronte ad un maestro. Mi viene subito alla mente quel disegno di Renato
Guttuso che documenta anche il mio ingresso nellantifascismo attivo, era il 1939.
Prima a Camerino, dove dal 1935 ero docente di filosofia del diritto, poi a Siena, dove
insegnavo, dopo aver vinto il concorso, dalla fine del 1938, avevo iniziato a frequentare
le riunioni del movimento liberalsocialista, animato da Calogero e da Aldo Capitini. Il
disegno di Guttuso, allora giovane e promettente pittore, rappresenta la testimonianza di
una di queste riunioni: siamo raffigurati io, Umberto Morra (proprietario della villa
presso Cortona dove spesso si tenevano le nostre riunioni e che ci presentò lo stesso
Guttuso), Cesare Luporini (che poi divenne comunista), Capitini e, appunto, Calogero con
il dito alzato. Entrambi tengono un libro in mano: su quello di Calogero si legge Liberalismo sociale, su quello di
Capitini Non violenza.
Dellartefice del disegno si vede la nuca.
La prima volta che vidi Calogero fu nel 1933, a Roma, ad un Congresso hegeliano.
Presiedeva Giovanni Gentile, che tenne il discorso dapertura, Calogero era fra i
relatori ed io ero fra il pubblico. Mi impressionarono la sua bravura, la sua
intelligenza, il suo sguardo. Eravamo entrambi molto giovani (io avevo ventiquattro anni,
lui era di soli cinque anni più grande di me), ma rimasi stupito dalla sua maturità: era
giovane detà, ma sembrava un uomo «già arrivato». Questo aspetto destava grande
e profonda ammirazione in noi aspiranti studiosi. Calogero aveva un viso «aperto» e i
suoi occhi esprimevano, per così dire, quella volontà di discussione che ne faceva un
«maestro del dialogo».
Non è un caso che i ragazzi della Federazione giovanile del Partito dAzione si
rivolgessero a lui per farsi chiarire la struttura e il senso delle principali regole
della discussione democratica, per essere educati alla procedura, nella fase in cui la
dittatura fascista sembrava realmente potersi sostituire con un nuovo ordine. I diversi
interventi apparvero, in un primo momento, su quello che era il giornale del Partito dAzione,
lItalia libera.
Calogero era dunque per noi più giovani un simbolo, un esempio da ammirare e
possibilmente da seguire. Era diventato professore universitario molto presto. Oltre che
essere di una intelligenza precoce aveva una grande capacità di apprendere: si era
dedicato alla filosofia, ma avrebbe potuto insegnare lettere classiche; oltre al latino,
sapeva benissimo il greco, lo leggeva perfettamente: del resto fu traduttore di opere come
il Simposio e il Critone. Dimostrava una straordinaria
facilità di apprendimento: oltre al greco, conosceva in modo approfondito il tedesco e
sapeva anche linglese. Non so quando lavesse studiato, ma lo parlava
correntemente, tanto che nel 1950 fu chiamato a dirigere lIstituto italiano di
Cultura a Londra.
Era un uomo di unintelligenza estremamente rapida. Cominciò prestissimo a scrivere:
poesie, recensioni, apparse queste ultime sul Giornale
critico della filosofia italiana diretto da Gentile. Compose
la sua prima opera molto giovane, nel 1927, a ventitré anni: i Fondamenti della logica aristotelica,
che ampliava e rielaborava la sua tesi di laurea (discussa nel 1925); ma il suo primo
scritto risale a qualche anno prima, al 1923, ed era dedicato a Pindaro, lautore al
quale Calogero, giovane studente di filologia classica presso lUniversità di Roma,
pensava di dedicare la tesi; questo prima di conoscere Gentile e dedicarsi agli studi
filosofici.
Dimostrava una precocità fuori dal comune nellimparare le cose difficili, la
logica, le lingue straniere, antiche e moderne. Tutto questo ci affascinava e ce lo faceva
vedere, appunto, come un maestro. La sua sfortuna fu che così come aveva iniziato molto
giovane finì il suo cammino di studioso non vecchio: ricordo benissimo quando la sua
intelligenza cominciò a deperire, a degenerare. Mi vengono alla mente i colloqui che ebbi
con sua moglie, Maria Comandini, e il racconto delle sue difficoltà. I suoi ultimi libri
risalgono alla fine degli Anni Sessanta, per quanto poi continuasse a scrivere su
periodici, riviste e quotidiani. Gli anni precedenti alla sua scomparsa furono terribili,
si era appannata la sua intelligenza [...].
Lincontro con Capitini
A quel periodo risale anche la mia conoscenza dellaltro ispiratore del
liberalsocialismo: Aldo Capitini. Prima di insegnare a Siena, come accennato, ero
professore a Camerino. E ricordo di esserlo andato a trovare a Perugia, nel momento in cui
stava per pubblicare il libro che lo rese noto, Elementi
di unesperienza religiosa, che è del 1937, mentre il
libro di Calogero, altrettanto fondamentale per la mia generazione, La scuola delluomo, è del
1939. Questi sono i due libri che rappresentano come dire un precorrimento, una specie di
anticipazione, di quella che era la lotta politica antifascista clandestina, che però si
manifestava nelle opere scritte, con molta cautela come dimostra il titolo del libro di
Capitini, che in realtà celava una trattazione strettamente politica.
Capitini e Calogero furono due figure assolutamente centrali per la mia formazione e per
il mio ingresso nellantifascismo attivo. E tuttavia erano personaggi molto diversi
fra loro.
Si possono individuare due fasi del loro rapporto. Dapprima cè un dialogo legato al
liberalsocialismo, che sta a cavallo fra la fine degli Anni Trenta e linizio degli
Anni Quaranta. In estrema sintesi, mentre il liberalsocialismo di Capitini era di evidente
orientamento social-religioso e non soltanto politico, quello di Calogero si
caratterizzava per lapproccio giuridico. Cè poi una seconda fase di scambio
fra i due, a metà degli Anni Sessanta, poco prima della morte di Capitini (che avviene
nel 1964), che riguarda la filosofia del dialogo. Sulle riviste Azione non violenta
(diretta da Capitini) e La Cultura (diretta da Calogero) uscirono articoli delluno e
dellaltro sulla nonviolenza, il dialogo e l«apertura» in cui i due
affrontavano queste tematiche: luno, Capitini, partendo da un profondo senso
religioso, laltro, Calogero, da un forte afflato morale di matrice laica, che già
in La scuola delluomo trova una testimonianza esemplare.
Il problema centrale, comunque, nel quadro dei rapporti fra i due, è quello della
nonviolenza. Calogero aveva una mentalità giuridica che Capitini certamente non aveva e
questo portava il primo a sostenere (cosa che anchio ho sempre pensato) che la
nonviolenza finirebbe per essere una teoria disarmata, inefficace, senza il diritto. Come
ho sottolineato in molti scritti, il diritto senza forza non si dà, come sanno tutti
quelli che hanno studiato giurisprudenza, il diritto senza possibilità della sanzione,
che operi qualora si verifichi la violazione delle norme, non esiste.
Calogero e Capitini avevano senzaltro qualcosa in comune sul piano intellettuale,
legato alla formazione idealistica, allinsegnamento di Croce e Gentile, da cui poi
entrambi si distaccarono.
Il modello Inghilterra
Calogero era un idealista immanentista, la sua filosofia derivava da quella che era allora
la filosofia dominante in Italia. Ma sulla questione del diritto e della nonviolenza le
loro posizioni erano senzaltro diverse, e alcuni passaggi del saggio I diritti delluomo e la natura della politica, contenuto in questa raccolta, ne sono una chiara dimostrazione.
Un altro punto su cui mi preme soffermarmi è il suo modo di intendere il socialismo. La
sua simpatia per questa prospettiva culturale e politica va senzaltro attribuita
alla sua ammirazione per lInghilterra e per il laburismo. Naturalmente bisognerebbe
anche rivedere il suo libro sul marxismo, Il metodo
delleconomia e il marxismo, che a suo tempo ebbe una
certa fortuna tra coloro che si stavano avviando sulla strada dellantifascismo.
Sarebbe una buona occasione, fra laltro, per richiamare lattenzione su un
testo ormai dimenticato e che pure presenta, ancora oggi, qualche interesse rispetto al
dibattito continuato e sempre attuale sulla storia del marxismo.
Le istanze socialiste di Calogero si raccolgono attorno allidea di una società
giusta fondata sul dialogo e la reciprocità, su unidea di democrazia come colloquio integrale perché tutti
devono avere il diritto-dovere di prendervi parte. Scrive per esempio Calogero in Labbiccì della democrazia: «Lunità
della democrazia è lunità degli uomini che, per qualunque motivo, sentono questo
dovere di capirsi a vicenda e di tenere reciprocamente conto delle proprie opinioni e
delle proprie preferenze». E un modo singolare e originale di definire la
democrazia. Quando si parla di democrazia sintende, primariamente, la partecipazione
al potere, richiamando una nozione di potere dal basso.
Luguaglianza è libertà
Calogero fa riferimento al rapporto fra gli individui, alla relazione dialogica, alla
democrazia come ciò che rende possibile il dialogo, che non è la definizione più comune
di democrazia, per cui usualmente si intende, appunto, il rapporto fra linsieme dei
singoli e il potere. Questo in Calogero è implicito. Egli si richiama costantemente al
rapporto fra gli individui, al dialogo inteso come reciprocità, ad un continuo domandare
e rispondere: la democrazia è vista attraverso il dialogo, che è regola fondamentale ma
anche valore.
Lideale della democrazia come colloquio spiega in qualche modo anche la sua visione
sociale degli assetti democratici: tutti devono avere la possibilità di prendere parte
allo scambio dialogico, devono avere leffettiva capacità e leffettivo potere
di discutere con gli altri. E forse qui che si può rinvenire unistanza
propriamente socialista, in quanto leffettività presuppone forme di eguaglianza fra
gli individui: lidea di eguaglianza - principio guida dellazione del movimento
operaio fin dai suoi esordi - arricchisce il liberalismo, come ho sostenuto in più
occasioni. Ma per Calogero eguaglianza e libertà sono intimamente unite, inseparabili e,
attraverso la loro unità, definiscono i cardini di una società giusta. Qui può situarsi
un fecondo spazio di congiunzione fra il liberalsocialismo e le odierne forme di
contrattualismo rilanciate da John Rawls e ispirate al principio dellequità.
La ricerca di Calogero di coniugare le due universali aspirazioni di libertà ed
eguaglianza fu continua e sostanziata da uno spirito che, in fondo in fondo, sembra
richiamare - anche se in un contesto laico - la lezione evangelica. Una tendenza questa
che si può rinvenire del resto anche in alcuni autori del laburismo inglese, esperienza
politica alla quale, come accennato, Calogero guardava come fondamentale riferimento per
le sorti della nostra democrazia e, in particolare, della sinistra.
Il tentativo di enucleare alcuni caratteri irrinunciabili del sistema democratico, alla
ricerca delle modalità e delle ragioni di una convivenza sostanziata di valori autentici,
e la possibilità di sviluppare lidea liberalsocialista al fine di realizzare una
società giusta attestano, a tuttoggi, la vitalità della riflessione politica di
Calogero.
(La Stampa, 21 dicembre 2001) |