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Biografia
Enrico Cuccia
Nato a Roma il 24 novembre 1907 da famiglia di origine siciliana.
Dopo la laurea in legge entra all'Iri, distaccato presso la sede di Londra. Il primo
incarico di rilievo è in Banca d'Italia (assunzione il 12 ottobre del '32) con la
qualifica di «impiegato del servizio operazioni finanziarie e cambi con l'estero». Ha
l'appoggio di Guido Jung, amico di famiglia e ministro tecnico delle finanze che lo
inserisce nella delegazione italiana alla conferenza economica di Londra. Lo stesso Jung
lo presenterà al futuro suocero Alberto Beneduce, creatore dell'Iri. Dal matrimonio con
Idea Socialista nascono tre figli (Beniamino, Auretta Noemi e Silvia Lucia) tutti
impegnati in campi diversi dalla finanza. Nel '37 viene inviato in Abissinia con la delega
al «rilascio delle autorizzazioni per il trasferimento all'estero di divise e lire».
Dietro tanta formalità c'è la necessità per il regime fascista di stroncare un traffico
clandestino di valute gestito da funzionari corrotti e da un'amica del generale Rodolfo
Graziani. Cuccia resiste alle minacce e viene ricevuto e personalmente ringraziato dal
Duce. Gli anni successivi sono quelli della Comit, che non è solo la banca più
conosciuta all'estero, ma anche punto di riferimento per l'opposizione. Lavora all'Ufficio
studi della Comit, diretto da Ugo La Malfa. Antifascista, diventa pupillo del presidente
della Comit Raffaele Mattioli. I rapporti tra il gruppo antifacsista milanese di Mattioli
e gli antifascisti italiani che si erano rifugiati all'estero vengono affidati a lui, che
utilizza nei suoi viaggi la copertura delle missioni di affari. Nel '42, con un regime
ancora forte, Cuccia cura anche i contatti di La Malfa e Tino e del Partito d'Azione con
l'ambasciatore americano a Lisbona e conosce nel lavoro clandestino Andrè Meyer banchiere
della Lazard attivo nelle grandi piazze di Parigi e New York ed emissario della Resistenza
francese. Contatti e credibilità importantissimi per l'immediato dopoguerra quando Cuccia
assume un ruolo di crescente centralità.
Cuccia segue poi tutta la storia dell'istituto Mediobanca di via Filodrammatici, fin dal
settembre del '44 quando l'amministratore delegato della Comit Mattioli, propone «un ente
specializzato per i cosiddetti finanziamenti a medio termine» e a cui avrebbero dovuto
partecipare le banche d'interesse nazionale. E' un modo per superare i vincoli della legge
bancaria del '36 e nello stesso tempo uno strumento per rilanciare le imprese e favorire
la ricostruzione del paese. E' il 10 aprile del '46 quando viene costituita la nuova
società dove Comit e Credit detengono il 35% e il Banco di Roma il 30%. Direttore
generale viene nominato Enrico Cuccia, già molto amico di Mattioli e di tutto l'entourage
del partito d'Azione (Ugo la Malfa e Adolfo Tino).
Molti grandi affari delle imprese italiane, direttamente o indirettamente, sono passate
dal secentesco palazzo dei Visconti-Ajmi da sempre sede di Mediobanca. L'istituto non è
solo stanza di compensazione dei rapporti fra azionisti e imprese. Lo è anche nei
rapporti politici, fra soggetti pubblici e privati, garante dei passaggi delicati nel
capitale delle imprese. Ma nella storia del banchiere riservato e amante dell'arte ci sono
anche scontri violenti: c'è la sua impronta nella scalata dell'Eni di Eugenio Cefis alla
debole Montedison di Giorgio Valerio portata e termine sul mercato in sette mesi
(febbraio-settembre '68). Operazione finanziaria di successo seguita da insuccessi
industriali. Lo scontro, più tardi, è con Michele Sindona che, nei primi anni '70, cerca
di sfondare in Foro Buonaparte via Bastogi, scalata e oggetto di opa. Mediobanca si oppone
e per il finanziare di patti, protetto da una parte del mondo politico, è l'inizio del
tracollo. Salta la banca privata italiana, viene ucciso l'avvocato Giorgio Ambrosoli che
aveva cercato di chiarire le scatole cinesi della galassia Sindoniana, a Cuccia viene
bruciata la porta di casa. Negli anni '80, quando Cuccia lascia la carica di
amministratore delegato per raggiunti limiti di età, diventa più complesso il rapporto
con il mondo politico e con il governo, con i socialisti ma anche con parte della dc. Non mancano i contrasti anche con Romano Prodi,
presidente dell'Iri, o con l'ex presidente delle Generali, Cesare Merzagora. L'evoluzione
dei mercati finanziari e il sogno di public company spingono Mario Schimberni, voluto in
un primo tempo da Cuccia per risistemare la chimica, in operazioni «forti» per il
capitalismo italiano e nelle scalate Bi-Invest-Fondiaria. A Cuccia tocca sempre più il
ruolo di difesa dell'esistente. I conti con Raul Gardini, altro battitore libero
indebolito dal progressivo indebitamento, verranno regolati più avanti con il deflagrare
di Enimont. Quando per ridurre l'indebitamento il governo metterà sul mercato le quote di
controllo di Comit e Credit a Mediobanca toccherà «giocare in difesa» cercando di
guidare nuovi assetti societari tali da non mettere in discussione i propri assetti di
controllo. Lo sforzo verrà parzialmente ripagato. La dipendenza da Mediobanca si è
affievolita anche in casa Fiat, Pirelli, Marzotto e nell'Olivetti pre-Telecom. Pur
giocando in difesa Cuccia e l'amministratore delegato Vincenzo Maranghi contribuiscono a
mandare in porto l'offerta pubblica su Telecom e l'offerta delle generali sull'Ina. Dopo
aver di fatto investito il presidente della Rcs, Cesare Romiti, come suo successore,
Cuccia nel '99 ingaggia una dura battaglia per il controllo della Comit: sfida da lui
persa e vinta invece da Giovanni Bazoli di Banca Intesa. Muore a Milano il 23 giugno del
2000, all'età di 92 anni.
La missione "antifascista"
Nel novembre del 1942, quando i fondatori del Partito d'Azione (fra gli altri Ugo La
Malfa, direttore dell'ufficio studi della Banca Commerciale, Ferruccio Parri e gli
avvocati Adolfo e Sinibaldo Tino) decisero di inviare un messaggio al conte Carlo Sforza,
già ministro italiano degli Esteri fino al 1921,esule negli Stati Uniti, per fargli
sapere la loro disponibilità a sostenere la sua candidatura a capo del governo italiano
postbellico, decisero di affidare la lettera a Cuccia, allora funzionario della Banca
Commerciale addetto alla sezione esteri, incarico che gli permetteva di disporre di un
passaporto con il quale avrebbe raggiunto un paese neutrale come il Portogallo per
mettersi in contatto con le autorità statunitensi. Per rendere più credibile il viaggio
di Cuccia, Raffaele Mattioli, presidente della Commerciale, gli aveva affidato una
missione finanziaria di copertura, per la quale l'arrivo a Lisbona si rendeva necessario
per motivi tecnici. Per i contatti con gli americani, Cuccia si era dato lo pseudonimo di
John Fowler (traducibile in Giovanni il cacciatore). Con un breve ritardo sulla data
prevista, il 26 novembre '42 incontrò per la prima volta George Kennan, addetto
all'ambasciata Usa di Lisbona. Cuccia fece rientro a Milano a fine dicembre '42
consegnando il messaggio di Sforza, che conteneva fra l'altro un invito ad escludere i
comunisti da un eventuale governo, ai capi azionisti.
Ritratto di un protagonista (la Repubblica, 23 giugno 2000) |