Testataantifasc.gif (15270 byte)

www.storiaXXIsecolo.it 

antifascismo

home

   

      

Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Adolfo Tino

Nato ad Avellino nel 1900. Diciottenne entrò al Giornale d'Italia di Alberto Bergamini e per sei anni, dal 1918 al 1925, ne fu uno degli inviati speciali più in vista e prolifici. La collaborazione al Giornale d'Italia non fu né facile né priva d'implicazioni politiche. Tino, sostenitore della politica di Francesco Saverio Nitti, non era in sintonia con la linea editoriale del direttore Bergamini che invece condivideva il conservatorismo illuminato di Sidney Sonnino. Forse per questo gran parte degli articoli di Tino nel primo dopoguerra sono dedicati alla politica estera, in particolare alla crisi dei Balcani, al dissidio serbo-croato, ai Trattati di pace, a corrispondenze molto vivaci sulla rivoluzione comunista in corso in Bulgaria. Poi la collaborazione al Giornale d'Italia diventò impossibile. Alberto Bergamini, il fondatore, era stato costretto a lasciare la direzione nel 1923. E il suo successore, Vittorio Vettori, era diventato ben presto una delle "bestie nere" del regime fascista. Prima d'interrompere definitivamente la sua carriera di giornalista a tempo pieno Adolfo Tino dette vita, insieme ad Armando Zanetti, a "Rinascita liberale", giudicata da Renzo De Felice "l'unica voce originale e veramente proiettata verso il futuro che ebbe l'antifascismo nell'ultimo squarcio di vita semilegale". Poi il lungo silenzio di Tino. A Milano, sotto la dittatura, il suo studio d'avvocato sarà il punto d'incontro dell'antifascismo laico e azionista. Il mondo di Parri, di Mattioli, di Bauer, di Zanotti Bianco, di Visentini. Il mondo che raccolse il socialismo liberale di "Giustizia e Libertà" e il liberalismo progressista di Calogero e La Malfa. Al principio del 1942 il New York Times pubblicava una lunga analisi della situazione italiana, che contribuiva a pregiudicare le future sorti della monarchia. Il documento era opera di Ugo La Malfa e Adolfo Tino, che avevano cominciato a imbastire la formazione di un nuovo "partito democratico", il Partito d'Azione.   Il PdA nasce fra Milano e Roma nel 1942, anche con il contributo di Tino. Confluiscono i tre filoni dell'antifascismo non comunista: liberalsocialista (Capitini-Calogero), liberaldemocratico (La Malfa e Tino) e gobettiano (Vittorio Foa, Emilio Lussu).  Sono ancora La Malfa e Tino gli autori dell'articolo di fondo di presentazione del nuovo partito ("Chi siamo") , nel primo numero dell'Italia libera, uscito clandestinamente tra la fine del 1942 e il gennaio del 1943. Dopo la caduta del fascismo e l'armistizio dell'8 settembre '43, Tino riparò in Svizzera, a Lugano, per sfuggire all'arresto, da dove continuò la sua attività per il Partito d'Azione e la Resistenza. Nel 1946 il PdA prese l'1,46 per cento dei voti alle elezioni per la Costituente. Nel '47 il partito  si sciolse: Tino confluì con l'amico La Malfa nel partito repubblicano e poi si ritirò gradualmente a vita privata, interessandosi quasi esclusivamente di finanza e diventando presidente di Mediobanca e mentore di Enrico Cuccia. Morì a Milano nel 1978.


antifascismo
ricerca
anpi
scrivici
home

 

.