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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Gino Martinoli Levi

Nacque a Firenze nell'inverno del 1901, primo di cinque figli. Il padre si occupava di ricerca scientifica, avrà come allieva un nobel “Rita Levi Montalcini” e fu il primo in Europa a sperimentare la tecnica della cultura in vitro. I suoi fratelli erano: Alberto cattedratico in medicina, Mario economista di ottimo livello, Natalia grande scrittrice sposa a Leone Ginzburg, Paola andata in sposa a Adriano Olivetti, madre di Roberto. La famiglia Levi peregrinò nell’Italia di inizio secolo, legata alla professione del professor Levi. Abitarono a Palermo, Cagliari, Firenze ed approdarono a Torino dopo la prima guerra mondiale. Dopo il liceo, si iscrisse al Politecnico di Torino laureandosi in “ingegneria industriale e chimica” con il massimo dei voti. In quegli anni Gino incontrò Adriano Olivetti, compagno di gite nelle vallate valdostane e compagno di scuola. Frequentava la casa Levi e condivideva le cene. Era il primo figlio di industriali che frequentava la casa. Con Gino condivideva la passione per la montagna, l’antifascismo. I loro padri, l’amicizia con Turati e l’appartenenza alla fede socialista  Gino frequentava la casa di Ivrea degli Olivetti, chiamata Convento perché ubicata in un antico convento, con attorno prati, boschi e stalla con le mucche. Finita l'università, andò a lavorare alla Olivetti ad Ivrea. Si recò anche in Germania per studiare il tedesco. Nel frattempo in casa Levi venne, dopo la morte di Anna Kuliscioff, nascosto Turati prima di aiutarlo, assieme a Adriano Olivetti, ad espatriare. Anche Adriano riparò all’estero perché ricercato   per la fuga di Turati, assieme a Rosselli e Ferruccio Parri. Ritornò e chiese la mano della sorella Paola. Si sposò e anche lei andò ad abitare ad Ivrea. Il padre di Gino vede il crescere della buriana fascista con grande preoccupazione e irritazione. Iniziano le persecuzioni ai socialisti, i mandati di cattura a molti amici della famiglia, ad intellettuali, a politici, a letterati. Il fascismo cresce e emana le leggi razziali.

Cresceva anche l’antifascismo, nonostante la repressione, Tribunali Speciali, morti sospette, botte, olio di ricino.
Alberto diviene amico di Vittorio Foa, sarà importante uomo politico, aderendo al Gruppo “Giustizia e Libertà”. Arrestato nel 1935 condannato a 15 anni di reclusione. Entrò nel Partito d’Azione sino al suo scioglimento. Fu segretario della CGIL sino agli anni settanta. Con il suo carattere incline alla spensieratezza, amava andare dietro alle sartine; andava anche dietro alle ragazze di buona famiglia. Le ragazze gli piacevano tutte e le corteggiava con allegria e gentilezza.

Si iscrisse a medicina. Il padre se lo trovava davanti nell’aula di anatomia, non gli piaceva trovarselo lì. Quando doveva dare un esame, il padre era di pessimo umore dal mattino presto. Bofonchiava: “ mi farà fare brutta figura”. Ma i voti era sempre ottimi voti. Attratto dalla cospirazione, senza tuttavia per nulla prendervi parte. Amava essere l’amico e il confidente dei cospiratori. Il padre non pensava che ancora in Italia esistessero dei cospiratori. Pensava di essere uno dei pochi antifascisti rimasti.

Gli altri erano quelli che incontrava in casa della Paola Carrara, amica della moglie e di Anna Kuliscioff. Da loro si riuniva con Luigi Salvatorelli, storico e giornalista; Vinciguerra storico e saggista; Riccardo Bauer giornalista. Quest’ultimo collaborò alla fuga di Turati e venne più volte condannato dai tribunali fascisti; nonché uno dei principali organizzatori della resistenza e fondatori del Partito d’Azione. Per i coniugi Levi frequentare queste persone dava una boccata di aria fresca.

Nel contempo che il malcontento saliva, Mario lasciò l’impiego a Genova e si fece assumere alla Olivetti. Mario prese casa ad Ivrea e passava le serate con Gino, discutendo problemi di fabbrica. Era stato sempre con Gino in rapporti un pochino freddi, ma in quel periodo strinsero amicizia. Mario, tuttavia a Ivrea si annoiava a morte.
Era stato nell’estate a Parigi ed aveva incontrato i Rosselli e aveva chiesto di essere messo in contatto a Torino con i gruppi di Giustizia e Libertà. Aveva deciso di divenire cospiratore. Rientrava a Torino il sabato e frequentava Ginzburg, letterato di origine russa. Antifascista, venne arrestato nel 1943 e morì in carcere. Divenne cognato dei ragazzi Levi sposando Natalia. Uomo coltissimo, intelligentissimo, traduceva dal russo e le sue erano bellissime traduzioni. Questo frangente di cospirazione riunì negli affetti e nell’amicizia i fratelli Alberto e Mario e ripresero le riunioni in casa, con cene ed allegria. Alla madre questo piaceva molto, era dai tempi in cui c’era a casa Gino che non si vedeva così tanto via vai. Gino amava molto intrattenere gli amici a casa, discutere, ricevere, conviviare.


In famiglia si parlava molto delle differenze tra ebrei sefarditi, aschenaziti e mezzo sangue. A tal proposito Adriano usava dire che erano le migliori persone. Fra i mezzo sangue quelli che gli piacevano di più erano i figli di padre ebreo e madre protestante, com’era lui stesso.

Si faceva a quel tempo, in casa, un gioco. Era un gioco inventato dalla sorella Paola: consisteva nel dividere le persone che si conoscevano in minerali, animali e vegetali. Adriano era un minerale-vegetale. Paola un animale-vegetale. Gino un minerale-vegetale. Il padre animale-vegetale e così pure la madre.

Un sabato Mario non venne da Ivrea e neppure comparve la domenica. Non si preoccuparono perché lo credevano andato a trovare la sua amante in Svizzera. Il lunedì mattina vennero Gino e la Piera (la moglie) a dire che Mario era stato arrestato al confine svizzero insieme ad un amico. Gino aveva avuto questa notizia da qualcuno della filiale Olivetti di Lugano.

In un batter d’occhio la casa si riempì di agenti di questura venuti a perquisire. Non trovarono nulla. Il giorno prima Gino e Natalia avevano perquisito i cassetti di Mario e non avevano trovato nulla. Portarono però il professore in questura per accertamenti. Alla sera seppero che era stato arrestato.

Gino tornato ad Ivrea era stato arrestato là e poi trasferito anche lui alle carceri di Torino. Venne Adriano a raccontare l’accadimento dell’arresto di Mario. I doganieri cercavano sigarette, ma trovarono volantini antifascisti. Vennero fatti scendere, accompagnati lungo il fiume. Mario si svincolò e si gettò nel fiume. Nuotò sin dopo il confine ed ora era al salvo. L’amico che era con Mario, proprietario dell’automobile era Sion Segre, antifascista che passò molti anni in carcere. Molti vennero arrestati in quel periodo: Ginzburg, il fratello di Sion, altri amici di Mario.
Il professore rimase in carcere 20 giorni, Gino due mesi. Uscirono dal carcere; ma poco dopo i poliziotti vennero ad arrestare Alberto e nel contempo arrestarono il suo amico fraterno Vittorio. La madre si recava quotidianamente in carcere a portare vettovaglie e lì incontrava parenti e congiunti di altri amici del figlio. Uno di questi era Carlo Levi, pittore e scrittore piemontese, antifascista e messo al confine. Di lui si ricordi il libro “Cristo si è fermato a Eboli”. Vennero poi trasferiti a Roma a Regina Coeli. Poi molti, compreso Alberto, inviati al confino. Mario intanto era rifugiato a Parigi. Aveva diradato la frequentazione del gruppo dei G.L. e s’era messo a studiare il greco, leggere Dante, Erodoto e Sofocle.

Frequentava Chiaromonte, amico anche della sorella Paola e di Adriano; il Cafi, Renzo Giua, che morì in Spagna combattendo contro le truppo di Franco. Nel primo periodo di esilio a Parigi godette del personale aiuto di Carlo Rosselli.
Nel frattempo Alberto era tornato dal confino, preso la laurea in medicina e convolato a nozze.
Intanto Gino era alla Olivetti di Ivrea con grandi responsabilità manageriali, direttore degli stabilimenti. Nel contempo sostituiva anche, in parecchie mansioni il cognato Adriano e vecchio Camillo Olivetti riparati in Svizzera perseguiti dalle leggi razziali.
Paola era venuta ad abitare a Torino, città che amava moltissimo. Leone Ginzburg era uscito dal carcere ed era tornato in città. Amico di Cesare Pavese, iniziò a lavorare per l’editore Giulio Einaudi suo amico fraterno. Leone convinse anche Pavese a lavorare per l’editore. La passione di Leone era la politica, ma anche la poesia, la filologia e la storia. Conversatore brillante, curioso della gente e dotato di grande memoria.
Natalia va in sposa a Leone. Entra anche lei alla casa editrice Einaudi. All’inizio della campagna razziale i Lopez erano partiti per l’Argentina. Tutti gli ebrei che conosceva la famiglia Levi erano riparati all’estero o stavano per partire.

Anche il professor Levi perde la cattedra e ripara a Liegi in Belgio a lavorare in istituto. Parte con la moglie, che rimane in Belgio qualche mese. Era però tristissima e scriveva lettere disperate. Il professor rimane in Belgio due anni. Accaddero in quei due anni molte cose. Natalia ebbe due figli e la madre con la fida Natalina, governante tutto fare di casa, vennero a stare da lei per aiutarla. Leone Ginzburg sovente veniva arrestato, con i figli piccoli aveva un gra da fare.

Intanto Mario rifugiato a Parigi si sposa con Jeanne la figlia del pittore Amedeo Modigliani. Divorzia e ritorna con poca voglia di raccontare le sue vicende sentimentali. Tace e concede poco anche sul trascorso politico dell’esilio. Si seppe più tardi che per portare via da Parigi il suo amico Cafi ammalato finirà internato in un campo profughi stranieri. Lasciato libero entra nel Maquis, cioè movimento resistenza francese. Diviene parte del Consiglio d’epurazione e, successivamente consulente economico di un industriale francese.

Il professor Levi rimase a Liegi a lavorare nell’istituto, fino a quando le truppe tedesche erano alle porte della città. Allora lo chiuse, oramai semivuoto e riparò ad Ostenda,. Il tragitto che separava le due città lo fece a piedi o con mezzi di fortuna. Poi lo riconobbero e lo misero a bordo di una autombulanza che lo portò sino a Boulogne. Qui l’ambulanza fu fatta prigioniera dai tedeschi, portato al comando dichiarò con la sua voce tonante le sue generalità. Il suo cognome ebreo passò inosservato ai tedeschi, fortunatamente, cordialmente gli chiesero cosa volesse fare. Lui rispose tornare a Liegi e lo riportarono là. Rimase ancora un anno e poi tornò a Torino. Sotto i bombardamenti, la casa vuota dai figli sparpagliati in giro per Europa, sfollarono ad Ivrea in una casa di parenti della nuora Piera, moglie di Gino. Si nascose quando i tedeschi cercavano ebrei per arrestarli. Gli procurarono documenti falsi, ma ciò non bastò a farlo scoprire, anche per la sua imperizia e insofferenza a rimanere isolato. Avvisato del mandato di cattura, riparò a Firenze dove la moglie era riparata da tempo.

Finita la guerra molte cose cambiarono. Adriano e Paola divorziarono. Gino rimase poco tempo ad Ivrea, perché al rientro degli Olivetti al possesso della fabbrica le cose mutarono. Ma, nonostante alcuni screzi, rimase una grande amicizia tra di loro. Si trasferì a Milano, prendendo servizio alla Necchi. Nuovi importanti impegni di grande responsabilità lo attendono. Lo troviamo grande innovatore, attento manager, fine pensatore. La sua indole di uomo curioso ed intelligente gli fa svoltare parecchie volte pagina. Sarà menager alla Agip Nucleare, alla CGE e a tanti altri importanti luoghi produttivi. Sempre con posti di grande responsabilità e dimostrando grande professionalità.

Si dedica allo studio di problemi, che rientrano nel campo delle discipline sociologiche. Nel 1964 con Giuseppe De Rita e Pietro Longo fonda il CENSIS. L’organizzazione e lo sviluppo di questo centro studi, cui ha arriso un notevole successo, sono molto da attribuire alla sua acuta personalità, assieme certamente al fine pensiero di De Rita. Diviene dapprima componente del consiglio direttivo della Fondazione CENSIS e nel 1980 presidente.

(sintesi della biografia di Norma Turrisi Fubini)

 

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