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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Giorgio Amendola

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Nato nel 1907, era figlio del Ministro liberale antifascista Giovanni che fu ispiratore dell’Aventino e che fu tra i primi martiri a cadere vittima delle violenze del fascismo e di Mussolini. Il padre riparò in Francia, dove, in una clinica di Cannes, morì il 12 aprile 1926 a seguito delle lesioni riportate in un vile pestaggio del luglio precedente a Montecatini. Colpito per la sorte toccata al padre, il giovane Giorgio nel 1928 entra nel Pci perché sono gli unici che hanno avuto la forza di mantenere in vita il partito  e l’attività anche dopo lo scioglimento di tutti i partiti operata dal regime fascista. Condannato al confino per la sua attività antifascista divenne, dopo l’8 settembre 1943, uno dei principali organizzatori e leader della Resistenza per conto del Pci.
Nel secondo dopoguerra fu uno dei massimi esponenti del Pci e dell’intera classe politica italiana. Deputato alla Costituente nel 1946 e poi alla Camera da 1948, rimanendo sempre al vertice del partito. Uomo di grande rigore e preparazione, fu attivista politico indomito e privo di cedimenti opportunistici. Nel Pci divenne il leader dell’ala moderata e riformista (la cosiddetta “destra amendoliana”) che si adoperò per collocare il partito in un’ottica europea, vicina ai grandi partiti socialisti e socialdemocratici europei senza, tuttavia, rinnegare la peculiarità (la “diversità” come ebbe poi a dire Enrico Berlinguer) del Pci ed il suo legame affettivo più che politico con l’Urss. 
Grazie all’opera politica di Amendola anche il Pci, fin dalla metà degli anni ’60, diviene fortemente europeista. Amendola sarà, infatti, con gli ex azionisti Ugo La Malfa ed Altiero Spinelli uno dei più autorevoli ed impegnati europeisti italiani fra i politici della seconda generazione repubblicana. Da “comunista italiano” sarà sempre pronto a condannare ogni forma di estremismo e di massimalismo. È da leggere in quest’ottica la condanna e l’opposizione di Amendola agli aspetti più violenti e più edonisti del movimento studentesco del ’68.
Nel 1976 il Pci ha una grande avanzata elettorale e, in ottemperanza degli accordi raggiunti con gli altri partiti democratici (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli) ai comunisti va la Presidenza della Camera dei Deputati.
Il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, propone proprio a Giorgio Amendola l’elezione a tale carica, ma l’anziano esponente del Pci rifiuta affermando di non avere le competenze adatta a presiedere l’Assemblea di Montecitorio, lui che affermava di “non saper presiedere neppure un’assemblea di comunismo”. Verrà poi eletto il suo storico rivale interno, Pietro Ingrao, leader dell’ala sinistra del Pci.
Nel 1980, il 5 giugno, all’età di 73 anni, muore a Roma di malattia. Poche ore dopo il suo decesso, stroncata dal dolore muore anche la moglie, Germaine Lecocq, francese, conosciuta a Parigi durante gli anni di esilio, che gli era stata accanto per tutta la vita e che non lo ha voluto abbandonare  nemmeno nell’ora suprema.

Sull'epoca del fascismo e del confino scrisse "Un Isola" (Rizzoli, 1982), una toccante autobiografia. Sui fatti della Resistenza ebbe poi a scrivere un libro di memorie Lettere a Milano, 1973, e un libro – intervista con Piero Melograni Intervista sull’antifascismo, 1976. Nel 1967  pubblicò un saggio intitolato Comunismo, antifascismo e Resistenza.

(sintesi della biografia a cura di Luca Molinari)

 

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